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martedì 23 dicembre 2014

Francesco Renga Leggi qui. L'amore esiste.

23 dicembre.
La mamma di A cerca di sbrigare la tanto odiata parte burocratica del suo lavoro.
Ci prova, il piccolo A ha continue richieste: vuole giocare.
La tv come spesso accade è sul canale video Italia...
Sta passando una bellissima canzone di Francesco Renga.
In quel momento arriva il piccolo A.
 Sembra impegnato con una macchinina.

"...Hai sentito dire che l’amore
Vive solo a un isolato da te
Come mai non l’hai incontrato prima che
Commettessi il grave errore di credere
Che l’amore vero non esiste
E che tutto intorno a te sia triste..."


"L'amore non esiste?? ...
Non è vero mamma!"

La mamma alza gli occhi dal computer. È sorpresa, divertita, incuriosita e felice.

"Hai ragione piccolo A, l'amore esiste. Ma questa  è una canzone..."

Come fai a spiegargliela?

Il piccolo A sembra soddisfatto della risposta che gli ha dato la mamma. Ma la musica continua..

"Hai sentito dire che l’amore
Vive solo a un isolato da te
Come mai non l’hai incontrato prima che
Commettessi il grave errore di credere
Che l’amore vero non esiste
E che tutto intorno a te sia triste..."

"Mamma ancora! Ha detto che non esiste! Esiste invece!"

Si scalda il piccolo A.

Che romantico il mio bambino!

"Certo che l'amore esiste...Ma in questa canzone si racconta di una ragazza triste che non ci crede più all'amore. Allora un suo amico gli dice che non é vero, e lei torna felice."

"Ah! Ecco!"

Soddisfatto si allontana.

L'amore esiste, i bambini lo sanno. A volte i grandi se lo dimenticano. Per fortuna ci siete voi che con ostinazione ce lo fate scoprire ogni giorno.


Ps: bisognerà scrivere una lettere a Franceschino Renga. Non si rende conto di cosa può scatenare una sua canzone, in una cucina, una mattina, mentre una mamma lavora..


domenica 21 dicembre 2014

Buon Natale

La casa sa di Natale. Il presepe e l'albero sono al loro posto, e anche la stella cometa sul balcone. Provate a passare sotto la casa della nonna G quando fa buio, lei é così orgogliosa della sua terrazza illuminata a giorno.
La casa della nonna G ha un'enorme sala, come non si usano più. Calda e accogliente. Al centro la tavolata imbandita per le feste, e fino all'Epifania rimarrà lì, ricoperta con la tovaglia di Natale e i centrotavola handmade.
A vederli così tutti insieme  non si direbbe mai che ci sono stati anni di burrasca e dolore. La mamma di A si ricorda solo qualche flash perché era troppo piccola. Gli altri hanno accantonato, o dimenticato o meglio ancora perdonato.
E per questo a capotavola c'è il nonno Lo, con accanto figli e figlie, generi e nipotini. La nonna ha fatto tutto. È lei la maggior responsabile  del profumo che arriva dalla cucina e del profumo che arriva dal vociare, dalle risate, dalle parole intorno alla tavola.
È una famiglia allegra questa, qui non manca mai l'ironia e la battuta di spirito. L'ironia spesso li ha salvati.
Ma è anche una famiglia a volte malinconica che ama guardare il passato, le origini e le radici. Il nonno Lo infatti dice " Nonna G come è cambiata questa tavola negli anni, sono cambiate le persone, quante che non ce ne sono più ". E alla mamma di A vengono in mente fotografie di quegli anni, con i suoi nonni e gli zii. E i bambini che erano lei e i suoi fratelli. Lo sa che suo padre fa i conti con il tempo che ormai si staglia più lungo dietro di lui e più sottile davanti. Tenerezza.
È una famiglia casinista. Qui impera la voce alta e quella dei bambini che fanno la casa sotto il tavolo, e la capanna con i cuscini e poi giocano a yoga con lo zio Za.
È una famiglia con i suoi rituali, e il nonno Lo si avvicina al pianoforte e comincia la sua intramontabile "Foglie morte". Poi con ostinazione che dura da quarant'anni prova a trovare un erede alla sua passione mai vissuta "Piccolo A non ti piacerebbe imparare? Non come la tua mamma e i tuoi zii"
Ma il piccolo A la difende "Noo, la mia mamma è brava a suonare!" Tutti ridono... Chissà il perché.

La mamma di A questa sera è felice. Felice anche per quello che il piccolo A ha respirato. È quell'aria di calore e amore che, anche se il  suo cucciolo ne dimenticherà le immagini,  lascerà  il segno nel suo senso di sè.
I ricordi a volte vanno, le emozioni rimangono in noi, diventano noi.



