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domenica 24 febbraio 2013

La domenica mattina

È nato con la malinconia nel cuore e ora che é nonno, la si vede anche negli occhi. Nonostante sia un uomo brillante, simpatico. Nonostante abbia una naturale propensione a piacere. Nonostante sappia guardare il mondo con ironia e a volte con una bella risata. Nonostante abbia un carisma tutto suo e un'energia particolare....nonostante tutto questo,  ha quella profonda malinconia di chi, all'inizio di tutto, é stato ferito. E certe ferite, anche se sei un uomo in lá con gli anni, rimangono lí, nel bambino che sei stato. La mamma di A lo ama profondamente, vede nei suoi occhi tutti i suoi contrasti, le sue mille contraddizioni, le sue debolezze, le sue mancanze...e lo ama lo stesso. Perché é suo padre, e gli ha perdonato i suoi limiti e tutte le conseguenze che questi limiti hanno portato negli anni nella sua famiglia. É un uomo buono, generoso. Ama con tutto se stesso, ma come é nelle sue possibilitá.. Nel meglio che puó. La mamma di A lo sa e ora é in pace. Non si puó amare che nel modo in cui siamo capaci. Certo si può migliorare...ma non sempre é possibile...Le arriva tutto il calore di un padre e questa é la sensazione piú bella, il sentimento di essere amata.
Non si vedono spesso, soprattutto ora che la mamma di A ha ripreso il lavoro a pieno ritmo, ma questa mattina si sono incontrati a casa della nonna G, che é la casa della famiglia, la casa del calore, la casa dove, in teoria, non abita piú nessuno a parte la nonna, ma che in pratica é la casa di tutti. É la casa che li accoglie, delle chiacchierate in cucina, dei giochi dei bambino sparsi ovunque, dei divani stropicciati dai salti, delle luci accese,  del tavolo apparecchiato la domenica per stare insieme E il nonno, pur non abitando piú in questa casa da decenni, sa che questa casa é aperta anche per lui. La mamma di A, questa mattina, come tante altre domeniche mattina sparse nella sua vita, era seduta in cucina tra loro. I suoi genitori. La nonna G con il grembiule, i fornelli accessi, il profumo di moka. Il nonno L, con la chioma argentata, la sua voce calda. Hanno parlato del piú e del meno, si sono scaldati un po' sull'argomento elezioni, e hanno fatto quello che fanno spesso : lei Sandra, lui Raimondo. La mamma di A aveva un sorriso sornione, non cambieranno mai. Sono quasi cinquant'anni che fanno così. Sono l'esempio vivente che ci si puó volere bene anche se l'amore finisce, anche se ci si é feriti, traditi. A volte é questione di giuste distanze, o giuste vicinanze. Saperle trovare, ritrovare, perdonare. Le persone possono attraversare insieme una vita intera anche in modi che inizialmente non avrebbero immaginato..Certo, sono state lasciate indietro macerie, cose rotte, pezzi. Ma la nuova forma che tutto ha assunto negli anni parla ancora di amore e calore. Quello che la mamma di A sente dentro, vede nei suoi fratelli e adesso nelle piccole meravigliose giovani generazioni: il piccolo A, Ga e Glo.


