Cerca nel blog

sabato 30 novembre 2013

Fondotinta, occhi da mucca, una multa, il sesto senso e gli incontri che ti fanno stare bene

Era il 1997. Oddio il 1997. Il secolo scorso. La mamma di A aveva solamente ventidue anni ed era entrata nella galleria La Fayette di Parigi con un ristretto gruppo di amici. Erano a Parigi per la Giornata Mondiale della Gioventú ma qualche volta fuggivano verso mete frivole o culturali. Quel pomeriggio erano arrivati nel grande magazzino di lusso francese, vestiti da "Papa boys"( come li avevano definiti i giornalisti in quei giorni in cui la capitale era un tripudio di colori, cappellini, ed energia). Ovvero indossavano spartanissimi calzoncini e spartanissime t-shirt. La mamma di A, gironzolando nell'incredibile reparto profumeria, per gioco e per curiositá si era affidata alle mani di una visagista che truccava seduta stante chi avesse voluto provare i prodotti della sua fighissima e sciccosissima azienda cosmetica.
Il risultato pazzesco, il viso della mamma di A trasformato. Trasformato.
Comico il contrasto tra la faccia patinata e il resto del look un po' hippy.
Nonostante questo peró la mamma di A si piaceva tantissimo. Poi  lui, il suo giovane, nuovo, amico, compagno di avventura, lapidario sentenzió " Cosí hai gli occhi da mucca!"

Si da il caso che, anche se non si vedono con molta regolarità, il giovane amico della mamma di A, conosciuto durante una delle esperienze piú belle della sua vita, sia ancora un suo caro amico. Non piú giovanissimi entrambi, hanno sedimentato la loro amicizia con tanti momenti emotivamente spiritualmente e gogliardicamente intensi.

A lui la mamma di A pensava questa mattina, mentre la commessa della profumeria, alla quale la mamma di A aveva chiesto solamente un fondotinta, l'aveva messa su un trespolo per cospargerla dei suoi prodotti. Mentre la signorina spiegava le proprietá di ció che voleva vendere, la mamma  di A faceva un tuffo nel passato pensando con il sorriso a quell'adolescente senza peli sulla lingua che aveva paragonati i suoi occhi  a quelli di una mucca. Aneddoti che fanno storia nella vita delle amicizie.


E siccome nulla accade per caso, e spesso la mamma di A si trova in mezzo a queste coincidenze che sanno di magia e sento senso, Da e la mamma di A, un quarto d'ora piú tardi si incrociavano per le vie del centro.  Quando ti si allarga il cuore se incontri una persona, e respiri a pieni polmoni nel salutarla vuole dire che quella é una persona che ti fa bene. La mamma di A si é sentita cosí.  Così bene. "Ma ti ricordi Da quando io a Parigi mi sentivo fighissima dopo il trucco e tu mi hai smontato dicendo che con il mascara avevo gli occhi da mucca?" . "Ma nooooo, ci sono le mucche dell'altopiano di .....( un nome in francese, perchè  Da parla benissimo il francese) che hanno occhi bellissimi. Sembrano truccati e ricordano quelli di Sofia Loren. A quegli occhi mi riferivo." Dopo sedici anni una battuta simpatica si é trasformata in un complimento. E nell'aria intorno a loro un bel colore, una bella luce, quella che emanano gli incontri con la I maiuscola.

Con un sentimento cosi bello e semplice nel cuore, la mamma di A ha preso con filosofia  anche la multa trovata sul parabrezza. Le persone a cui vuoi bene ti ispirano pensieri positivi. 
Se hai voglia di farti ispirare.


