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giovedì 26 dicembre 2013

Consapevolezze Natalizie

Atmosfera di festa. Mengoni che canta in sottofondo. Albero e presepe accessi. Famiglia di A in fermento preparativi.
La mamma é davanti allo specchio, si sta truccando. Sono tutti pronti tranne lei. Non perché sia lenta, ma perché la mamma spesso é quella che mangia per utlima, che fa la doccia per ultima, si veste per ultima. Questione di storia universale.
Il piccolo A sta facendo avanti e indietro per il corridoio con il suo bruco a pedali, é evidentemente felice ed emozionato.
Poi all'improvviso si ferma davanti alla porta del bagno.

"Mamma perchè ti fai bella?"
"Usciamo a cena A, è Natale, mi faccio carina."
"Sei bella!"
"Grazie amore! Tu sei bello!"

Con aria di sufficienza alza i piedi per darsi una spinta e risponde "LO SO!"

Consapevolezze!

martedì 24 dicembre 2013

Una ricetta per Natale

Per ora un appuntamento occasionale. Se sei una donna e sei una mamma non é semplice avere appuntamenti fissi...per limiti culturali (una brava mamma sta SEMPRE con la sua famiglia), mentali (senso di colpa, senso del dovere), personali (delirio di onnipotenza, senza di me non ce la fanno), familiari ( il marito non sprizza di entusiasmo nel vederti uscire e tu ricadi nel senso di colpa). Le due donne che si sono date appuntamento sono abbastanza agguerrite nel delimitare il confine grazie al quale si ricordano di essere nonsolomamme e di avere diritto a prendersi cura di sé. Anche con un cinema, un film italiano magari, senza effetti speciali ma tanto sentimento. La mamma di A associa cinema a dolcetti e ha sempre un sacchettino di molliciosi in mano. Non durano mai tutto il film, troppo golosa e poi ne prende solo una manciatina. Entrano nella sala, si tolgono i cappotti, sprofondano nelle poltrone, pronte per viaggiare nella storia. Sono due romantiche sognatrici, sono sedute vicine ma appena comincia il film vengono assorbite dalla trama e solo fisicamente rimangono nel cinema. Si ricordano l'una dell'altra perché ad entrambe scappa un sorriso, o una risata, o una lacrima, o un fazzoletto per asciugarsi occhi e naso. Anche cosi si puó conoscere meglio una persona, la senti vibrare per le stesse tue cose e cogli le vostre affinitá. Quando le luci si accendono condividono i loro pensieri e si incamminano verso casa, contente di aver scelto un momento solo per loro. 
Basta poco per prendersi cura di sé: scegli le persone con cui ti senti bene e spontanea, scegli qualcosa che ti piace fare. Mescola con dolcezza. Ecco qui un pezzettino di vita caldo e felice.
Questo ti augura la mamma di A per questo Natale, cara donna che leggi queste righe. 
Una semplice ricetta di serenità. 
BUON NATALE

venerdì 20 dicembre 2013

Filastrocca dei capricci

La mattina per dispetto,
non vuol scender giú dal letto.

La colazione va a fortuna,
o con le fasi della luna.

Se il vestito non gli va,
una tragedia inscenerà.

Corre, scalcia, i pugni batte.
se non trova le ciabatte.

E se la mamma deve uscire,
la farà un po' impazzire.

Quando dice "Questo no!"
é piú duro del comò.

"Il mio bimbo adorato,
si é del tutto trasformato."

"Il sorriso non lo ha piú,
sembra un mostro o Barbablú."

Cosi la mamma sconsolata,
si sente triste e giudicata.
Una lacrima vien giú,
mista a rabbia e umore blù.

"Ma io sono il tuo bambino,
anche quando birichino."

Le emozioni che io ho
han bisogno dei tuoi No
Per sentirmi piú sicuro,
piú felice nel futuro.

mercoledì 18 dicembre 2013

Il lupo travestito da agnello: una favola per raccontare il vittimismo

Un lupo. Perché lui o lei aveva il pelo del lupo, i denti del lupo, la fame del lupo, l'aggresivitá del lupo. Per essere lupi non bisogna per forza essere cattivi. Per essere lupi basta guardare solo a se stessi, prentendere che gli altri soddisfino sempre i tuoi bisogni e orientino le loro azioni come vuoi tu. Un lupo non sa mettersi nel panni degli altri, un lupo si sente al centro del mondo, un lupo non conosce il piacere dell'incontro, trova piú piacere nel manipolare. Questo lupo, quando agisce alla luce del sole può far male, ma la sua preda ha ben presente che razza ti tipaccio si trova di fronte. È libera di scegliere come affrontarlo secondo le sue capacità.
Ma il lupastro, che si sa é un furbacchione, spesso si traveste da agnellino, lamentandosi della cattiveria con la quale tanti predatori si accaniscano su di lui. Piagnucolando la sua sfortuna ad essere un animaletto cosi fragile e indifeso. Cercando compassione per la sua posizione sfavorita nell'ordine del mondo. Così chi si avvicina a lui sarà incastrato nella trappola, si sentirà in dovere di ascoltare le sue disgrazie, consolare le sue sfortune, alleviare le sue pene. La preda in scacco, tiranneggiata dall'agnello che ricordiamoci è un lupo.
La furbizia del lupastro sta anche nel fatto che, se un giorno qualcuno vicino a lui si rende finalmente conto del suo travestimento e capisce le sue profonde intenzioni lupesche, agli occhi di tutti lui é pur sempre un agnellino indifeso. E davanti agli occhi di tutti sará la preda ad essere considerata come un lupo freddo, insensibile e cattivo. Infatti alcune  prede dopo un po' di tempo realizzano quanto male ricevano da questo finto agnellino indifeso e cominciando a farsi qualche domanda scoprono la zip e le cuciture del costume da agnellino con il quale il lupo si é travestito. Difficilissimo farglielo togliere, é diventato quasi una seconda pelle. In certi casi il lupo é davvero convinto di essere un agnellino e non esistono specchi o chissá quali strumenti per fargli vedere la sua vera immagine.
Cara preda, qui si gioca la tua libertà. Quello che pensano gli altri puó essere un grosso macinio, ti guarderanno storto per la tua ingratitudine, parleranno male di te e ti accuseranno. Non spendere troppe energie per dimostrare al mondo che hai ragione, che l'agnello é in realtá un lupo. Ricordati delle ferite della tua nima, i graffi sul tuo cuore, le sensazioni scure che il lupo ti ha lasciato. Non hai bisogno di convincere nessuno se non te stesso che é tempo di togliersi il costume da preda ed é tempo di volgere il tuo sguardo e il tuo cammino verso luoghi e persone con cui stare BENE.

(PS: per il lupo non vedo grandi speranze di cambiamento, é vittima di stesso, la vita le risposte poi le dà. Tu invece, com' è che ti sei ritrovata nel ruolo di preda? lavoraci su, rimboccati le maniche. Sbagliando si impara.)
 Inbocca al lupo! (scherzo)

lunedì 16 dicembre 2013

Buon Compleanno piccolo A (tre candeline)

"All'inizio eri piccolo piccolo nella pancia della mamma. Come un puntino. Piano piano sei cresciuto e la mia pancia é diventata piú grande insieme a te, cosi potevi muoverti meglio e stare piú comodo. Un pomeriggio la mamma e il papá erano a riposare sul divano, con l'albero di Natale acceso e con il presepe. Nevicava tantissimo e il pino davanti a casa nostra era tutto bianco. A un certo punto hai deciso che era arrivato il momento di nascere. La mamma e il papà erano emozionati. Si sono preparati e sono andati in ospedale. Il dottore é stato bravissimo e ti ha fatto venire al mondo facendoti uscire dalla mia pancia. Il papi ti ha preso con sé, ti ha fatto un bel bagnetto caldo e poi ti ha avvolto in una morbida coperta gialla. Quando la mamma si é riposata un po' è arrivata l'infermiera, ti teneva in braccio. Mi ha detto " Tieni, questo é il tuo bambino". Allora la mami ha spalancato le braccia, ti ha preso con sé, ti ha guardato. Eri piccolo, piccolo e bellissimo. "Ciao A, io sono la tua mamma". Ed ero cosi felice, e il papà era cosi felice...."

" Anche io ero felice mamma"

Sono al calduccio sotto le coperta. Tra le favole della buona notte c'é anche la favola del 17 dicembre 2010. A ha ascoltato con gli occhioni attenti, sul finale ha sorriso, visibilmente emozionato e poi ha detto quella frase tenera interrompendo il racconto della mamma.


Qualche giorno fa qualcuno di cui la mamma di A si fida molto le ha detto: "Eri completa anche prima di diventare mamma"
Puó  essere, per certi aspetti forse. Peró la mamma di A, dal 17 dicembre di tre anni fa, ha scoperto cos'é l'amore incondizionato. E si sente piú ricca, piú felice, piú intera, piú innamorata della vita.

Buon Compleanno piccolo A, la mamma ti augura la capacità di vedere e di godere delle piccole cose che rendono ogni giorno speciale. Per poter dirmi spesso "Anche io sono felice".

sabato 14 dicembre 2013

I regali per sempre

L'ordine e la precisione non sono proprio i suoi punti di forza. Il pennarello alla fine le lascia sempre qualche baffo colorato sulle mani, il gelato puó succedere che le addolcisca la giacca, la sua libreria é ricca ma se cerchi qualcosa diciamo che ti devi un attimo impegnare.
Ma cosi arrivano anche le sorprese. Mette le mani nella giacca dell'inverno scorso e trova venti euro, che certo sono le sue ma paiono un regalo. In fondo alla borsa un gioco di A che sembrava perso riapre profumi e sensazioni dei primi mesi, quelli che sembrano la tua vita per sempre, e invece il tempo passa e i tuoi spazi ritornano. Cerca gli orari della pediatra, che fortunatamente é un anno e mezzo che non vedono, e anche il foglio degli orari si é nascosto in qualche cassetto. O dentro un' agenda che, anche se é passata, é cosi bella che la mamma di A la tiene tra i  suoi libri.
E lí, nella taschina, due fogli ripiegati con cura che la mamma di A riconosce immediatamente. 
Sono due poesie:

L'amore
Chi ama sarà amato
Chi ama ha un cuore
Chi ama sa di essere amico di tutti
Chi ama sa di essere al centro del mondo
Chi ama aiuta, incoraggia, sgrida
Chi ama è una parola profonda é per questo
che pochi riescono ad amare.

                                      ( Anna Z)

Anna allora aveva solamente quindici anni e viveva nella comunità per minori dove la mamma di A lavorava come educatrice.  Ogni parola di commento a questa poesia è superflua, soprattutto se si pensa all'età e all'adolescenza non semplicissima  della poetessa. Come un dono questi versi sono ritornati tra le mani della mamma di A. Ed ora che é mamma con nuovi e piú forti accenti. La dedico a tutte le mamme, a tutte i genitori, a tutti gli adulti...educatori dei nostri bambini. E grazie Anna Z. Non diementicheró mai.