giovedì 21 febbraio 2013

Se hai una Ferrari e ti accontenti di una cinquecento

Parliamo chiaro. Come in tutti i contesti umani anche a scuola scattano simpatie, feeling, affinitá elettive. Sono questioni emotive, profonde inconscie. A ciascun insegnante il dovere di saperle gestire, riconoscere non perdendo di vista il bene di ciascun ragazzo. Anche di quello con il quale il feeling non é scattato. Se c' é una cosa che i ragazzi captano é il senso di giustizia. Lo sentono quando un adulto é "giusto", coerente. Anche se a voce lo "maltrattano".
La mamma di A, quando guarda i "suoi" ragazzi si immagina tra loro il piccolo A. Non puó non venirle un sorriso...chissá come sará, che tipo sará, come stará con gli altri, come vivrá la scuola, gli amici, le ragazze. Quanto universo ancora da scoprire.
Ma tra loro oggi c'é lui, che ha sempre lo sguardo arrabbiato, che sta nel banco da solo, vestito per lo piú di scuro, malinconia, nebbia. Con i compagni ci sta, ma si vede che non gli interessano molto. A scuola ci sta, ma si vede che che non gli interessa molto. Con gli insegnanti ci sta, ma si vede che li sopporta appena. Ha eretto un bel fossato intorno a lui. Il messaggio é abbastanza chiaro. Ma per affinitá elettive, feeling o quel che é, questo ragazzo "scuro" ha abbassato un ponte elevatoio con la mamma di A, la quale in effetti lo ha sentito subito. Nonostante le barriere, nonostante i fossati,  ha sentito che tra loro era diverso. Potevano comunicare! E pensa un po'! La mamma di A scopre che questo ragazzo ha un sorriso bellissimo, due occhi vivaci, un suo modo particolare di vedere il mondo, un'intelligenza ricca e un grande bisogno di sentirsi riconosciuto. E oggi quando la mamma di A gli ha detto "E' come se tu fossi una Ferrari che si accontenta di viaggiare come una cinquecento scassata", lui ha risposto tra lo stupore.."Io, una Ferrari?" "Si, Tu". Che tenerezza vedere l'imbarazzo e il sorriso sul suo volto. Sul volto del "duro". Quanti talenti incompresi, personalitá lasciate a sé, potenziali anestetizzati ci sono nel mondo? Ragazzi che vivono di impotenza appresa, convinti di valere poco? A noi adulti il compito di scoprirli e non lasciarli soli.

lunedì 18 febbraio 2013

Una donna una certezza

La famiglia di A ha appena trascorso un weekend lungo in montagna.
Dopo i pandori di Natale la mamma di A si era detta..."É tempo di stare un po' a dieta", ma non aveva fatto i conti con il periodo degli spiedi (piatto tipico bresciano decisamente super calorico). Sembrava la situazione piú tranquilla e la mamma di A si disse " I calzoni mi stanno stretti  é meglio che comici a mangiare un po' meglio"....ma non aveva fatto i conti con le frittelle del periodo di carnevale. Finito il carnevale la mamma di A si sentiva molto appesantita " Adesso davvero mi devo dare una regolata ". Ma poi sono partiti per la montagna e i canaderli, il gulasch con la polenta e lo strudel non sono proprio gli amici del bichini.
Non é lei golosa, é il calendario solare che si é  accanito contro di lei.
Ma come sempre raccontarsi delle bugie non modifica la realtá...anzi.
Qualche speranza puó dargliela forse la quaresima...stiamo a vedere!

sabato 16 febbraio 2013

Piccole grandi fatiche di una mamma

Premessa:
- la mamma di A é consapevole di essere una donna fortunata in quando madre
- la mamma di A é felice di poter vivere queste giornate faticose, e ringrazia ogni giorno ( o quasi) del dono ricevuto
- la mamma di A non farebbe cambio con nessuno, neanche con chi (apparentemente) ha di piú
- la mamma di A, da quando puó chiamarsi mamma di A, si piace di piú!