giovedì 28 novembre 2013

Il Lettone

A casa del piccolo A lettone significa coccole, intimitá, gioco, calore, contatto tenero, casetta sotto le coperte. Ma anche nanne, tutti insieme, vicini. Serenitá, momenti di grazia.
A casa del piccolo A il lettone è vissuto cosi, senza tanti "se" o tanti "ma", convinti che sia la cornice a dare significato al quadro: non é il lettone in sé a far crescere figli mammoni o dipendenti. Ma come il lettone é vissuto, il significato che gli si attribuisce. Come spesso accade, é una questione di relazione. L'indipendenza, la sicurezza in se stesso e quindi l'autonomia di un bambino nascono e crescono in un contesto fatto di una certa qualità di relazioni dove il ruolo dell'adulto é fondamentale. Non tanto quello che l'adulto fa, soprattutto quello che l'adulto é. E quello che l'adulto é si rispecchia nei suoi comportamenti. Se una madre o se un padre hanno loro stessi bisogni di dipendenza, se il loro valore è legato in modo univoco al loro essere genitori, difficilmente lasceranno "libero" il figlio, perché loro hanno bisogno di lui. Potranno impegnarsi ogni sera a farlo dormire nel suo lettino, guardando il lettone con un prolungamento del demonio, perché le tate dicono cosi. E invece che guardare la luna, ci si perde a vedere il dito che la sta indicando.

Questa notte, a casa del piccolo A, tutti dormivano. Poi é arrivata la tosse. Il papá di  A si é alzato, é andato nella cameretta di A e lo ha portato nel lettone. In mezzo, al calduccio. La tosse ha dato ancora qualche botta e poi il sonno ha riaccompagnato tutta la famiglia.

"Mamma, portami nel mio letto!". Ha detto ad alta voce A, in un momento non precisato della notte, svegliando i suoi genitori. Ma sembrava stesse sognando, e la mamma e il papá hanno ripreso a dormire. "Mamma! portami nel mio letto!". Ha insistito A, con voce alta e sicura chiarendo che non era di un sogno che si stava trattando.

Nel buio i suoi genitori hanno sorriso e ciascuno é ritornato a dormire nel suo letto, fino a mattina, svegliandosi quasi in ritardo.

Questa é un pezzetto di storia del lettone nella vita del piccolo A. Come spesso accade, siamo noi grandi a imparare un sacco di cose dai nostri cuccioli. Mettiamoci in ascolto, prima di imporre regole solo perché "si dice che si fa cosi".

mercoledì 20 novembre 2013

Suggerimenti per "casalighe disperate"

Cara mamma,
casalinga per scelta personale e consapevole.
Cara mamma,
casalinga obbligata perché essere madre ha voluto dire anche essere licenziata, mobbizzata, emarginata.
Prova a fare cosi:
Chiama una puericultrice che accudisca il tuo cucciolo, gli cambi il pannolino, gli faccia il bagnetto, lo nutra di pappa e attenzioni. Si svegli di notte quando il tuo bambino ha fame, mal di pancia, voglia di piangere e strillare per chissá quale inconoscibile motivo. Lo cambi ad ogni rigurgito, lo porti a passeggio, dal pediatra quando serve.
Rivolgiti ad una babysitter che lo faccia giocare, divertire e colga le sue infinite richieste e curiositá. Che lo accompagni al parco, pensi al suo guardaroba e a tutte le sue necessità. Quando il tuo bambino sarà piú grande lo aiuti con i compiti, gli insegni a gestirsi libri e impegni, lo incoraggi nei momenti piú duri e lo sappia ascoltare, ma con il cuore. Vada ai colloqui con le maestre,  scarrozzi il pargolo a calcio, a danza o in piscina. 
Chiedi la collaborazione di un'altra donna come te che prepari la colazione, i pranzi e le cene, pensando alla spesa, ai menú giornalieri, e alla cambusa. Che rifaccia i letti, metta in ordine la casa, i pavimenti, i vetri, gli armadi, la cucina, la terrazza. Che pulisca i bagni, si ricordi le lavatrici, di stendere,  stirare e poi riporre tutto nei cassetti appropriati. Che faccia il cambio stagione, svuoti o riempia la lavastoviglie, e si occupi delle pulizie di primavera. 
E poi rivolgiti a qualcun'altra che coordini il lavoro di tutte, una "planner", perchè le competenze delle tue collaboratrici sono molteplici e implicano anche una organizzazione non indifferente. C' è anche un budget da far quadrare a fine mese, che la planner si ricordi anche questo.