Buon Natale! Che sia una bella occasione per godere di chi amate di più.

mercoledì 17 dicembre 2014

Paura e poi fiducia e poi l'amore

Proprio in queste ore. Accadeva.
Accadeva che più di tutto la mamma di A aveva paura.
Non lo si dice molto spesso  che le mamme provino questa emozione.
Ma lei se la ricorda bene.

Paura che qualcosa andasse male. Paura di provare dolore. Paura per
l'ignoto che la stava aspettando. Paura di morire.

E non c'è niente e nessuno che ti può consolare.
La mamma di A sentiva il calore del papà di A accanto a lei.
Aveva avuto bisogno di sentire la voce di sua madre al telefono.
Sapeva l'affetto e la trepidazione che arrivava dai suoi fratelli. Poteva anche immaginarseli mentre aspettava    di entrare in sala operatoria.
C'era la neve che lei tanto ama. Era il diciassette, un giorno per lei significativo.
Ma tutto questo non era sufficiente per non avere paura.

È così piccolo A! Le grandi emozioni della vita hanno spesso anche un'altra faccia. Le prove più belle, più grandi ed entusiasmanti portano con sè un tripudio di sentimenti.
E tu sei stato una grande  prova per la tua mamma. Un salto nel buio . E mentre saltavo cercavo di raccogliere e abbracciare tutta  la fiducia e la fede che potevo sentire.

E poi le mie braccia si sono riempite di te...

E poi le mie braccia si sono riempite di te...

E poi le mie braccia si sono riempite di te...

E ho capito il senso di tutto quello che avevo provato prima.

Buon compleanno piccolo A.

Grazie di essere venuto da me.

Grazie per l'amore...che ora conosco.


martedì 9 dicembre 2014

Quando un padre muore

Incontrarsi in questi momenti, dopo che è accaduto quel che è accaduto, è come un incontro nuovo. La mamma di A mentre si avvicina a piedi verso quella casa si sente un po' emozionata. Non sa mai cosa dire. Ma infatti non bisogna proprio dire nulla.
Lui è fuori, le va incontro e si abbracciano. Basta, le parole della mamma di A non servono. In un abbraccio si passa l'essenziale. In un abbraccio non serve nessun suono. Con un abbraccio si sono detti tutto.
Ha il viso stanco di chi ha attraversato una prova dura e dolorosa. Ma ha lo sguardo di chi ha sentito il senso di questa prova e si sente in pace. Ci si può sentire in pace anche dentro un dolore o anche grazie ad esso. Lei non sapeva cosa dire ma lui aveva una storia e gliel'ha raccontata. Che tesoro sono le storie!
Gli ultimi mesi di suo padre;
Le ultime ore e gli ultimi minuti.
La mamma di A lo ascolta, è una storia di quelle piene di mistero, sacralità e quotidianità e va a toccare chissà quali corde dell'anima.
Un uomo se ne va da questa vita seminando fede nei suoi figli, seminando speranza nella sua famiglia, seminando pace.

La mamma di A farà tesoro di questa storia. Così la morte fa meno paura.
Grazie amico mio delle parole che mi hai lasciato. Io che non sapevo cosa dirti sono tornata a casa più ricca di prima.

giovedì 13 novembre 2014

Ora capisco mio padre

Il nome della mamma di A è un nome classico italiano, di quelli abbastanza lunghi da essere pronunciato raramente per intero.

La mamma di A ha un soprannome che l'accompagna da quando é bambina. Uno di quelli così radicati che il novanta per cento delle persone che la conoscono la chiamano così.
Ma anche il soprannome è stato abbreviato.

Il nonno Lo, il papà della mamma di A, non ha mai sopportato che il nome dei suoi figli venisse accorciato. Così da quasi quarant'anni, quando sente che la mamma di A viene chiamata con una delle abbreviazioni dei "suoi nomi", il nonno Lo interviene  dicendo "Non si chiama così! Il nome si pronuncia per intero"

E quando la mamma di A era una ragazzina si imbarazzava molto se suo papà faceva queste osservazioni ai suoi amici.

Passa il tempo e la mamma di A diventa mamma e sente un pugno nello stomaco ogni volta  che qualcuno abbrevia il nome di suo figlio. Una reazione fisiologica. Proprio non le piace. Qualche volta  si trattiene ma spesso no! "Vi prego chiamatelo A tutto intero".

Ecco papà adesso capisco la tua battaglia per sentire il suono dei nostri nomi tutto completo.
Combatterò anche io questa battaglia contro i mulini a vento.