E poi il secondo regalo...Una poesia dedicata a lei. Ma che meraviglia di regalo. Non invecchia, non si usura, non passa di moda, non si sgualcisce.  Come il vino pregiato piú passano gli anni e piú è buono. Era Natale del 2002...


25 dicembre 2002
Ehi ciao mamma di A, (ndr ai tempi non si chiamava mamma di A, A era ancora un pensiero lontano)
mia unica ex che mi degna ancora del saluto, mia dolcissima amica, energica donna celata da zucchero a velo....é bello stare con te e parlare del mondo, anche a parlare di niente, aspettando in qualsiasi   momento che esploda il sorriso, il tuo sorriso contagioso, indomabile, inarrestabile che ogni volta, o quasi, mi rapisce incantato e che lascia nell'aria profumo di nuvole bianche...

...bisogna essere pazzi a non volerti vicino, testardi e stupidi ad allontanarsi da te frignando cose banali, perché   le persone che ti toccano il cuore sono piú forti di qualsiasi tristezza, sono piú vicine di qualsiasi problema, e allora perdona tutti i pazzi, i testardi e gli stupidi che hanno avuto la fortuna di non averti fatto sparire....perdonali...insomma é Natale...

E chissà  quante ne combinerò, oscillando tra un opposto e l'altro, stupendoti con la mia insensata lucidità  disarmante, però cosciente, anche grazie a te, di essere attaccato a un vetro a mille metri da terrà, con un sorriso beffardo che fa intravedere appena il disagio, ...quanto é difficile essere una sola persona, e tu lo sai, penso...quindi perdoniamoci anche questo...insomma é Natale...

...con tutti i cuori che ho, e mi dispiace di averne cosi pochi, spero che tutta la felicità che ti meriti ti possa avvolgere come acqua fresca, ti possa cullare in dolci sogni di realtà, addirittura sommergere così   che quella che avanza tu la possa regalare, magari anche a me...insomma é Natale...

Buon Natale mamma di A


Rileggere le dona un sorriso che piú sorriso non si può. Ci sono persone che ti tirano giú e persone che ti portano su, insieme a loro. La mamma di A piú invecchia più desidera circondarsi solo delle seconde.  Il "poeta" in questione é uno di quelle, e la mamma di A è felice.  Felice di essere anche un po' disordinata.


mercoledì 11 dicembre 2013

"Un figlio é un dono, non é una proprietà"

É stata invitata da una persona del gruppo. La mamma di A ha accettato l'invito soprattutto per curiosità professionale. Non ha mai letto niente su di loro, non sa dove si ritrovino, non ha idea di cosa succeda in una loro riunione. Saluta A e il papá di A che stanno giocando in salotto prima della nanna. Nonostante il freddo e il buio la mamma di A sale in macchina  con la sensazione che la sta aspettando un'esperienza piena. 

Non conosce nessuno, non é mai stata in questo posto, eppure si sente a suo agio. É una riunione aperta, aperta anche a chi non ha problemi di dipendenza, aperta anche ai parenti, aperta a chi vuole conoscere. Si é seduti intorno a un tavolo, tutti uguali, si leggono le regole del gruppo e poi si è pronti ad ascoltare.

Essere pronti ad ascoltare. Lo si capisce che c' è ascolto perchè chi parla lo fa senza veli, senza pudori, senza vergogna, senza paura di giudizi, critiche consigli, senza censure. A turno le persone si svestono delle loro fragilità, raccontano le loro storie difficili, i successi, le cadute, i rimorsi, i rimpianti, il dolore, lo sfacelo, la rinascita. Le voci sono chiare. Sono voci che proclamano veritá e spontaneità. C' è una profonda umanità. C' è una profonda dignità. La mamma di A si accorge che ha deposto gli strumenti professionali con i quali era entrata e sta partecipando solo con il cuore. Che anche lui fa parte del suo lavoro, ma qui sta palpitando emozionato piú che mai. 

Poi parla la mamma di un ragazzo tossicodipendente. Una mamma! Un pensiero va al piccolo A che ora sta giocando allegro con il suo papá ma che un giorno sarà un ragazzo e poi un uomo. Riuscirá a difenderlo, a renderlo forte, a far si che sappia scegliere il suo bene? Questi i pensieri della mamma di A e poi, come un moto telepatico, la risposta:
"Un figlio é un dono. Non é una proprietà. Dobbiamo misurarci con il fatto che non siamo onnipotenti sulla vita dei nostri figli"
Lo dice con il sorriso e lo sguardo aperto ma si sente che questo pensiero é il frutto di anni di sofferenza..................................

La riunione continua. La mamma di A sente che li c' è un pezzo di mondo bello. Intriso di solidarietá, profondità, accettazione, accoglienza, perdono, speranza. Concludono dandosi la mano e recitando una preghiera. Piú o meno fa cosi :
""Signore dammi la forza di cambiare le cose che posso modificare e la pazienza di accettare quelle che non posso cambiare e la saggezza per distinguere la differenza tra le une e le altre."

 Ci sono tante cose che le sono rimaste dentro dopo questa serata. Alcune sono chiare , altre stanno ancora scavando. Il messaggio che é arrivato é peró brillante "La vita è una cosa meravigliosa"

GRAZIE!

sabato 7 dicembre 2013

Chi ha paura di me?

Tra le svariate reazioni che la mamma di A puó provocare, suscitare nelle persone c'é anche la paura. Non lo avrebbe mai detto che un giorno qualcuno avrebbe avuto paura di lei. Non è autoritaria nè nel carattere né nell'aspetto fisico. Ha un viso socievole, il sorriso in tasca e una statura che fa un'ombra troppo corta per intimidire. 
Eppure é così, c' è qualcuno che ha paura di lei. Dopo la prima istintiva reazione di sorpresa, la mamma di A ha provato un senso di soddisfazione misto a rabbia.
Per chi non lo sapesse la mamma di A é una psicologa psicoterapeuta e per svariati motivi lavora molto con le donne. Le donne sono piú attente al loro mondo interno, più disposte a chiedere aiuto, piú abituate a parlare di sè: per questo motivo sono piú aperte nel superare le resistenze nel rivolgersi a un professionista che le possa ascoltare e aiutare.
E sapete che succede? Che le donne con fatica, lacrime e impegno tolgono la polvere dal loro specchio e ritrovano il loro viso chiaro, luminoso, dai contorni sicuri. Prendono consapevolezza di sé, della ricchezza della quale sono impastate, dei desideri che le scaldano il cuore e che le fanno sentire vive e forti. Sciolgono gli inutili sensi di colpa, i sensi del dovere paralizzanti, i ricatti emotivi che le tengono in scacco. Si tolgono i vestiti intrisi di aspettative altrui, si rimettono i loro abiti, gli abiti della storia nella quale sono protagoniste e non pallide comparse.
Vivere accanto a una donna cosi é bello ma non é semplice. Una donna cosi porge un ruolo al suo compagno, suggerisce una modalitá relazionale ben precisa: amore, rispetto, ascolto, uguaglianza, intimitá, scambio, solidarietá, progetto, sentimenti...
Sembra tutto bellissimo a leggere non é vero? Sembra, perchè invece a volte succede che le righe scritte qui sopra vengano lette come "lavaggio del cervello, manipolazione". É piú semplice denigrare un cambiamento della propria compagna invece che seguirla e provare modi nuovi. Eh no! Perché questi ultimi sono faticosi. La compagna "vecchia" era piú comoda, un po' triste forse, ma sicuramente  piú mansueta e facile. E naturalmente la "COLPA" é della psicologa. Alcuni uomini faticano persino a riconoscere che il cambiamento é frutto dell'impegno e del lavoro, non opera di un esterno.
Quindi la mamma di A fa paura a una certa cerchia di maschilismo piú o meno moderno.
E sa da una parte ne prova una certa soddisfazione, dall'altra prova rabbia nel sentire che occasioni di crescita per una coppia e per una famiglia vengano viste con tutto questo timore.
Tiriamoci su le maniche e continuiamo a lavorare, per il cambiamento, che sia anche culturale!
E se incontrate la mamma di A, tranquilli, no panic, non morde!

martedì 3 dicembre 2013

Il Natale con gli occhi di A

Primo dicembre, il sole é luminoso, il freddo pungente e lascia le strade, i giardini, i marciapiedi bianchi. A è in braccio alla sua mamma, si sono appena svegliati e insieme guardano fuori dalla finestra pregustandosi la prima domenica di dicembre. Natale é nell'aria. Il compleanno di A si avvicina. Ci sono  tutto intorno emozioni che fanno il solletico.
"La casa tutta piena di mattina" ha un sapore caldo e in piú oggi é la giornata in cui albero e presepe torneranno al loro posto, vicino alla finestra uno, vicino al camino l'altro.
A é tutta settimana che chiede "Quando?". Sta per compiere tre anni ed é il suo quarto Natale, visto che nascendo un mese prima della data stimata é arrivato dai suoi genitori in versione mignon, come un piccolissimo Gesú bambino.
 Quindi, quarto Natale ma il primo vissuto con trasporto e desiderio.
Infatti A in questa domenica:
- Sprizzava di gioia tra le statuine, le capanne, i personaggi meccanici nell'area dedicata ai presepi nel mercatino di Natale. "Mamma! guarda! Mamma guarda!"
L'entusiasmo della prima volta, della scoperta. L'attenzione di chi desidera conoscere, capire, cogliere i dettagli. Una meraviglia da cui farsi contagiare.
- In macchina, sulla strada del ritorno: "Bella questa giornata". "Perchè c' é il sole A?" " No mamma, perche siamo tutti INSCEME"
- Guardava con incredulità il suo papà che faceva riemergere dal garage scatoloni contenenti chissà quali sorprese.
- Ha aiutato la mamma a fare il presepe, scartando le statuine racchiuse nei fogli di giornale come caramelle. "No mamma. Gesú non in mezzo! (ndr tra Maria e Giuseppe) Gesú vuole dare i baci alla sua mamma". Ha attaccato la stella cometa sul cielo di carta, ha giocato con le pecorelle e poi ha inserito un nuovo elemento, la renna di peluche.
- Ha partecipato agli incastri dell'albero di Natale, impaziente di vedere il risultato finale, eccitato dalle luci bianche, le palline rosse, gli addobbi colorati.
E quando il salotto é stato finalmente vestito di Natale, A ha voluto fare "Giro giro tondo" con la mamma e il papà. Ma non una volta sola. Come nella migliore tradizione "bambinesca", quando qualcosa piace, é da ripetere all'infinito.
Questa domenica è stata una domenica felice, soprattutto grazie ad A e al suo sguardo sul mondo. Lui che si meraviglia e i suoi genitori che si meravigliano della sua meraviglia. Un contagio bellissimo.
Con i suoi occhi tutto é più nitido, trasparente, luminoso. Con il suo sguardo la quotidianità è gioiosa, giocosa, degna di importanza.Con I suoi occhi si riscopre l'origine delle cose, la loro sostanza.
La mamma di A, sul divano, mentre scrive il Té delle mamme, e tutti ormai dormono, circondata dai colori del Natale, guarda il suo piccolo presepe e pensa che sia il piú bello di sempre. Lo sta guardando con gli occhi di A. Meraviglia! Sgorga dal cuore un "Grazie!"

sabato 30 novembre 2013

Fondotinta, occhi da mucca, una multa, il sesto senso e gli incontri che ti fanno stare bene

Era il 1997. Oddio il 1997. Il secolo scorso. La mamma di A aveva solamente ventidue anni ed era entrata nella galleria La Fayette di Parigi con un ristretto gruppo di amici. Erano a Parigi per la Giornata Mondiale della Gioventú ma qualche volta fuggivano verso mete frivole o culturali. Quel pomeriggio erano arrivati nel grande magazzino di lusso francese, vestiti da "Papa boys"( come li avevano definiti i giornalisti in quei giorni in cui la capitale era un tripudio di colori, cappellini, ed energia). Ovvero indossavano spartanissimi calzoncini e spartanissime t-shirt. La mamma di A, gironzolando nell'incredibile reparto profumeria, per gioco e per curiositá si era affidata alle mani di una visagista che truccava seduta stante chi avesse voluto provare i prodotti della sua fighissima e sciccosissima azienda cosmetica.
Il risultato pazzesco, il viso della mamma di A trasformato. Trasformato.
Comico il contrasto tra la faccia patinata e il resto del look un po' hippy.
Nonostante questo peró la mamma di A si piaceva tantissimo. Poi  lui, il suo giovane, nuovo, amico, compagno di avventura, lapidario sentenzió " Cosí hai gli occhi da mucca!"