Peró....il piccolo A ha ormai due anni suonati, 26 mesi esattamente (anche se la conta dei mesi dopo l'anno giá la metteva in crisi, figuriamoci dopo i ventiquattro. Povera mamma di A in costante conflitto con la matematica)
Questo vuole dire che il piccolo A é un bellissimo nanetto biondo, con gli occhioni marroni, un sorriso contagioso, due manine e due piedini da mangiare, una voce simpatica quando pronuncia la sua nuova lingua, l'italiano, un concentrato di energia, entusiasmo e amore.
Ma non solo, questo vuol dire che il nanetto biondo, pur avendo come base per "i rifornimenti" la sua mamma, sceglie ogni giorni itinerari suoi, obiettivi suoi, mete sue, esplorazioni, avventure tutte sue. La mamma di A ha il compito di difficile di lasciarlo andare, ma di dare i limiti, i contenitori, lo stop al momento giusto. L'alternanza tra la sperimentazione delle sue autonomie, capacitá, risorse e la sperimentazione del confine, dell'esistenza dell'altro, degli altri, portatori di altre necessitá , bisogni, diritti. Far crescere il piccolo A non piccolo fragile tiranno del tutto subito altrimenti sto male. Far crescere il piccolo A persona sicura di sé. Mestiere difficilissimo.
E in questi giorni, che la famiglia di A é in montagna, e c' é il sole e c 'é la neve stupenda, ma non c' é la nonna G, né la zia A e quindi la mamma di A non puó andare a sciare...ecco in questi giorni lei e il suo cucciolotto si sono attrezzati per una passeggiata in paese, dovendo anche recarsi al negozio di occhiali, che aveva assicurato che questa mattina sarebbero stati consegnati gli occhialini da sole per il piccolo A ( che ha gli occhi delicati e si arrossano subito).
Questo vuol dire vestirsi da montagna, lo sapete mamme cosa vuol dire vestire i vostri cuccioli da eschimesi?! Si lo so che state sorridendo, pensando alla fatica che si fá.
Questo vuol dire caricare piccolo A sulla macchina. Una di quelle mattine che si irrigidisce e non vuole salire sul suo seggiolino, lo sapete mamme cosa vuol dire? Si, state  sorridendo. Sono quei momenti in cui  sudi anche con dieci sotto lo zero, in cui cerchi di mantenere la calma e vorresti urlare come una matta.
Questo vuol dire cercare un parcheggio. Una di quelle mattine in cui il cucciolotto continua a dire "mamma, mamma, mamma" perché anche se é nel suo seggiolino non vuole starci, e il parcheggio non si trova. Una di quelle mattine in cui, il piccolo A, é attratto da tutto ció che non dovrebbe, almeno nella logica di un adulto: l'acqua ghiacciata della fontana, la porta automatica del giornalaio, l'ingresso intarsiato nel  legno del fornaio ( ovvero ci sono io non entra e non esce nessuno, io devo giocare); la neve nera nera sporca di smog, la cacche bianche di uccello sul muretto della fontana ecc ecc. E quando, finalmente, giungono di fronte alla porta  dell 'ottico, che distava solo cinquanta metri in linea d'aria dal parcheggio ma cinquanta minuti di "percorso accidentato", la commessa, bella bella, con il sorriso dice " Ah! no signora, gli occhiali del bambino non sono arrivati, perchè nel paese dove abbiamo l'altro negozio c' é il carnevale. Ci tengono molto lá a festeggiarlo. Impossibile che qualcuno si sposti per portare qui gli occhiali". MA IERI NON LO SAPEVATE????????

martedì 12 febbraio 2013

Fratelli

Sempre piú chiaro, per la mamma di A, che il dono piú grande che le hanno fatto i suoi genitori, sono i suoi fratelli. E il  pensiero va al piccolo A.....

domenica 10 febbraio 2013

La giovinezza ...nel profumo

Grazie alla nonna G e alla zia A, che sono state con il piccolo A, la mamma e il papá di A si sono concessi una bella giornata di sci. Come ai vecchi tempi, come una volta.
Il cordone ombelicale che unisce A alla sua mamma si va assottigliando sempre piú. Se i primi mesi separarsi da A era difficile, e il pensiero era comunque sempre a lui, ora é chiaro che sono due entitá separate. Piccolo A a giocare sulla neve con le cuginette. I suoi genitori a giocare sulla neve da soli. A ciascuno il proprio spazio.
Non è proprio una passeggiata sciare con il papá di A, bravissimo sciatore, ha come missione quella di  correggere tutte le posture della mamma di A. La quale scia per divertirsi e non ha voglia di impegnarsi particolarmente. Sole, aria fredda, panorami bellissimi, spensieratezza. Una bella giornata. Una ricarica di energia!
Quando stanno per tornare a casa, felici di essere stati un po' insieme, come coppia e non solo come genitori, il papá di A prende una fialetta di profumo lasciata lí, tra le cianfrusaglie in macchina.
"Prova a sentire amore se questo profumo ti piace. A me piace molto vorrei comprarlo"
La mamma di A, rilassata sul sedile, con il viso arrossato dal sole e la stanchezza che le scivola sulle gambe, prende il flaconcino e se lo porta al naso....
" É seduta su un pontile, le gambe a penzoloni. É una calda e bella serata d'estate. La mamma di A é a una festa di compleanno, in una discoteca in riva al lago, il suo amato lago. Ha quasi venticinque anni, si é laureata da pochi giorni, é estate, si sente felice, entusiasta, ha tutto il mondo e tutta la vita davanti a sé...Si volta e incrocia uno sguardo. Ha gli occhi marroni..."
La mamma di A legge la marca del profumo, si é proprio quello, e le viene  da sorridere.  " No amore non comprarlo, meglio di no." "Perché? Non ti piace?" " Si mi piace, ma é un profumo vecchio non si usa piú " " Perché anche i profumi seguono la moda?"....
La mamma di A fa cadere il discorso, sono arrivati. Scende dalla macchina e va verso casa dove il piccolo A li sta aspettando. Ha appena fatto un viaggio nel passato senza programmarlo. Il potere evocativo del profumo, una magia che non si puó controllare, prevedere, pianificare. La mamma di A ha rincontrato la sua giovinezza. E un po' di felice malinconia le é rimasta addosso.

mercoledì 6 febbraio 2013

Non dimenticarti il cuore caro dottore!