Infine rivolgiti a tuo marito, o a tua suocera, o alle betoneghe del paese...insomma a tutte quelle persone che direttamente o indirettamente pensano che non fai nulla dalla mattina alla sera, che hai una vita comoda e privilegiata, che il tuo non é un vero lavoro. E che poi il loro pensiero te lo sputano addosso con sarcasmo, con battute scontate che non fanno ridere. Oppure con prepotenza e arroganza pretendono, perché se non produci denaro in fondo vali meno. Stavo dicendo, rivolgiti a loro, e con la faccia piú finto-stupita che puoi, presentagli il conto :"Ma caro! Ma queste chiedono di essere pagate? ma se non fanno niente? non sará mica un lavoro il loro!"

NB: suggerimento validissimo anche per le mamme lavoratrici.

PS: si aspettano descrizioni delle facce e delle risposte dei mariti o chi per loro.


Che il lavoro domestico si riprenda la sua dignitá! Soprattutto che le donne prendano consapevolezza del valore di tutto quello che fanno per la loro famiglia! VALORE!


Postilla: La Mamma di A sa che quello che ha scritto non é esaustivo nel descrivere tutto il carico del lavoro domestico.

mercoledì 13 novembre 2013

Come si ama a diciassette anni?!

La mamma di A lo ha incontrato fuori dall'asilo mentre, trafelata, camminava per andare a prendere il piccolo A. Certi incontri sono belli non solo perchè rivedi persone a cui hai voluto bene e con le quali hai condiviso tappe e strade fondamentali. Alcuni incontri sono belli perché ti mettono di fronte alla persona che sei stata: uno specchio, cosi, messo in mezzo alla strada, mentre stai andando a prendere il tuo bambino all'asilo. Cammini e hai trentotto anni, incroci uno sguardo e ne hai diciassette.
A diciassette anni la mamma di A  vedeva bianco o nero. Aveva le certezze assolute dei grandi ideali, si era giá immaginata la sua vita futura,  credeva in un grande, unico amore per sempre. Le cose non sono andate come pensava lei. L'albero ha mille rami, le strade hanno incroci e direzioni diverse, i colori infinite sfumature, le situazioni molteplici soluzioni, le storie infinite possibili conclusioni. Quella adolescente sognatrice e intransigente, che le si é presentata davanti questo pomeriggio, incontrando il suo primo giovane amore, le ha fatto tanta tenerezza e dolcezza. 

 "Ciao! come stai?" 
"Bene! tu? Che fai qui? Ti presento il mio cucciolo, si chiama A"



lunedì 11 novembre 2013

Giá spodestata

Qualche giorno fa.
In cucina.
La mamma di A prepara la cena.
A gioca.
In sottofondo il canale 70. Video Italia. Quando la mamma é in versione "Cenerentola" le piace ascoltare e cantare, pensare, ricordare, sognare, ballare.
A si ferma e rimane qualche istante davanti alla tv, lo sguardo rapito, fisso. L'espressione seria, gli occhi incantati. Le macchinine  perdono il loro interesse, le tiene in mano a penzoloni.
" Mamma, che carina quella ragaccia!"
Come che carina, non ha ancora tre anni e giá scegliamo cosi tra il mazzo?
Quella ragazza é Giorgia, che per di piú non sta nemmeno particolarmente simpatica alla mamma di A.
Ma la mamma risponde "Si, hai ragione A, proprio carina Giorgia. Ma chi é piú bella io o lei?"
Convinta di vincere. Convinta di essere la regina indiscussa. Convinta di essere la numero uno davanti agli occhi di A.
"Quella ragaccia é piú bella"
Risponde serio continuando a guardare Il video.
"Ma A sei sicuro che sia piú bella della mamma?"
" Ho detto di si!"