Si da il caso che, anche se non si vedono con molta regolarità, il giovane amico della mamma di A, conosciuto durante una delle esperienze piú belle della sua vita, sia ancora un suo caro amico. Non piú giovanissimi entrambi, hanno sedimentato la loro amicizia con tanti momenti emotivamente spiritualmente e gogliardicamente intensi.

A lui la mamma di A pensava questa mattina, mentre la commessa della profumeria, alla quale la mamma di A aveva chiesto solamente un fondotinta, l'aveva messa su un trespolo per cospargerla dei suoi prodotti. Mentre la signorina spiegava le proprietá di ció che voleva vendere, la mamma  di A faceva un tuffo nel passato pensando con il sorriso a quell'adolescente senza peli sulla lingua che aveva paragonati i suoi occhi  a quelli di una mucca. Aneddoti che fanno storia nella vita delle amicizie.


E siccome nulla accade per caso, e spesso la mamma di A si trova in mezzo a queste coincidenze che sanno di magia e sento senso, Da e la mamma di A, un quarto d'ora piú tardi si incrociavano per le vie del centro.  Quando ti si allarga il cuore se incontri una persona, e respiri a pieni polmoni nel salutarla vuole dire che quella é una persona che ti fa bene. La mamma di A si é sentita cosí.  Così bene. "Ma ti ricordi Da quando io a Parigi mi sentivo fighissima dopo il trucco e tu mi hai smontato dicendo che con il mascara avevo gli occhi da mucca?" . "Ma nooooo, ci sono le mucche dell'altopiano di .....( un nome in francese, perchè  Da parla benissimo il francese) che hanno occhi bellissimi. Sembrano truccati e ricordano quelli di Sofia Loren. A quegli occhi mi riferivo." Dopo sedici anni una battuta simpatica si é trasformata in un complimento. E nell'aria intorno a loro un bel colore, una bella luce, quella che emanano gli incontri con la I maiuscola.

Con un sentimento cosi bello e semplice nel cuore, la mamma di A ha preso con filosofia  anche la multa trovata sul parabrezza. Le persone a cui vuoi bene ti ispirano pensieri positivi. 
Se hai voglia di farti ispirare.


giovedì 28 novembre 2013

Il Lettone

A casa del piccolo A lettone significa coccole, intimitá, gioco, calore, contatto tenero, casetta sotto le coperte. Ma anche nanne, tutti insieme, vicini. Serenitá, momenti di grazia.
A casa del piccolo A il lettone è vissuto cosi, senza tanti "se" o tanti "ma", convinti che sia la cornice a dare significato al quadro: non é il lettone in sé a far crescere figli mammoni o dipendenti. Ma come il lettone é vissuto, il significato che gli si attribuisce. Come spesso accade, é una questione di relazione. L'indipendenza, la sicurezza in se stesso e quindi l'autonomia di un bambino nascono e crescono in un contesto fatto di una certa qualità di relazioni dove il ruolo dell'adulto é fondamentale. Non tanto quello che l'adulto fa, soprattutto quello che l'adulto é. E quello che l'adulto é si rispecchia nei suoi comportamenti. Se una madre o se un padre hanno loro stessi bisogni di dipendenza, se il loro valore è legato in modo univoco al loro essere genitori, difficilmente lasceranno "libero" il figlio, perché loro hanno bisogno di lui. Potranno impegnarsi ogni sera a farlo dormire nel suo lettino, guardando il lettone con un prolungamento del demonio, perché le tate dicono cosi. E invece che guardare la luna, ci si perde a vedere il dito che la sta indicando.

Questa notte, a casa del piccolo A, tutti dormivano. Poi é arrivata la tosse. Il papá di  A si é alzato, é andato nella cameretta di A e lo ha portato nel lettone. In mezzo, al calduccio. La tosse ha dato ancora qualche botta e poi il sonno ha riaccompagnato tutta la famiglia.

"Mamma, portami nel mio letto!". Ha detto ad alta voce A, in un momento non precisato della notte, svegliando i suoi genitori. Ma sembrava stesse sognando, e la mamma e il papá hanno ripreso a dormire. "Mamma! portami nel mio letto!". Ha insistito A, con voce alta e sicura chiarendo che non era di un sogno che si stava trattando.

Nel buio i suoi genitori hanno sorriso e ciascuno é ritornato a dormire nel suo letto, fino a mattina, svegliandosi quasi in ritardo.

Questa é un pezzetto di storia del lettone nella vita del piccolo A. Come spesso accade, siamo noi grandi a imparare un sacco di cose dai nostri cuccioli. Mettiamoci in ascolto, prima di imporre regole solo perché "si dice che si fa cosi".

mercoledì 20 novembre 2013

Suggerimenti per "casalighe disperate"

Cara mamma,
casalinga per scelta personale e consapevole.
Cara mamma,
casalinga obbligata perché essere madre ha voluto dire anche essere licenziata, mobbizzata, emarginata.
Prova a fare cosi:
Chiama una puericultrice che accudisca il tuo cucciolo, gli cambi il pannolino, gli faccia il bagnetto, lo nutra di pappa e attenzioni. Si svegli di notte quando il tuo bambino ha fame, mal di pancia, voglia di piangere e strillare per chissá quale inconoscibile motivo. Lo cambi ad ogni rigurgito, lo porti a passeggio, dal pediatra quando serve.
Rivolgiti ad una babysitter che lo faccia giocare, divertire e colga le sue infinite richieste e curiositá. Che lo accompagni al parco, pensi al suo guardaroba e a tutte le sue necessità. Quando il tuo bambino sarà piú grande lo aiuti con i compiti, gli insegni a gestirsi libri e impegni, lo incoraggi nei momenti piú duri e lo sappia ascoltare, ma con il cuore. Vada ai colloqui con le maestre,  scarrozzi il pargolo a calcio, a danza o in piscina. 
Chiedi la collaborazione di un'altra donna come te che prepari la colazione, i pranzi e le cene, pensando alla spesa, ai menú giornalieri, e alla cambusa. Che rifaccia i letti, metta in ordine la casa, i pavimenti, i vetri, gli armadi, la cucina, la terrazza. Che pulisca i bagni, si ricordi le lavatrici, di stendere,  stirare e poi riporre tutto nei cassetti appropriati. Che faccia il cambio stagione, svuoti o riempia la lavastoviglie, e si occupi delle pulizie di primavera. 
E poi rivolgiti a qualcun'altra che coordini il lavoro di tutte, una "planner", perchè le competenze delle tue collaboratrici sono molteplici e implicano anche una organizzazione non indifferente. C' è anche un budget da far quadrare a fine mese, che la planner si ricordi anche questo.

Infine rivolgiti a tuo marito, o a tua suocera, o alle betoneghe del paese...insomma a tutte quelle persone che direttamente o indirettamente pensano che non fai nulla dalla mattina alla sera, che hai una vita comoda e privilegiata, che il tuo non é un vero lavoro. E che poi il loro pensiero te lo sputano addosso con sarcasmo, con battute scontate che non fanno ridere. Oppure con prepotenza e arroganza pretendono, perché se non produci denaro in fondo vali meno. Stavo dicendo, rivolgiti a loro, e con la faccia piú finto-stupita che puoi, presentagli il conto :"Ma caro! Ma queste chiedono di essere pagate? ma se non fanno niente? non sará mica un lavoro il loro!"

NB: suggerimento validissimo anche per le mamme lavoratrici.

PS: si aspettano descrizioni delle facce e delle risposte dei mariti o chi per loro.


Che il lavoro domestico si riprenda la sua dignitá! Soprattutto che le donne prendano consapevolezza del valore di tutto quello che fanno per la loro famiglia! VALORE!


Postilla: La Mamma di A sa che quello che ha scritto non é esaustivo nel descrivere tutto il carico del lavoro domestico.

mercoledì 13 novembre 2013

Come si ama a diciassette anni?!

La mamma di A lo ha incontrato fuori dall'asilo mentre, trafelata, camminava per andare a prendere il piccolo A. Certi incontri sono belli non solo perchè rivedi persone a cui hai voluto bene e con le quali hai condiviso tappe e strade fondamentali. Alcuni incontri sono belli perché ti mettono di fronte alla persona che sei stata: uno specchio, cosi, messo in mezzo alla strada, mentre stai andando a prendere il tuo bambino all'asilo. Cammini e hai trentotto anni, incroci uno sguardo e ne hai diciassette.
A diciassette anni la mamma di A  vedeva bianco o nero. Aveva le certezze assolute dei grandi ideali, si era giá immaginata la sua vita futura,  credeva in un grande, unico amore per sempre. Le cose non sono andate come pensava lei. L'albero ha mille rami, le strade hanno incroci e direzioni diverse, i colori infinite sfumature, le situazioni molteplici soluzioni, le storie infinite possibili conclusioni. Quella adolescente sognatrice e intransigente, che le si é presentata davanti questo pomeriggio, incontrando il suo primo giovane amore, le ha fatto tanta tenerezza e dolcezza. 