Mano nella mano.  Camminano insieme. Tra i vari mutamenti fisici, psicologici, sociali ecc che la mamma di A ha maturato durante la gravidanza e  poi entrando a far parte del mondo delle mamme, c' é la cosiddetta lacrima facile. Le emozioni sono piú intense, piú calde a volte dirompenti. Soprattutto se si tratta di bambini. Per questo motivo, durante la proiezione del film "La vita é bella", qualche giorno fa, nella scuola in cui lavora, la mamma di A ha duramente provato a cacciare indietro  il nodo in gola che, come una morsa, la attanagliava. Risultato scarso, alla fine della proiezione aveva due occhi come due pesci sgualciti. Rossi e stropicciati. Ma tornando a oggi....lei e il suo bambino, mano nella mano,  sono andati insieme dalla pediatra e le emozioni hanno fatto capolino pensando ai giorni in cui il piccolo A era un fagottino dentro alla cesta nella sala d'attesa, poi un cucciolo nell'ovetto, poi un piccolo "quadrupede" curioso, e ora un ometto sorridente che sta al fianco della sua mamma. E poi l'incantesimo emotivo svanisce, é il loro turno, la porta si apre, e compare lei: la pediatra.
" Allora signora dottoressa. Immagino che lei per diventare medico abbia dovuto studiare tanto. Sacrificare pomeriggi e domeniche mentre i suoi amici erano in montagna, al mare, al lago o comunque a farsi i fatti loro. Immagino che la sua scelta non sia stata un colpo di testa, gli studi sono talmente lunghi, che deve essere stata una scelta ragionata, ponderata, guidata anche dal sentimento e dalla vocazione. Mi immagino che i suoi genitori abbiano avuto i mezzi e la disponibilitá economica per mantenerla. Oppure se i mezzi non li avevano, mi immagino che lei sia stata una studentessa lavoratrice, tutta la mia stima perché devono essere stati anni duri. Mi immagino che dopo la laurea in medicina lei abbia avuto ancora una volta la possibilitá di scegliere in cosa specializzarsi. La medicina é una scienza talmente ampia e interessante. Forse suo padre era a sua volta pediatra e lei si é sentita in dovere di seguire le sue orme. Per compiacerlo, sentirsi apprezzata. Oppure ha scelto di diventare la dottoressa dei bambini perché sentiva che era la sua strada, il suo "vestito", la sua missione. Insomma, penso che nessuno l'abbia costretta a fare ció che sta facendo, visto che non lavora in miniera, né in fabbrica ecc.
Allora cara, perché non fa un sorriso quando apre la porta? Perché la sua voce é piú fredda e monotona del ghiaccio artico? Perché non guarda in faccia il mio bambino, non lo accoglie, non lo saluta, non gli chiede come stai? Perché non si accorge o non le interessa che ha paura dei suoi arnesi,che non capisce ancora chi é lei e perché dovrebbe aprire la bocca per farsi ficcare un bastoncino in bocca? Perché non lo rassicura? Non lo vezzeggia un po', non gli racconta delle storie fantastiche sul suo lavoro? Non dico mettersi un bel naso da clown, non chiedo il massimo, chiedo il minimo sindacale. Ok la preparazione tecnica e teorica. Ok saper far diagnosi, conoscere le medicine giuste, saper leggere i grafici di crescita. Ma "Nella facoltà di medicina serve un nuovo esame per chi deve curare le persone: serve un esame di umanità" questo ha scritto un oncologo e ora glielo scrivo sulla porta dello studio cara dottoressa".
La mamma di A queste cose non le ha dette ma solo pensate mentre diceva al piccolo A " Guarda amore, lo stetoscopio come il tuo...hai visto che bei giochi ha la dottoressa? Adesso giochiamo e gli fai sentire che cuore da leone e che polmoncini belli che hai! Dai amore non piangere che adesso facciamo le boccacce alla dottoressa uno, due, tre, bleeeehhhhh! Aprì la bocca facciamo le boccacce grandissime! Ma che birichina che ti mette un bastoncino in bocca! É birichina questa dottoressa.". Il piccoli A diviso tra la sua mamma che gli propone cose simpatiche e l'assoluta impassibilità della dottoressa, un po' piange un po' ride. La bilancia diventa una barchetta, il lettino un posto per fare le nanne con la mamma, il metro la canna da pesca di Papá pig. 
" Signora dottoressa, io mi sto impegnando al massimo, un po' di collaborazione dai! Ma dove le ha messe le emozioni? Da quanto tempo non gioca piú? Cos'é che l'ha indurita negli anni?  Cosa c' é che non va? Non riesco ad arrabbiarmi, mi fa addirittura tenerezza...." La mamma di A la osserva e pensa queste cose....forse lei intuisce....non so...
Quando stanno per uscire il piccolo A con la sua vocina dice " Ciao e grazie"
E il suo cuore, dietro la grande scrivania da dottoressa,  per un attimo è scalfito e si apre in un sorriso....allora cara dottoressa,  allora puoi!