Non sono ancora passati tre anni  e lei é giá stata spodestata.
Fase edipica brillantemente superata.
Mamma di A fattene una ragione.

sabato 9 novembre 2013

Un geco per rompere il ghiaccio

Di loro la mamma di A vi aveva giá parlato qui. Oggi, dopo quasi tre mesi, papá Mattia, mamma Mattia e Mattia sono venuti a trovare A e i suoi genitori. Non c' é piú il sole, non c' é piú il caldo, non c' é piú il mare. É rimasta l'armonia nello stare insieme, la convivialitá intorno al tavolo, la voglia di ritrovarsi. Una bella giornata!
Che poi, voi non lo sapete, ma é cominciato tutto cosi...
Mentre insieme spostavano il lettino di A in una parte piú fresca della casa, la mamma di A con la coda dell'occhio aveva visto qualcosa muoversi sul muro. Con tutto il self control possibile aveva terminato le operazioni di sistemazione per poi sbottare "Papà di A guarda cosa c' é sul muro!"
Era agosto, erano al mare, c' era un geco ospite nella loro camera da letto. In linea generale il geco é anche un animaletto simpatico, ma impensabile l'idea di dormire in sua compagnia.
Il papá di A si era innervosito, possibile fare tutta quella pantomima per un piccolo geco? Ostentando sicurezza aveva preso una pentola dalla cucina e avvicinandosi al muro aveva catturato il geco. "Si, e adesso? cosa fai? Stai li tutta la vacanza a sorreggere la pentola per non farlo uscire?" La sicurezza del papá di A vacillava, l'idea di prendere l' esserino con le mani  non gli piaceva per niente. E poi non voleva fargli male o peggio ucciderlo. La mamma di A allora andava sulla terrazza e, rompendo il ghiaccio definitivamente,chiedeva aiuto alla coppia di vicini appena conosciuti. Loro stavano cenando. " Scusa papà Mattia hai paura dei gechi? Perchè  il papá di A ne ha appena catturato uno in camera ma adesso non sappiamo piú come portarlo fuori". "Tranquilla! papá Mattia é come San Francesco, anche a casa quando ci sono degli insetti non li uccide mai. Li "accompagna" fuori". 
Cosi rispondeva la Mamma Mattia e papá Mattia saltando il muretto che separava le due terrazze andava in aiuto al papá di A. 
Prima confabulavano tra loro per risolvere la situazione.
Poi papà Mattia si procurava un coperchio.
Tornava in camera dove il papá di A era in ginocchio sorreggendo la pentola contro il muro.
Riconfabulavano sul come e poi ...via, prendendo coraggio, cercavano di coordinarsi e di chiudere il geco nella pentola. Ma le mosse un po' concitate, perché ormai era chiaro che i due papá un po' di brivido lo stavano provando, facevano si che il geco rimanesse schiacciato tra la padella e il coperchio con la coda che si muoveva disperata. E in mezzo al trambusto generale i due correvano sulla terrazza e lanciavano il geco giú, sulla testa dei passanti, sulle bancarelle per la strada, sull'asfalto. Dove non si sa. Peró sicuramente un volo di dieci metri l'animaletto se lo faceva.

Ricapitalonado:
La mamma di A si era presa un cazziatone perché si era agitata troppo davanti a un essere indifeso.
Papá Mattia era stato descritto come il nuovo San Francesco.
Ma la vicenda mostrava che:
Il papá di A e papá Mattia presi dal "panico" avevano prima schiacciato l'animaletto e poi lo avevamo costretto a volare senza avere le ali. Senza nessuna pietá. Caput.

Questa una di quelle storie che poi diventano leggenda e che vengono raccontate di anno in anno aggiungendo particolari piú o meno fantasiosi. La mamma di A e mamma Mattia ridevano della gesta dei loro mariti coraggiosi.Che poi a vederli sembravano due bambini divertiti ed erano bellissimi.
Una piccola avventura che li ha fatti ridere e li ha fatti diventare amici.
Dalle piccole cose ne possono nascere di grandi.
Noi speriamo sia solo l'inizio di una bella e lunga amicizia.

Vi aspettiamo ancora qui. Il piccolo A piangeva quando si é svegliato e non vi ha piú trovati.
Alla prossima...
Un abbraccio!



martedì 5 novembre 2013

"Ma il papá dove lo hai preso?"