 "Ciao! come stai?" 
"Bene! tu? Che fai qui? Ti presento il mio cucciolo, si chiama A"



lunedì 11 novembre 2013

Giá spodestata

Qualche giorno fa.
In cucina.
La mamma di A prepara la cena.
A gioca.
In sottofondo il canale 70. Video Italia. Quando la mamma é in versione "Cenerentola" le piace ascoltare e cantare, pensare, ricordare, sognare, ballare.
A si ferma e rimane qualche istante davanti alla tv, lo sguardo rapito, fisso. L'espressione seria, gli occhi incantati. Le macchinine  perdono il loro interesse, le tiene in mano a penzoloni.
" Mamma, che carina quella ragaccia!"
Come che carina, non ha ancora tre anni e giá scegliamo cosi tra il mazzo?
Quella ragazza é Giorgia, che per di piú non sta nemmeno particolarmente simpatica alla mamma di A.
Ma la mamma risponde "Si, hai ragione A, proprio carina Giorgia. Ma chi é piú bella io o lei?"
Convinta di vincere. Convinta di essere la regina indiscussa. Convinta di essere la numero uno davanti agli occhi di A.
"Quella ragaccia é piú bella"
Risponde serio continuando a guardare Il video.
"Ma A sei sicuro che sia piú bella della mamma?"
" Ho detto di si!"

Non sono ancora passati tre anni  e lei é giá stata spodestata.
Fase edipica brillantemente superata.
Mamma di A fattene una ragione.

sabato 9 novembre 2013

Un geco per rompere il ghiaccio

Di loro la mamma di A vi aveva giá parlato qui. Oggi, dopo quasi tre mesi, papá Mattia, mamma Mattia e Mattia sono venuti a trovare A e i suoi genitori. Non c' é piú il sole, non c' é piú il caldo, non c' é piú il mare. É rimasta l'armonia nello stare insieme, la convivialitá intorno al tavolo, la voglia di ritrovarsi. Una bella giornata!
Che poi, voi non lo sapete, ma é cominciato tutto cosi...
Mentre insieme spostavano il lettino di A in una parte piú fresca della casa, la mamma di A con la coda dell'occhio aveva visto qualcosa muoversi sul muro. Con tutto il self control possibile aveva terminato le operazioni di sistemazione per poi sbottare "Papà di A guarda cosa c' é sul muro!"
Era agosto, erano al mare, c' era un geco ospite nella loro camera da letto. In linea generale il geco é anche un animaletto simpatico, ma impensabile l'idea di dormire in sua compagnia.
Il papá di A si era innervosito, possibile fare tutta quella pantomima per un piccolo geco? Ostentando sicurezza aveva preso una pentola dalla cucina e avvicinandosi al muro aveva catturato il geco. "Si, e adesso? cosa fai? Stai li tutta la vacanza a sorreggere la pentola per non farlo uscire?" La sicurezza del papá di A vacillava, l'idea di prendere l' esserino con le mani  non gli piaceva per niente. E poi non voleva fargli male o peggio ucciderlo. La mamma di A allora andava sulla terrazza e, rompendo il ghiaccio definitivamente,chiedeva aiuto alla coppia di vicini appena conosciuti. Loro stavano cenando. " Scusa papà Mattia hai paura dei gechi? Perchè  il papá di A ne ha appena catturato uno in camera ma adesso non sappiamo piú come portarlo fuori". "Tranquilla! papá Mattia é come San Francesco, anche a casa quando ci sono degli insetti non li uccide mai. Li "accompagna" fuori". 
Cosi rispondeva la Mamma Mattia e papá Mattia saltando il muretto che separava le due terrazze andava in aiuto al papá di A. 
Prima confabulavano tra loro per risolvere la situazione.
Poi papà Mattia si procurava un coperchio.
Tornava in camera dove il papá di A era in ginocchio sorreggendo la pentola contro il muro.
Riconfabulavano sul come e poi ...via, prendendo coraggio, cercavano di coordinarsi e di chiudere il geco nella pentola. Ma le mosse un po' concitate, perché ormai era chiaro che i due papá un po' di brivido lo stavano provando, facevano si che il geco rimanesse schiacciato tra la padella e il coperchio con la coda che si muoveva disperata. E in mezzo al trambusto generale i due correvano sulla terrazza e lanciavano il geco giú, sulla testa dei passanti, sulle bancarelle per la strada, sull'asfalto. Dove non si sa. Peró sicuramente un volo di dieci metri l'animaletto se lo faceva.

Ricapitalonado:
La mamma di A si era presa un cazziatone perché si era agitata troppo davanti a un essere indifeso.
Papá Mattia era stato descritto come il nuovo San Francesco.
Ma la vicenda mostrava che:
Il papá di A e papá Mattia presi dal "panico" avevano prima schiacciato l'animaletto e poi lo avevamo costretto a volare senza avere le ali. Senza nessuna pietá. Caput.

Questa una di quelle storie che poi diventano leggenda e che vengono raccontate di anno in anno aggiungendo particolari piú o meno fantasiosi. La mamma di A e mamma Mattia ridevano della gesta dei loro mariti coraggiosi.Che poi a vederli sembravano due bambini divertiti ed erano bellissimi.
Una piccola avventura che li ha fatti ridere e li ha fatti diventare amici.
Dalle piccole cose ne possono nascere di grandi.
Noi speriamo sia solo l'inizio di una bella e lunga amicizia.

Vi aspettiamo ancora qui. Il piccolo A piangeva quando si é svegliato e non vi ha piú trovati.
Alla prossima...
Un abbraccio!



martedì 5 novembre 2013

"Ma il papá dove lo hai preso?"

Noi facciamo i grandi, perché siamo grandi. Ma le domande dei nostri bambini ci ricordano spesso che anche loro hanno domande da grandi. O meglio grandi domande. Escono fuori cosi, come guizzi dall'acqua. Sono la punta di un iceberg: nelle loro testoline ragionamenti, pensieri, riflessioni a noi sconosciuti e poi, voilá, la conclusione la dicono ad alta voce. La conclusione é per te, grande, per te che hai il compito di provare a spiegargli il mondo. E ricordati che lui si fida di te!

"Mamma, ma il papá dove lo hai preso?"

La mamma di A sorride. La domanda posta cosí fa ridere, fa sembrare che la mamma abbia trovato marito grazie al supermercato.
Ma la richiesta di A é importante. A sta chiedendo notizie sulla sua origine. A vuol sapere da dove é arrivato lui. A vuole sapere come é iniziato tutto. A vuole sapere come é cominciata la sua storia.
Allora la mamma, si tuffa nei ricordi, e racconta:
"Un giorno la mamma é stata invitata a una festa di compleanno dal suo amico Ma. Anche papá é stato invitato alla stessa festa. Era una sera calda d'estate. Quando si sono visti la mamma ha pensato "Che bel ragazzo!". E il papá ha pensato "Che bella ragazza!". Cosi ci siamo conosciuti e ci siamo voluti cosi tanto bene che poi sei arrivato tu, che sei il nostro amore!"
Il piccolo A  ha  ascoltato la storia con attenzione e si emoziona sentendo il finale.  E dall'emozione corre verso la sua mamma, ride, le circonda le gambe con le braccia  e vi nasconde il suo musino.
A é felice. La storia gli é proprio piaciuta. É la felicitá di chi si sente amato.
Cosí pensa la sua mamma. 



sabato 2 novembre 2013

Non con la paura!

Sono in montagna e A e la sua mamma dormono insieme nel lettone. Sono momenti bellissimi di calore e coccole. La mamma di A si ricorda benissimo come si sta nel ruolo di A. Ci si sente protetti, al sicuro, voluti bene! Una sensazione che ti resta dentro e diventa parte di te. La storia dei vizi la mamma di A non la vuole neppure sentire. Idee vecchie senza alcun fondamento scientifico tramandate come veritá assolute. 
Poi ieri sera A é un po' agitato. Si mette nel lettone con la mamma ma il suo modo di starle vicino é da uccellino spaventato. "Mamma ho paura degli zingari"
"Come paura degli zingari? A cosa ti salta in mente?"
"Mi portano via"
La mamma di A sa benissimo da dove arriva questa storia. Lo sai vero tu che stai leggendo? ;-)
É una storia che si inventano le mamme per smorzare le corse dei loro figli al supermercato, non farli andare troppo lontano e poterli tenere sotto controllo. É una storia che si inventano le mamme pensando di rendere prudenti i figli, per stoppare in modo drastico i loro capricci, per fermare i momenti in cui hanno l'argento vivo addosso e loro non ce la fanno piú.
Ma a parte la visione distorta che viene data su un popolo, il seme che viene piantato nei cuori dei nostri piccoli é il seme dell'insicurezza, della paura del mondo. Il seme della paralisi. 
Non é insegnando la paura che cresce la fiducia.
Non é insegnando l'ansia verso il prossimo che cresce la fiducia.
Non é insegnando il timore di esplorare che cresce la fiducia.
Non é insegnando il terrorre che cresce la fiducia.
La fiducia in sé stessi, la fiducia verso la vita.
Quella fiducia che li fará diventare uomini e donne sicuri, sereni, speranzosi. Anche e soprattutto nei momenti difficili e nelle difficoltá che la vita inevitabilmente gli metterá di fronte.
Loro guardano il mondo con i nostri occhi. Abbiamo una grande, immensa responsabilitá!

Se invece il problema della salute psicologia dei nostri bambini sono le coccole nel lettone....


giovedì 31 ottobre 2013

Ma cosa é cambiato?

La mamma di A sta trafficando in cucina. Il piccolo A gioca in salotto. Il papá di A dovrebbe essere quasi a casa.
Arriva il piccolo folletto biondo, ha lasciato le sue macchinine ed é venuto a curiosare cosa sta combinando la sua mamma.
"Mamma ca fai?"
" Sto preparando la cena A "
"Ah! che cosa?"
La mamma tentenna, non sa se dire la veritá. Solitamente alla parola minestra A fa una faccia schifata e dice che non vuole mangiare.
Poi spara.
"La minestra A, o meglio la vellutata di zucchine"
"Posso assaggiare?"
Ma ha sentito bene? Cogliamo al volo l'occasione. La mamma prende un cucchiaino, lo riempie di pappa e lo porge ad A. Lui spalanca subito la bocca.
"MMMM che BONA! brava mamma!"
Si gira e torna ai suoi giochi con aria paciosa senza sapere di aver lasciato dietro sé una donna piacevolmente sconvolta.
Ma cosa é cambiato nelle ultime ventiquattro ore?
Piccolo ometto ma lo sai di quanti colori riempi la vita della tua mamma?
Anche oggi le hai regalato una perla di saggezza "Abbi pazienza mamma e impara ad aspettare. Fidati e stai serena"
Ok A! Lei ci prova tutti i giorni!