domenica 3 febbraio 2013

I No che aiutano a crescere...mamme e bambini!

Il piccolo A è un bambino biondo, con gli occhi marroni come la sua mamma. Ha il viso rotondo, le mani grandi e paffute, uno sguardo dolce. Un sorriso pieno e  una bocca piena di denti. Niente di strano, la sua mamma lo vede bellissimo. Il bambino più bello del mondo. E tante volte, lo ha scritto anche qui, il mondo con il piccolo A è diventato un mondo più interessante, caldo, gioioso, pieno. Ma è arrivato il tempo. Il piccolo A ha ormai superato i due anni. E' determinato, pensa che il mondo sia suo, vive secondo il principio del piacere "voglio-ora-subito-io!" ah dimentivato..."voglio-tutto! vedo solo bianco e nero, non mi piacciono le sfumature, i compromessi, aspettare".  E' un fiume in piena di desideri, bisogni, curiosità, scoperte. E noi genitori siamo il limite, il no, l'argine di tutto questo magma. Il limite che dà forma, il limite che contiene e accompagna, il limite che fa nascere e fortifica il suo io, che dà struttura alla casa, che pone le fondamenta. Bella la teoria. Ma in questa teoria sono contenute tutte le emozioni che una mamma e un papà vivono quando vivono questi ruoli, questi momenti. Come è successo l'altra sera alla mamma di A. Che finalmente rientrata a casa dopo una giornata di lavoro, compie le azioni rituali di fine giornata: macchina in garage, borsa a tracolla, borsa a tracolla del piccolo A, borsa della spesa (ecologica sull'orlo della rottura perchè molto fragile e molto piena), sgancia il seggiolino, piccolo A vuole spegnere la luce del garage, prendilo in braccio, chiudi basculante, prendi chiavi del portoncino, dove sono le chiavi, entra, che fatica sono sempre piena di roba, dai piccolo A saliamo che tra poco arriva papi e dobbiamo ancora fare la cena. "Mami braccio" (trad. "Mami prendimi in braccio che è tutto il pomeriggio che gioco e sono stanco".) Alla mamma di A viene un attimo di sconforto. Già cosi colma di roba si sente lo yeti. E già sta intuendo che arrivare alla porta di casa sarà un'impresa. Però si fa forza e con dolcezza risponde " No A, adesso sei grande, le scale le puoi farle da solo e guarda la mamma quante borse che ha!". Primo tentativo fallito...la mamma di A avrebbe sperato in un miracoloso "Certo madre, capisco la tua stanchezza, non preoccuparti adesso salgo di corsa e preparo io la cena". E invece, non curante della spiegazione, il piccolo A continua a protendere le sue braccia verso il collo della mamma, modulando la voce in una dolce supplica. Cosi piccolo e cosi astuto. Sarebbe più facile e veloce. Farsi coraggio, cogliere l'occasione per fare un po' di ginnastica, caricarsi il frugoletto e solcare le scale. Ma no. Qui si stanno giocando i fondamentali. Siamo all'inizio. Cedo ora, la prossima volta non sarò più credibile. E poi sono sicura. Le scale può farle da solo, ci sono anche le mie esigenze. Non mollo. "No piccolo A, dai che sei un ometto ormai, fammi vedere come sei bravo a scalare le montagne con quelle belle gambotte". La mamma di A punta sulla motivazione e valorizzazione dei talenti. Servirà a qualcosa aver letto libri al riguardo. Certo! serve a far si, che il piccolo A, capendo che con la tecnica occhioni dolci non ci sta cavando niente, sceglie la tecnica mulo. Imbronciato si siede sul gradino, con lo sguardo rivolto verso il basso. La mamma di A si sente un mix di cose dentro. La stanchezza si mischia al nervosismo, alla rabbia. Se le ascoltasse tutte, qui volerebbe un bello sculaccione e volerebbe la voce  scuotendo gli appartamenti dei vicini. E la rabbia si autoalimenterebbe della reazione del piccolo A che sicuramente risponderebbe rabbia con rabbia e pianti con urla. La mamma di A però si da tempo e non cede all'istinto. Prova con lo specchio, si siede a fianco del piccolo A, nella sua stessa posizione e prova a mettere in parola tutte le cose che stanno colorando l'aria intorno a loro. "Lo so piccolo A che sei arrabbiato e stanco, ma lo sono anche io! prima entriamo in casa e prima possiamo mangiare, giocare, fare i salti sul divano". Segue un lungo silenzio. Tosto il piccoletto, rimane immobile seduto vicino alla sua mamma. Sembra un braccio di ferro. "Eh no! adesso basta! E' ora di andare a casa, alzati in piedi!" La mamma di A con decisione gli prende la mano e lo tira su. Il cucciolotto inaspettatamente sorride e comincia a fare le scale come se niente fosse. A lui è già passata. La mamma invece, seguendo il suo istinto potrebbe predicare nervosa ancora per tutte le scale, fino al terzo piano. Ma poi che senso ha?. La mamma di A si guarda la "pancia" piena di "onde grigie" e le trasforma in sbuffi colorati. "Bravo il mio A, te l'ho detto che sei uno scalatore, dammi la mano e contiamo insieme i gradini...uno, due, tre...". Cosa ha smosso il piccolo A, la sua mamma ancora se lo sta chiedendo. Ma è contenta di non aver ceduto a una scena isterica che non avrebbe portato a nulla e di non aver ceduto agli occhioni supplicanti del piccolo A che stavano cercando una scorciatoia. Alla prossima sfida, ai prossimi no, ai prossimi capricci. Momento di crescita per entrambi, di scoperta dei propri limiti e delle proprie risorse, delle emozioni che ci devono guidare ma non sopraffare. Forza e coraggio!