Noi facciamo i grandi, perché siamo grandi. Ma le domande dei nostri bambini ci ricordano spesso che anche loro hanno domande da grandi. O meglio grandi domande. Escono fuori cosi, come guizzi dall'acqua. Sono la punta di un iceberg: nelle loro testoline ragionamenti, pensieri, riflessioni a noi sconosciuti e poi, voilá, la conclusione la dicono ad alta voce. La conclusione é per te, grande, per te che hai il compito di provare a spiegargli il mondo. E ricordati che lui si fida di te!

"Mamma, ma il papá dove lo hai preso?"

La mamma di A sorride. La domanda posta cosí fa ridere, fa sembrare che la mamma abbia trovato marito grazie al supermercato.
Ma la richiesta di A é importante. A sta chiedendo notizie sulla sua origine. A vuol sapere da dove é arrivato lui. A vuole sapere come é iniziato tutto. A vuole sapere come é cominciata la sua storia.
Allora la mamma, si tuffa nei ricordi, e racconta:
"Un giorno la mamma é stata invitata a una festa di compleanno dal suo amico Ma. Anche papá é stato invitato alla stessa festa. Era una sera calda d'estate. Quando si sono visti la mamma ha pensato "Che bel ragazzo!". E il papá ha pensato "Che bella ragazza!". Cosi ci siamo conosciuti e ci siamo voluti cosi tanto bene che poi sei arrivato tu, che sei il nostro amore!"
Il piccolo A  ha  ascoltato la storia con attenzione e si emoziona sentendo il finale.  E dall'emozione corre verso la sua mamma, ride, le circonda le gambe con le braccia  e vi nasconde il suo musino.
A é felice. La storia gli é proprio piaciuta. É la felicitá di chi si sente amato.
Cosí pensa la sua mamma. 



sabato 2 novembre 2013

Non con la paura!

Sono in montagna e A e la sua mamma dormono insieme nel lettone. Sono momenti bellissimi di calore e coccole. La mamma di A si ricorda benissimo come si sta nel ruolo di A. Ci si sente protetti, al sicuro, voluti bene! Una sensazione che ti resta dentro e diventa parte di te. La storia dei vizi la mamma di A non la vuole neppure sentire. Idee vecchie senza alcun fondamento scientifico tramandate come veritá assolute. 
Poi ieri sera A é un po' agitato. Si mette nel lettone con la mamma ma il suo modo di starle vicino é da uccellino spaventato. "Mamma ho paura degli zingari"
"Come paura degli zingari? A cosa ti salta in mente?"
"Mi portano via"
La mamma di A sa benissimo da dove arriva questa storia. Lo sai vero tu che stai leggendo? ;-)
É una storia che si inventano le mamme per smorzare le corse dei loro figli al supermercato, non farli andare troppo lontano e poterli tenere sotto controllo. É una storia che si inventano le mamme pensando di rendere prudenti i figli, per stoppare in modo drastico i loro capricci, per fermare i momenti in cui hanno l'argento vivo addosso e loro non ce la fanno piú.
Ma a parte la visione distorta che viene data su un popolo, il seme che viene piantato nei cuori dei nostri piccoli é il seme dell'insicurezza, della paura del mondo. Il seme della paralisi. 
Non é insegnando la paura che cresce la fiducia.
Non é insegnando l'ansia verso il prossimo che cresce la fiducia.
Non é insegnando il timore di esplorare che cresce la fiducia.
Non é insegnando il terrorre che cresce la fiducia.
La fiducia in sé stessi, la fiducia verso la vita.
Quella fiducia che li fará diventare uomini e donne sicuri, sereni, speranzosi. Anche e soprattutto nei momenti difficili e nelle difficoltá che la vita inevitabilmente gli metterá di fronte.
Loro guardano il mondo con i nostri occhi. Abbiamo una grande, immensa responsabilitá!

Se invece il problema della salute psicologia dei nostri bambini sono le coccole nel lettone....