mercoledì 30 ottobre 2013

Il corpo di mio figlio

Si siedono sul divano di fronte a lei. Lui é visibilmente teso, si mangia le unghie, muove nervosamente la gamba. É piú alto di una spanna rispetto a sua madre, ha quella lunghezza conquistata in poco tempo. Ha lo sguardo spaurito di un bambino e una voce roca che presagisce l'uomo che diventerá. Fa il grande tra i suoi amici. Si rimpicciolisce di fronte agli adulti che non conosce.  Non vorrebbe stare su quel divano. Se potesse sbatterebbe la porta e se ne andrebbe.
Sua madre gli appoggia una mano sulla spalla. La stringe calorosamente per dargli coraggio, fargli sentire che c'é lei li vicino a lui. Cerca il suo sguardo per parlargli con gli occhi. Gli occhi di questa madre diventano  dolci. Gli sorride. Ma lui la scrolla quella spalla. Il movimento é quasi impercettibile ma di una potenza emotiva forte. É stato un moto di rabbia. Vuole piú distanza. Vuole il suo spazio. Non vuole piú essere toccato come un bambino. La mano della mamma torna al suo posto, il sorriso si fa imbarazzo, gli occhi piú bassi.  Lo ha avuto dentro di sé quel bambino. Lo ha accolto tra le sue braccia quel piccolo corpicino. Ispezionato in ogni centimetro, guardato con gli occhi della meraviglia. Lo ha cambiato, pulito, coccolato, massaggiato. Ha giocato con lui rotolandosi per terra. Facendosi il solletico. Lui si é addormentato fiducioso addosso a lei milioni di volte. Ha chiesto conforto con i suoi abbracci, reclamato il lettone e la vicinanza dei corpi per dormire sereno, i baci di lei per alleviare il dolore delle ginocchia sbucciate.
Ma un figlio poi il suo corpo se lo riprende. Bisogna bussare e chiedere il permesso. I confini diventano sempre piú chiari. É storia naturale. É identitá che si costruisce. É la farfalla che esce dal bozzolo.
La mamma di A pensa a quando toccherà a lei. Essere la madre di un ragazzo e non piú la madre di un bambino. Quante cosa dovrá lasciare, quante cose invece arriveranno nuove.
Ferma l'immaginazione mamma di A, ok prepararsi. Ma A non ha ancora tre anni.
Ma le mamme sono cosí. Guardano avanti.

lunedì 28 ottobre 2013

Una mattina perfetta

Dopo un weekend tutti e tre insieme arriva il lunedí mattina.
La mamma stira salvietta, bavaglia, grembiulino di A.
Papá fa colazione.
A guarda i Barbapapá sorseggiando il suo amato biberon di latte, spaparanzato sul divano.
"MAMMAAAA! NON VOGLIO ANDARE ASCILO!"
All'improvviso la voce di A percorre il corridoio che separa il salotto dalla sua camera da letto (dove la mamma sta appunto stirando).
"PERCHÉ?"
Risponde lei sorridendo pensando che il lunedí é lunedí per tutti e anche il piccolo A ha diritto di protestare, a modo suo.
E poi arriva la risposta
"PERCHÉ IO VOGLIO TE!"
La mamma di A appoggia il ferro, cammina verso il divano e ci trova lui con un sorriso largo come il sole. Non dureranno per sempre queste dichiarazioni d'amore. Cambieranno i bisogni di A e il suo modo di esprimere l'affetto.
La mamma si accuccia davanti a lui per guardarlo negli occhi. Le parole dette occhi negli occhi si riempiono di emozioni e arrivano proprio dove devono arrivare. Difficile sbagliare il bersaglio. Raro non essere ascoltati. Pieno il ponte che si screa e unisce.
"Amore anche io voglio stare con te. Ma anche i tuoi amici vogliono stare con te. Anche le tue maestre vogliono stare con te. La mamma viene nel pomeriggio a prenderti e cosi stiamo ancora insieme con tante cose da raccontarci"


E mentre stanno per arrivare all'asilo, A, che riconosce le strade, esulta "Evviva l'asilo!".
Entrano leggeri, insieme sistemano salvietta, bicchiere, bavaglia,  grembiule. Leggeri si baciano e si salutano. Le loro strade si separano. A va verso i suoi compagni. La mamma prende le scale, si ascolta la pancia e si sente meravigliosamente bene.
Una mattina perfetta: amore, allegria, intesa, vicinanza, fiducia, sentirsi vicini e quindi poter stare lontani!

venerdì 25 ottobre 2013

Primi cenni di amicizia

Giocano insieme, corrono insieme e si cercano. Amano entrambi le macchinine, sono biondi con gli occhi buoni e vivaci. Sono A e il suo amico Le. Le loro mamme sorridono e sono felici quando pensano ai due bambini insieme, perchè scoprire come i propri figli vivono l'amicizia é tenero e disarmante. Si allarga la cerchia delle persone importanti. Nuovi pezzi di mondo diventano territorio dei nostri bambini. E la mamma di A è curiosa di sapere che tipo é A! Con gli altri, con le maestre, con i suoi amici.
A e Le vanno in piscina insieme. Il mercoledi mattina, con altri compagni dell'asilo. Mentre A la mattina si sveglia entusiasta all'idea di saltare in acqua, Le invece non é troppo convinto. Con la cuffia, il costumino, l'accappatoio e le infradito camminano nel corridoio uno vicino all'altro. E sono letteralmente da mangiare. Ma quando arriva il momento di lasciare le loro mamme e di andare con le maestre Le non vuole, si fa triste e protesta. I grandi non possono andare in piscina, ma possono vedere tutto grazie ad una telecamera che li rende partecipi di ció che succede. Mentre la mamma di A e la mamma di Le bevono il caffè commentano, si emozionano, stanno anche un po' con il fiato sospeso. E qui si apre la scena. Dalla televisione si vede il piccolo A che si gira verso il suo amico, gli tende la mano, lo incoraggia.  Le si fida, e mano nella mano entrano in acqua. La mamma di A e di Le guardano la scena con gli occhi a cuore. Spettatrici dei gesti che esprimono i sentimenti che attraversano i loro figli. L'amicizia che nasce in anime cosi belle. Tutto nuovo, tutto loro. I grandi solamente osservatori di questi momenti di assoluta spontaneità.

Piú tardi negli spogliatoi A si rabbuia. Vorrebbe continuare la mattina con la mamma senza andare all'asilo. E allora questa volta è Le che prende la parola, che prende l'iniziativa. Si gira verso A e lo incoraggia ricordandogli quanto é bello stare all'asilo. Dialoghi da grandi tra due picinini. Che bella solidarietà.Completamente gratuita. Quanto sono belli i nostri ometti?

Inutile raccontare gli sguardi delle loro mamme, orgogliose di vedere nei loro bambini i germogli di un sentimento nuovo che cresce grazie a gesti spontanei.  L'amicizia.

Chi sono i grandi? I Grandi sono i bambini. 

sabato 19 ottobre 2013

"...Non ho piú paura.."

"E se un giorno sentirai il bisogno di rivolgerti a un mio collega psicologo, per qualsiasi motivo! e lui ti chiederá del tuo rapporto con i genitori! dí tutto quello che vuoi! pesta e corna se credi...ma guai se ti lamenti del fatto che la tua mamma non abbia giocato, ballato e CANTATO con te!" Il tono é allegro e ridono insieme quando la mamma dice queste cose ad A. Chissá cosa capisce A, ma solitamente capisce piú di quello che i grandi pensano.
In macchina,soprattutto, cantano. Il repertorio non é vastissimo, ma piano piano si sta arricchendo. E in  quelle mattine che A non voleva andare all'asilo, e faceva l'occhio maliconico, e la voce dimessa, e diceva "Perché mi lasci scioooooloooo?"...ecco, soprattutto quelle mattine, la mamma di A cominciava a cantare. Scoprendo, riscoprendo,  quando terapeutico fosse intonare una canzone che piace, che  salta in mente senza pensarci troppo a lungo, perché é lei che in quel momento sceglie te. A ritmo di  "Banana, cocobaubab", seguendo "Un austriaco felice", passando all "Alleluia delle lampadine", "Venite nel mio campo" ecc. Quindi tutta la vita sociale, dall'infanzia fino all'adolescenza della mamma di A: dalla colonia al mare, ai campi estivi con l'oratorio, alle scarpinate in montagna con gli amici. Una bella e semplice vita sociale. (Sia Lodata la nonna G che l'ha sempre spronata ad andare e a fare!). In macchina, quelle mattine, quando si mettono a cantare, cambia il colore dell'aria e dell'atmosfera. Si energizzano entrambi. A, amante giustamente delle ripetizioni senza sosta, finita una canzone, incalza con "Ancora Mamma!".
E in questo weekend in montagna, fuori stagione, con il paesino deserto. Il sole che si mischia all'aria pungente. E lui, l'Adamello, spruzzato di neve. In questo weekend in montagna A e i suoi genitori si godono i ritmi tranquilli, il profumo di legna, i viottoli stretti di pietra. E mentre stanno andando al paese vicino A dice: "Mamma cantiamo?"
Le parte una musica in automatico, é una vita che non la canta, ma lei arriva cosi: "Ti ringrazio mio Signore, non ho piú paura, perché...Con la mia mano nella mano degli amici miei. Cammino tra la gente della mia cittá, e non mi sento piú solo. Non sento la stanchezza e guardo dritto avanti a me. Perché sulla mia strada ci sei tu. Solo tu." L' Avete presente? il ritmo é allegro, e spontaneamente viene da battere le mani. "Ancora mamma!". E via si riparte. Questa volta si unisce anche il papá di A, che conosce a malapena la canzone, ma ci prova per quel che si ricorda. E poi di nuovo "Ancora Mamma". E si riparte. "Ancora mamma!" "Basta A, cambiamo canzone?"
"No! canta "Non ho piú paura" dai!". A ha ribattezzato il titolo della canzone. Alla mamma di A colpisce la frase che é rimasta impressa al suo bambino. E mentre ricomincia a cantare per l'ennesima volta, presta attenzione alle parole. Sono proprio belle. Infondono coraggio e speranza. Sembra una canzoncina cosí, invece é un potente messaggio contro la paura. Il papá di A sta facendo gli stessi pensieri e li dice alla mamma di A. Hanno colto entrambi la stessa atmosfera. 
 "Mamma dai ancora "Non ho paura"". 

I bambini hanno il grande dono di sottolineare le cose importanti, senza troppi giri di parole, senza troppi arrovellamenti del pensiero. Lo fanno istintivamente, perché  sentono l'essenziale. Ciò di cui si ha bisogno, bisogno veramente. 
Grazie A, mi hai ri-donato una canzone nella sua pienezza. Ora sará la mia canzone nei momenti di incertezza, di paura...perché anche e soprattutto i grandi hanno paura.
Grazie A per la freschezza con cui vivi e senti. Sono io che devo ascoltarti di piú. Tu se giá bravissimo.
Voglio provare ogni giorno a guardare, ascoltare, sentire il mondo con i tuoi occhi, le tue orecchie, il tuo istinto. Il tuo sguardo rende tutto piú chiaro e caldo.
E ora, sogni d'oro...


venerdì 18 ottobre 2013

Guardiamo se ti riconosci...bellissima donna che vivi "accanto" a me

Lei é piena di energia, é una simpatica chiacchierona, ed é una bella mamma. Vive lontana dalla sua città, dai suoi affetti piú vicini. Ma si é rimboccata le maniche, é una donna aperta che affronta la paura. Per questo ha costruito un bel giardino intorno a sé. In quel giardino felicemente ci sta anche la Mamma di A. 