sabato 2 febbraio 2013

Se la luna é scontata

"Mami, mami, la llluna la llluna!" É un grande amore nato questa questa estate l'amore tra il piccolo A e la luna. Da quando nel giardino, in una notte limpida, con la sua mamma ha inventato il gioco prendi la luna. Si salta insieme per cercare di afferrarla. Uno, due, tre via. E anche se poi é arrivato l'autunno e poi l'inverno, ogni volta che il piccolo A la scorge, con tutto il suo entusiasmo la chiama, la vuole toccare. É seduto sul suo seggiolino in silenzio e poi all'improvviso esulta " Mami, papi la llluna". Sono fermi al semaforo, la mamma di A alza lo sguardo e lei é lí, rotonda, bella, luminosa. Il piccolo A riesce ancora a meravigliarsi ogni volta che la scorge. La mamma di A quando la vede, pensa sia  bella....ma tutto si ferma li. Il piccolo A peró la costringe a guardarla con occhi nuovi, attraverso gli occhi di un bambino da poco"atterrato" sulla terra. " Certo che a pensarci bene é incredibile che ci sia un satellite sulla nostra testa. Io ormai la vedo bidimensionale, come se fosse un cerchio colorato in mezzo al cielo. Invece é una palla gigante che ruota intorno a noi che siamo a nostra volta su un pianeta in mezzo all'universo. Roba da diventare matti. É qualcosa di incredibile. Immenso. Mi fa sentire bene e quasi male allo stesso tempo. Mi viene in mente qualcosa che assomiglia al silenzio. Un silenzio immenso. Il papà di A annuisce e con occhio piú scientifico e meno filosofico pensa agli astronauti,  a ció che devono aver visto da lá, quando si sono voltati e hanno visto la terra.  Poi scatta il verde e si va verso casa. La capacitá umana di dare per scontato le cose piú belle e stra-ordinarie. Una capacitá pericolosa. Riesce a far sbiadire i sentimenti piú forti, le esperienze piú importanti, le persone piú vicine. Riesce a far mettere sullo sfondo ció che sta in primo piano. Se riusciamo a dare per scontato una luna in mezzo al cielo....per fortuna ci sono i bambini. Grazie piccolo A, i tuoi occhi sono meravigliosi.