Lei é passione, amore, forza. L'essenziale é invisibile agli occhi...a prima vista non diresti mai. La frega un po' la timidezza e il non essere pienamente consapevole di tanta bellezza. Cosí appare un po' distaccata e dura. Appare solo. É una donna che ti scalda il cuore. E se mai leggerà...forse non penserà  nemmeno di essere lei quella di cui si sta parlando. Invece si, sei tu, G!

Lei é lontana dalla mamma di A da qualche anno. Ha cambiato casa, cittá, tutto. E quel tutto é un macigno che non si vuole spostare, che non la vuole lasciare, che non si sa rassegnare. Ma lei vive con V maiuscola. Per sé, per i suoi figli. Lei é fantastica.

Lei é semplice, senza tanti sfronzoli e ghirigori. Ha gli occhi luminosi, uno sguardo aggraziato. La mamma di A di persona l'ha vista una volta sola, per caso, in un centro commerciale. La conosce tramite fb, credo si stiano simpatiche reciprocamente. Piú o meno a pelle, per quello che scrivono, per come guardano il mondo. Lei sta combattendo contro un mostro assurdo. La paura di perdere la persona piú importante. La mamma di A la stima tantissimo: quanta forza, quanto coraggio, quanto amore!

Lei sta ricominciando tutto da capo e si sente sola. Sola in mezzo alla delusione, alla rabbia, alla paura di non riuscire. E poi si gira, e vede che le stanno spuntando le ali. Le aveva chiuse in un celofan, accartocciate nell'abitudine di vivere come una "brava"moglie, una "brava" mamma, una "brava" donna. Fanno un po' male, le ali mentre spuntano, ma la mamma di A sa che tra poco le faranno spiccare il volo.

Lei é bella e ha gli occhi grandi. Pensava, da bambina, che sarebbe diventata una manager dura, dentro quella storia che le avevano giá preparato. Con le battute che le avevano già scritto.
Invece lei un giorno ha preso un libro nuovo e ci ha scritto una storia diversa. La Sua storia. Chiaro che gli altri personaggi non l'abbiano presa bene. Ha buttato all'aria i copioni e le battute di tutti. Ma tu M ormai sei nella tua vita...continua a riderci su se ci riesci. Infondo dai, il lupo travestito da  nonna fa anche ridere a guardarlo bene.

Lei é riccia e ribelle. Bianca o nera. Chiara o scuro. Estate o inverno. Conosce le sfumature, ma ama i toni accesi, le passioni brillanti, i sentimenti sinceri. Combatte le ingiustizie, con ardore, intelligenza. E ha un cuore sensibile, molto, troppo? É fiducia, simpatia, calore! Meriti di essere amata tutta! Interamente!

E queste sono solo alcune delle meraviglie, che "vivono" accanto a lei. Un po' alla volta, le racconterá tutte. 












martedì 15 ottobre 2013

Basta poco!

Un pomeriggio. Dopo l'asilo. A e la mamma vanno nello studio della mamma.  Deve arrivare l'idraulico a sistemare una cosa.
Lui, il piccolo A, entra entusiasta. C' é una stanza grande, con un tappetone blu. I cuscini colorati, una palla di spugna, un'atmosfera accogliente.
"Mamma giochiamo con le macchinine?"
"Certo A. Lo sai dove siamo? ti ricordi? é tanto tempo che non vieni qui"
"Dove siamo?"
"Siamo nel mio studio. Qui la mamma lavora. É una psicologa"
"Che fai?"
" Non è semplice da spiegare...vengono qui delle persone che possono essere un po' tristi e la mamma le aiuta a sorridere"
"............ah!....Mamma ma oggi Matilde era triste" (Matilde, la preferita di A dal primissimo giorno di scuola)
"E tu cosa hai fatto?"
"....Matilde mi ha dato un bacio! poi era contenta"
"E tu eri contento?"
Le risponde di si" in mezzo a un sorriso furbetto ed emozionato.
Continuano a giocare sul tappetone.
 Hai ragione A, a volte basta poco.
Un bacio, un sorriso, stare solo un po' piú vicini.
Basta poco!
Potrei cominciare a portarti in studio con me, piccolo uomo saggio.

sabato 5 ottobre 2013

De Ciuccibus et De materna schola (ovvero una donna felice)

Assillati da ció che sta nella media. Ció che sta nella media é buono e sano, ció che sta nella media riguarda tante persone e quindi non ci fa sentire soli, ció che sta nella media é il desiderabile, l'auspicabile, il top. Le madri, anche quelle piú "serene" cascano nel tranello della media, della curva gaussiana, e cercano di sapere piú o meno apertamente se il proprio figlio é in linea con quello che fanno gli altri bambini. Se sta percorrendo i passi dello sviluppo seguendo il gruppo, se è rimasto indietro :-(, se é piú avanti :-). Nel primo caso ansia, nel secondo esaltazione e orgoglio sotto i baffi.
Anche la mamma di A qualche volta scivola su questa buccia di banana che é la media, ma poi lui, il suo piccolo uomo saggio la rimette al suo posto. Perché lui le ha insegnato, non a voce, ma con l'esperienza, che ogni frutto ha la sua stagione, e che le forzature sono appunto solamente forzature. Il
 nome stesso stride: f o r z a t u r e.
É successo con il pannolino, che un giorno A non ha piú voluto. Il frutto era maturo. La natura ha fatto il suo corso.
É successo con il ciuccio. É successo con l'asilo. Le ultime due vi mancano, la mamma di A adesso ve le racconta.

De ciuccibus
Non era stato pianificato. Non era stato nemmeno immaginato. Era semplicemente arrivata la sera ed erano tutti pronti per andare a nanna. Pigiama, macchinine di "Cars" in mano, mancava solo il ciuccio. Dov' é il ciuccio?  pronunciato tra sé e sé con tranquillità. Ma al suo solito posto non c'era. Cerca un po' quá, cerca un po' lá. Niente. "Papá di A hai visto il ciuccio?", e la voce cominciava ad essere un po' preoccupata. Nel frattempo il piccolo A, giá adagiato nel suo lettino, reclamava il suo amato oggetto : "MAMMAAA? vieni??". A questo punto cominciavano azioni un po' piú concitate da parte di entrambi i genitori di A. Guarda sotto i letti, sotto il divano, tra i cuscini, tra i giochi, nelle fessure del lettone, dietro le tende, negli angoli..NIENTE! Era da tanto tempo che un ciuccio non spariva, e poi un tempo c'erano sempre le scorte in uno scaffale in cucina.
"MAMMAAAA! IL CIUCCIO! VIENI?"
La mamma di A tra lo sconsolato e lo spaventato per la notte imminente entrava nella camera di A e improvvisamente aveva un'illuminazione "A! lo sai cosa é successo? una cosa bellissima!" Il piccolo A, attaccato alla sponda del suo lettino guardava la sua mamma con gli occhioni interrogativi. Si stava chiedendo da dove arrivasse tutto questo improvviso entusiasmo. "Io e il papá abbiamo cercato il tuo ciuccio ovunque, ma non c' é. Questo puó stare a significare solamente una cosa incredibile e fantastica. " (notiamo la strategia narrativa della mamma di creare suspance!) "Vuol dire che é passata da casa nostra la fatina dei ciucci, ha visto che sei diventato un bambino grande e allora ha portato via il tuo ciuccio, lo ha portato nel mondo dei ciucci, dove ci sono tutti i ciucci dei bambini grandi". Gli occhioni di A cambiavano espressione,  indecisi se piangere per il furto subito o se meravigliarsi per aver avuto  ospite in casa una fatina. Poi protendeva per la prima "Ma uffa! il mio ciuccio!". Ma la mamma non mollava e bypassando la protesta del piccolo A insisteva con la storia "Ma A, ma tu non l''hai vista passare? aveva le ali, era tutta rosa!". "Si mamma!", si caricava di entusiasmo ," ha fatto sciummmm"! E A con la mano mimava la traettoria della fatina che doveva avere il motore di Schumacher. Ecco che tutti suggestionati da questa magica storia, dormirono tutta notte. La mamma  peró fece qualche incubo, portandosi sotto le coperte l'ansia di una notte che pensava sarebbe stata movimentata. Ma i frutti erano maturi, il piccolo A pronto per questa nuova conquista, la sua mamma  semplicemente felice.

De materna schola:
Dopo le emozioni  del primo giorno.
Dopo la crisi post entusiasmo mammesco che le ha fatto scrivere un manuale di soppravvivenza per mamme.
Dopo aver scoperto che A é un grande stratega.
Dopo aver vissuto nell'ambivalenza emotiva per giorni, soffrendo e gioendo insieme ad A per questo nuovo grande cambiamento.
Un venerdí  mattina di inizio ottobre, successe questo..
"Buon giorno mamma!"
"Buon giorno A!"
"Mamma, VOGLIO ANDARE ALL'ASILO"
Lo sa che molti stanno pensando "tutto qui?"
La mamma di A invece ha ripreso a respirare a pieni polmoni. I frutti sono maturi. A venerdi mattina correva per entrare a scuola. Correva!
Chi scrive é una donna felice!

sabato 28 settembre 2013

Se gli altri sono "i cattivi"

Non é, come tutti credono, che alla facoltá di psicologia si studi solamente qualcosa riguardante Freud, la malattia mentale, l'analisi, il lettino dello psicoanalista, l'interpretazione dei sogni ecc ecc.
La psicologia é molto piú ricca e affascinante e, soprattutto, si occupa per il 99%  di persone sane. Del modo in cui esse pensano, sentono, ragionano, prendono decisioni, instaurano relazioni, nell'arco della loro vita. Per questo spesso la psicologia dialoga con la sociologia, l'antropologia, le neuroscienze....
E per questo motivo quando la mamma di A é in macchina,  non puó non pensare a quella teoria studiata all'universitá che si chiamava "La divergenza attore-osservatore":
che poi spiega, per esempio, perché quando stiamo guidando e qualcuno davanti a noi
va troppo piano,
 é titubante sulla strada che deve prendere,
fa una mossa azzardata,
non parte immediatamente quando il semaforo diventa verde ...
noi cominciamo ad insultarlo. Piú o meno silenziosamente, nella nostra testa o urlando come degli ossessi gli diamo dell'imbecille, dell'imbranato (quando siamo gentili).
Ma a te non ti é mai successo di non sapere bene dove andare perché non conosci la strada e mentre guidi contemporaneamente cerchi dei riferimenti?
Ma a te non é mai successo di essere per un attimo soprappensiero, perso nelle tue preoccupazioni quotidiane, quando sei fermo al semaforo non accorgendoti immediatamente che é diventato verde?
Ti consideri un imbecille, un cretino o peggio,  in queste situazioni?
Tu no, ma tutti gli altri automobilisti che sono dietro o vicino a te, si.
Cosi come tu, quando ti trovi nel ruolo dell'osservatore e non dell'attore fai le stesse identiche considerazioni sugli altri.
In sintesi: con noi stessi siamo piú clementi, giudicando il nostro comportamento valutiamo anche fattori esterni a noi, situazionali, come il fatto che se stiamo cercando un posto nuovo in una zona che non conosciamo, anche se ci chiamiamo Schumacher non potremo certo andare a cento all'ora. Nel giudicare il comportamento degli altri siamo piú spietati.  Improvvisamente il nostro cervello mette in un angolo i fattori situazionali, ponendo al centro le caratteristiche del soggetto, le sue disposizioni caratteriali: quindi se qualcuno sta rallentando il traffico é sicuramente per il suo modo di essere, di essere un imbecille. Stop! Nessuna attenuante! Lui É fatto cosi.
L'esempio dell'automobilista é solo un esempio. La nostra mente funziona cosi nell'attribuire i giudizi su noi stessi e sugli altri.
Quindi alziamo le antenne e contiamo fino a 10 prima di giudicare.....forse ci siamo perso dei pezzi per strada....

giovedì 26 settembre 2013

ancora la scuola materna...

Dieci giorni di silenzio. Dove sono finiti A e la sua mamma?
Stanno continuando la loro avventura. Ecco, ha scritto "loro", perché la mamma di A ci é dentro con la testa e con i piedi. La loro avventura alla scuola materna, sta proseguendo tra alti, bassi, emozioni belle, emozioni difficili, lacrime, sorrisi, abbracci, distacchi.

Le frasi che colpiscono nel segno:
"Mamma perché mi lasci SCIOLO?"
"Mamma perché SCAPPI VIA? "
"Mamma ho PAURA"

I gesti che colpiscono nel segno:
A che vuole solo stare in braccio da quando si esce dalla porta di casa a quando si arriva alla porta della sua classe.
A con il viso sconso-rassegnato che guarda fuori dal finestrino durante il tragitto in macchina.
Gli occhioni pieni di lacrime e la bocca a scarpetta.
La camminata ciondolante, con le spalle giú, di chi si arrende al suo destino inesorabile.
Lo sciopero della fame "IO NON MANGIO ALL'ASILO"

Il piccolo A si sta rivelando un grande stratega. Come la sua mamma ha una faccia che inganna, sembrano piú docili e tranquilli di quello che in realtá sono.

I traguardi raggiunti:
Dalle scene drammatiche del distacco sono passati a un piú consapevole gesto di saluto, che non sprizza di allegria, ma comunica una giusta separazione.
Dallo sciopero della fame al bis di pizza.
Assaporare il momento in cui ci si ritrova.
A che racconta cosa succede a scuola e la sua visione del mondo. La mamma che ascolta partecipe e divertita.
A che ride a 365 denti con suo compagno di classe.
La mamma libera di riprendersi tempo e spazio per sé, per il suo lavoro.
I caffé con le mamme post asilo.
Rispecchiarsi negli sguardi delle altre mamme dei piccoli e non sentirsi sole.


Siamo in cammino, e come in ogni cammino impegnativo l'energia messa é tanta. Scusate se la mamma di A fatica a distogliere lo sguardo dalle prove di volo del piccolo A. In fondo é anche per lei la prima volta.

lunedì 16 settembre 2013

Domani mattina non mi freghi piú

Lunedi mattina
A: "Dove 'ndiamo?"
La mamma la prende larga "Andiamo a giocare con i tuoi nuovi amici "
A: "Dove?"
Lo sa benissimo dove, il nanetto biondo che ha giá capito la strategia della mamma.
Mamma : "Dove ci sono Leo, Matilde, Glo...."
A : "Dove?"
Della serie, "finché non pronunci chiaro quel nome, mamma, io nutro la speranza che tu non stia per portarmi proprio lí"
Mamma : " Andiamo all'asilo A! le maestre ti aspettano per insegnarti tanti giochi nuovi"
A : "Ma io ho paura della maestra!"
A : "Non voglio stare lí tutto il giorno"
A : "Perché mi lasci solo?"
Frasi pulite senza sbavature da bimbo piccolo, occhioni giá pieni e mamma che deve prendere il respiro piú profondamente per accusare il colpo.
Peró docilmente A esce di casa, cantano insieme "Un austriaco felice", poi "Heidy" le canzoni dell'oratorio dell'infanzia della mamma.
 Tutto sembra andare in discesa. Fino a quando arrivano alle scale dell'asilo, dove si consuma la tragedia. A non solo piange, A non solo urla, A non solo implora  "No!mamma".
A é disperato, mai visto cosi!
Ehy tu esci dal suo corpo! (ridiamoci su vá! adesso, mentre scrive ci riesce benissimo la mamma di A)
E adesso, che A dorme sereno nel suo lettino...
dopo che le maestre hanno raccontato alla mamma di A  che ha pianto solo per  un minuto e poi ha partecipato a tutte le attivitá...
dopo averlo spiato mentre giocava giocondo in giardino...
dopo essere andata a prenderlo ritrovardosi davanti il suo bambino biondo con gli occhi grandi e il sorriso largo...
dopo averlo sentito salutare allegro le sue maestre...
dopo aver scoperto che A ha giá un'amica del cuore...

Ecco, dopo tutto questo, la mamma di A sta pensando che..
"Nanetto biondo, domani mattina non mi freghi piú!"


sabato 14 settembre 2013

Manuale di sopravvivenza per mamme che "abbandonano" i loro figli alla scuola materna.

Non a caso il suo simbolo é il polipetto blú. E come un polipetto le si é stretto al collo, piangendo disperato. Anche la pancia della mamma si é sconquassata. Anche lei si é sentita un polipo contorsonista nello stomaco quando é riuscita a lasciare il piccolo A tra le braccia della maestra, a girarsi e ad andare via.
Come in ogni grandissimo amore lasciarsi fa male ma...

DA NON DIMENTICARE:
1- Mamma di A, il piccolo A é tuo figlio. Ma ricordati che non é tuo! Le persone non si possiedo, tantomeno i figli. Soprattutto i figli.
2- Essere madre é l'esperienza piú bella, piena, incredibile, meravigliosa della tua vita. Ma non per questo la tua identità deve racchiudersi dentro una sola parola: mamma. Tuo figlio ha bisogno che tu esista indipendentemente da lui. Non farlo sentire indispensabile per la tua autostima, per il sentimento del tuo valore. Così lo costringerai e imprigionerai nel ruolo di figlio e si sentirà in colpa ogni volta che vorrà lasciarti per vivere la sua vita. E il tuo volergli bene si trasformerà in qualcosa che assomiglia al suo contrario.
3- Ricordati che le emozioni difficili, come quelle di questa mattina non distruggono nessuno. Resisti alla tentazione di volerlo vedere sempre felice e soddisfatto. Ha bisogno di incontrare il mondo, ha bisogno di saper camminare con le sue gambe. Questo si é indispensabile. Quindi spostati mamma di A e lascialo provare. Cosi sará orgoglioso delle sue prove superate, si sentirà sicuro le prossime volte, scoprirà cosa gli riesce bene, cosa non gli piace.  Potrá sentire di avercela fatta grazie alle sue risorse e alle sua capacità. Lo sai vero cosa significa questo?
4- Lascialo libero di sentire quello che sente. Se piange arrivando a scuola, se non piange e sembra tranquillo, insomma qualsiasi cosa proverá non viverlo come un tuo riflesso. Non leggerlo come una prova del fatto che ti voglia bene oppure no. Quella caso mai é "roba tua", tue paure. Pensaci, prendile in mano, dagli un senso, lavoraci. Ma lascialo libero dai tuoi fantasmi.

Poi quando è tornata, dopo poche ore, alla scuola materna, A era in giardino (si, lo ammette, lo ha spiato da dietro la siepe). Vicino alla sua maestra, con gli altri bimbi, A era sereno. Quando si sono visti si sono sorrisi e abbracciati. Tutti e due felici.
Oggi é sabato, la memoria é corta. Stamparsi il manuale con le 4 regole e leggerlo lunedì mattina. Quando il polipetto tornerá all'attacco. O magari no.  Vedremo.
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martedì 10 settembre 2013

Il primo giorno alla scuola materna

Era convinta di averlo perso, che se ne fosse andato via. La testa ancora confusa, il dolore pieno, lo smarrimento di chi non riesce piú a capire dove  si trovi in mezzo a una cittá sconosciuta. 
Invece, come una sorpresa che lascia senza fiato, la ginecologa del pronto soccorso aveva detto che lui c'era ancora. La luce all'improvviso. E poi ancora il buio..."Probabilmente questa gravidanza non andrá avanti"
Questo lo ha reso ancora piú speciale perché la mamma di A, oltre che ad amarlo, ha cominciato da subito ad ammirarlo, a guardarlo in modo stupito. A pensare a quanta grinta dovesse avere un fagiolino cosí piccolo per attaccarsi cosi caparbiamente alla vita ribaltando tutti i pronostici.
Il piccolo A le ha fatto sentire per la prima volta, sulla pelle, dentro alle viscere, il mistero della vita, davanti al quale non si puó fare altro che stare in silenzio, fiduciosamente in attesa. 
Il piccolo A oggi é un bambino. Biondo, con gli occhi grandi grandi, il sorriso largo.
A. e la sua mamma hanno percorso insieme un bel pezzo di strada. Sono quasi tre anni che "stanno insieme" e sono anni che hanno la densitá di una vita. Lo conoscono bene questo sentimento le mamme, nessun altro momento della loro vita "precedente" é stato cosi intenso di emozioni, anche contrastanti, travolgenti, incredibili, faticose.

La mamma di A oggi lo ha visto entrare nella sua classe, un po' titubante. Allora  la mamma lo ha preso per mano e lo ha accompagnato al suo posto, nel cerchio, sulla sua seggiolina, insieme ai suoi compagni di classe. Pochi passi uno vicino all'altra. Ma in realtà hanno attraversato un hanno "un ponte".  La mamma di A lo sa che da oggi cambiano tante cose. La mamma di A lo sa che da oggi A entra nel mondo, con le sue gambe.  La mamma di A lo sa che da oggi dovrá cavarsela anche un po' da solo.
Le gambe un po' le tremano. A canta e batte le mani, poi fa una carezza al bimbo seduto accanto a lui.   Chissá perché.  Poi la mamma e il papá gli fanno ciao e vanno via, ascoltando e riconoscendo le sue lacrime dietro di loro.
Non é tristezza, non é paura quello che sente la mamma. È di nuovo quella sensazione di meraviglia e tenerezza davanti alla vita che prende forma. 
A e i suoi occhi, A e la sua vita davanti a sé. 

Come dice quella bella canzone "la vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare"

                                                         VOLA! UCCELLINO! VOLA!

e grazie....é sempre di piú quello che mi doni di quello che io cerco di dare a te!




martedì 3 settembre 2013

Biancaneve

Il piccolo A, quando é l'ora della nanna, reclama solo il suo ciuccio. Docile  poi va nel suo lettino, chiamato anche il castello. Alcune volte in braccio alla mamma, altre camminando pestando i piedoni sul pavimento di legno. 
Stringe il suo amico Saetta McQueen. Gli occhi ciondolanti, le manine calde, il profumo di nanna.
"Signore, metto A nelle tue mani, prendilo tu, tienilo stretto, fino a domani!"
Recita sempre la mamma. Poi gli dá un bacio e gli canta una canzone. Nel repertorio ce ne sono solamente due: "A come Avventura" e "Venite nel mio campo". Belle, arrivano dall'anfanzia della mamma, un giorno ve le scriverá.

Ma questa sera il copione é cambiato...
"A, ti racconto una storia?"
"Ci!"
"C'era una volta Biancaneve.."
"Quale?"
"Come quale? Biancaneve era una bella ragazza ed era anche una principessa"
"Bella come Glo?"
" Si, bella come Glo!" (sorrisi nel buio)
"Biancaneve un giorno andó nel bosco..."
"Perché?"
(A, perché nel bosco prima o poi ci andiamo tutti, perché il bosco fa paura ma é anche pieno di cose affascinanti. Perché é piú forte di noi uscire dal sicuro e rassicurante castello. Perché la vita é un'avventura e ci sono sempre delle prove da superare. Ma ti assicuro che ne vale la pena.)
"Perché aveva voglia di fare un giretto. Ma nel bosco si imbatté in una casetta piccolina ma tanto carina e fu piú forte di lei la voglia di entrare"
"Perché?"
(Perché Biancaneve é donna A. No, scherzo..)
"Perché era talmente bella e accogliente che Biancaneva desiderava conoscere chi la abitava. Subito capí che era la casa dei nanetti. Era tutta in disordine, con i letti ancora disfati, i piatti da lavare, tanti vestiti in disordine."
"Ah! che brutta" ( sorrisi nel buio)
"E infatti Biancaneve, con tanto amore la mise in ordine. Diventó una cara amica dei nanetti che le chiesero di vivere al sicuro li con loro. Ma un giorno arrivó una vecchina, che in realtá era una strega"
"Quale?"
"Ma come quale?" ( Ma cosa vorrá dire con sto "quale?")
"Era una vecchia invidiosa che con la scusa di chiedere dell'acqua, regaló a Biancaneve una bellissima mela rossa, avvelenata. Biancaneve la assaggió e cadde sul pavimento in un sonno talmente profondo che i nanetti, al loro ritorno, la pensarono morta"
"......"
"La misero in un letto di cristallo, in mezzo al bosco, cosi che tutti potessero ammirare la sua bellezza. Un giorno, per caso, arrivó un principe a cavallo che rimase estasiato dalla bellezza della fanciulla. Le diede un bacio, perché cominció a volerle bene. Un bacio talmente pieno d'amore che ...
"Come miei?"
"Si amore, baci belli come i tuoi" (sorrisi nel buio)
"...insomma che Biancaneve si sveglió. Tutti si riempirono di gioia e poi vissero felici e contenti.
Ti é piaciuta la storia?"
"Si!!! Ancoa!"
Domani sera un'altra A, adesso notte é l'ora della nanna.

Le storie uniscono le persone. Chi le racconta e chi le ascolta. Le storie creano un'atmosfera di intimitá. Le storie prendono forma nella nostra fantasia e con la fantasia si puó provare a intravedere percorsi nuovi. Le storie ci insegnano ad affrontare la paura, a entrare nei boschi, a prendere fiducia in noi stessi. Le storie ci insegnano che per Incontare principi, nanetti e anche streghe..bisogna iscire di casa, con coraggio. 

Buona notte...


giovedì 29 agosto 2013

"Non fare la femminuccia"

Caro piccolo meraviglioso A,
lo sapevo che prima o poi questa frase sarebbe spuntata sulle labbra di qualcuno che l'avrebbe poi sputata in aria colpendoti forte.. Lo  sai, la mamma si é tanto arrabbiata. Si, infuocata, nonostante sia consapevole che non c'erano intenzioni cattive. Solo un modo di dire ereditato dal senso comune, da una certa cultura maschilista che continua a insinuarsi nei meandri delle nostre case, nelle nostre teste, nel nostro banale quotidiano. Forse tu non te ne sei neppure accorto. Ma le montagne sono fatte di minuscoli granelli di sabbia. E la mamma é molto sensibile a questi granelli.
Quindi, caro A, lascia correre, non é vero che i grandi hanno sempre ragione. I grandi a volte, quando hanno paura di qualcosa, si trincerano dietro a certezze di creta pur di non vedere oltre. La miopia non si cura con un paio di occhiali.
Continua ad ascoltare le tue emozionì e a esprimerle come tu sai. Il tuo mondo interiore é vero e sacrosanto quanto il mondo che vedi, tocchi, senti. Esiste, c' é, con tutto il suo fascino e le sue contraddizioni, i toni leggeri, quelli irruenti, le cose chiare, le cose scure, limpide, sfumate. É parte di te! É te! Siamo noi grandi che dobbiamo aiutarti a dare forma alle tue emozioni, aiutarti a leggerle ed esprimerle. Le emozioni sono la vita dentro di noi. Tutte le emozioni, non solo quelle belle. Non averne paura, sono energia, possono guidarti, farti vedere e sentire, orientarti, farti scegliere dove andare e con chi. Raccontano cosa ti piace, cosa no. Cosa ami, cosa non vuoi. Cosa desideri. Cosa ti fa stare bene. Cosa ti fa stare male.
Quindi caro A, quando ti dicono "Non fare la femminuccia" o "Non piangere che non é successo niente" abbi pietá di noi, adulti ignoranti, che crediamo che...

...gli uomini siano forti se tengono tutto dentro e non crollano mai...

...le emozioni negative vadano negate, taciute, soffocate. La realtá é che ci spaventano e non le vogliamo vedere, nemmeno in voi cuccioli...

...le donne possano permettersi di dire cosa provano, gli uomini no...


E poi stendiamo un velo pietosissimo sul termine "femminuccia".,,

Ecco ti sei svegliato...arrivo...

La tua mamma


mercoledì 21 agosto 2013

Vicini...arrivederci

Da adolescente amava ritornare al mare sempre nello stesso posto. Sentirsi a casa tra le vie, in spiaggia, ritrovare gli amici che ogni anno erano cresciuti un po' di piú, lo stesso amore.  Come una vita parallela che durava venti giorni ogni agosto. L'anno dopo era lí ad aspettare che si riprendesse da dove la scena si era fermata l'anno prima.
Ora invece ama cambiare, sentirsi nuova in un posto nuovo, scoprire, non sapere.
Si sono innamorati della vista mare della terrazza, a scatola chiusa hanno prenotato l'appartamento su internet. Hanno incrociato le dita, che tutto fosse come promesso. La promessa ha riservato molto di piú e A, la mamma e il papá hanno scoperto che la loro immensa terrazza confinava con un'altra terrazza speculare, separate solo da un muretto. Questo voleva dire: avere dei vicini.
Le mamme hanno rotto il ghiaccio presentandosi mentre stendevano. Scoprire che i vicini erano una coppia con un bambino ha rilassato entrambe. Certi ritmi, rumori, discorsi si possono capire solo tra persone che stanno condividendo la stessa avventura. La mamma di A si é trovata subito a suo agio con questa donna bionda dal sorriso aperto, con la voce chiara e il fare deciso. Certo che aveva un nome, ma per il piccolo A lei era la "mamma Mattia". Poi sono arrivati i papá che hanno capito subito di essere fatti di pasta simile, di poter condividere scherzi, risate, grigliate. E anche "papá Mattia" si é trovato ribattezzato "papá Mattia". E il piccolo Mattia e il piccolo A sono diventati amici. Tra coccole, baci, giochi e qualche screzio. Perché Mattia amava la sabbia mentre il piccolo A no. Cotoletta contro Perfettinononvogliosporcarmi.
Ecco non c' é molto da scrivere, perché la vita é stata semplicemente condivisa senza programmi, senza sforzi. É venuto naturale stare insieme. Come si chiamano certi incontri? Si chiamano Incontri con la I maiuscola. Sono quelli che, quando giunge il momento di lasciarsi, ti lasciano addosso un maglioncino di malinconia. Perché anche le vista mare piú belle diventano ancora piú belle se condivise. Arrivederci Mattia, mamma Mattia e papá Mattia...a presto e grazie

domenica 18 agosto 2013

38!

Risveglio:
"Mamma..."
"Si?"
"Buongiorno"
Dormono tutti e tre insieme nell'unica camera del loro piccolo appartamento sul mare. Il piccolo A riposa in un lettino da campeggio e questo é il modo in cui ha svegliato la sua mamma il giorno del suo trentottesimo compleanno.

Colazione:
Dopo le coccole nel lettone....A e il papá fanno colazione mentre la mamma prepara il necessario per la spiaggia.
"A lo sai che regalo puoi fare alla mamma per il suo compleanno?"
"?...? Eh?!"
" Potresti togliere il ciucio definitivamente"
Rimane per un attimo in sospeso...credeva che il suo papá stesse per raccontargli qualcosa di bello. Il piccolo A cerca lo sguardo della mamma. La mamma lo guarda negli occhi divertita, nei suoi occhi nemmeno l'ombra della richiesta del papá. A si rasserena e poi dá una svolta alla situazione:
"Papá stai scherzando ah ah ah ah". Batte la mano sul tavolo enfatizzando la grande risata. Pericolo scampato. Creatività sociale in divenire. Piccolo A e i piccoli problemi quotidiani. Bella la mossa dello sdrammatizzare.

Mattina:
La mamma di A desidera esplorare una spiaggia nuova. Le piace l'idea, e le sembra di buon auspicio regalarsi per il compleanno il piacere della scoperta. Quest'anno al mare hanno dei vicini di casa 
simpaticissimi, una coppia con un bimbo di un anno. É nato il feeling, stanno ormai facendo le vacanze insieme. La spiaggia é bianca, il mare azzurro, il sole bello, la compagnia allegra. La mamma di A cammina sul bagnasciuga come ogni mattina e fa il pieno di colori e profumi.

E poi...
-Questa cosa di facebook per cui il tuo compleanno é pubblico e le persone passano dalla tua bacheca per salutarti. Anche chi non penseresti mai, anche chi hai perso di vista da tempo. Alla mamma di A piace tantissimo. Un' emozione a cui non sa dare il nome. Forse con il tempo inventeranno il nome delle emozioni associate a facebook. 
- Gli amici che si ricordano di te, anche se non vi vedete mai. 
- Ricevere gli auguri anche come Mamma di A, Il Té delle Mamme. Le donne che la conoscono solamente attraverso quello che scrive. Gli auguri da un mondo parallelo ma caldo e intimo.
- La sua famiglia, lontana e vicina e la voglia di ritrovarsi.
- Il papá di A che per tutta la giornata cerca di rendere la giornata speciale.
- La grigliata sulla terrazza con i vicini a parlare di tutto e di niente, voci nuove che diventano conosciute.
- Il nanetto  biondo che canta con il manico della paletta come se fosse un microfono, "Tanti auguri a te"

La fotografia:
A e la Mamma stanno giocando e si guardano con uno sguardo d'intesa. Il papá scatta una foto. La mamma di A ha trentotto anni, le rughe intorno agli occhi. Eppure sente di essere nella stagione piena della vita. Come si chiama questa emozione?.......