È vero che diventando grandi si capiscono tante cose dei propri genitori. Grazie papà...

domenica 9 novembre 2014

Un bambino e l'ospedale

La mamma di A era preoccupata.
Si era già immaginata scenari sconfortanti.

Mettendosi una bella faccia da "Sono tranquilla, va tutto bene" accelerava  le operazioni di preparazione mattutina.

Poi via, destinazione Pronto Soccorso.

E nella sua testa oltre a una buona dose di ansia e preoccupazione, il pensiero di dare un significato positivo,agli occhi di A, all'esperienza ospedale.

Ma la paura era nella mamma di A non nel piccolo A.
Noi adulti proiettiamo a volte sui nostri bambini le nostre paure. E da queste vogliamo proteggerli. Ma sono nostre e poi diventano le loro, se non riusciamo a scindere il nostro mondo interiore dal loro.

Così è successo che.

- "Mamma hai detto che c'era una dottoressa ma questo signore ha i baffi"
Primo sorriso regalatole dal piccolo A incontrando un infermiere che sembrava più un pirata/motociclista che un operatore del servizio sanitario

- "Quella signora fa l'aerosol come il papi". Diceva A davanti a un lettino che trasportava una nonnina con l'ossigeno.

- Senza esitazioni il braccialetto di riconoscimento si è trasformato nel guanto di Spiderman. Nemmeno il tempo di spiegargli cosa fosse. Lui giocava a sparare regnatele e ad arrampicarsi sui muri.

- "Non è qui, e nemmeno qui"
Diceva il piccolo A ogni volta che si girava l'angolo di questi interminabili corridoi verso il reparto. La dottoressa si era nascosta bene, pensava A, giocando a nascondino con l'ignara dott.
I bambini e la creatività.

- Si è divertito di più in sala d'attesa che al parco. Tra casette, macchinine e sempre il guanto di Spiderman.

- Una volta che la dottoressa ha veramente aperto la porta per visitare A, il piccolo baldanzoso ed entusiasta mostrava le sue grazie e collaborava sorridente alle operazioni di ricerca del "problema"

- E prima di uscire un bel "Graccie" alla dottoressa che davvero era stata gentile e carina.

Quindi niente di grave, niente di cui preoccuparsi. La mamma di A è serena ma l'ansia quando se ne va lascia il corpo stanco.

"Papà di A beviamo un caffè prima di andare?"

"Siii io mangio una Brioche!" Risponde felice il piccolo A

Ok piccolino, anche oggi ho imparato la lezione.

Gli occhi con cui guardi il mondo cambiano il mondo.

venerdì 7 novembre 2014

Quando nasce una mamma

QUANDO NASCE UNA MAMMA

Lei ancora non sapeva
Quale amore la voleva

Lei ancora non capiva
Che miracolo compiva

Poi il suo sguardo ha incontrato

Ed allora ha sentito

Che il suo cuore era rapito
Da un amore infinito

Da un amore infinito



Ps: l'amore è sentimento bellissimo
Ps: l'amore è un sentimento impegnativo

martedì 4 novembre 2014

Mio figlio non è Mio

La mamma di A è seduta insieme agli altri genitori sulle seggioline che la mattina sono occupate dai loro figli.

Tutti questi grandi attorno al tavolo giallo.

Le maestre raccontano.

Le pareti parlano di lavori, scoperte, colori, impegno, divertimento.

È la stessa stanza dove ha giocato anche la mamma di A quando aveva la stessa età di A. Ci sono i ricordi e le fotografie di quegli anni in quell'aula.

Sul computer scorrono le immagini, scatti rubati dei bambini che insieme fanno cose, giocano, ridono.

Ogni volta che compare il piccolo A la mamma si emoziona.  Si riempie di orgoglio, incredulità, tenerezza.

Questo è il mondo del piccolo A. Qui vive le sue esperienze da solo. Qui la mamma non può vedere, proteggere, consolare, spiegare, guidare.
Quante cose che il piccolo A tiene per sè, quante cose non le racconta, quante cose sono solo sue. Giusto e sano così.

Mentre le maestre parlano la  mamma di A pensa a quanto sia sempre più chiaro che da una via ne siano nate due, una per lei, una per lui.
Il piccolo A cammina su sentieri che sono solo suoi.
Calpesta terra che la mamma non calpesta.

È tempo di fare due passi indietro. È tempo di non confondere l'amore con il controllo, la protezione con l'asfissia. È tempo di rispettare ancora di più i tuoi spazi, il tuo mondo e il tuo modo di viverlo.


Non ti chiederò più sei hai mangiato tutto. Che domanda sciocca. Stai crescendo certo che mangi. E poi è una domanda ansiosa non è una domanda per  conoscere. Non voglio sapere cosa fai ogni giorno. Io apro la finestra, raccontami tu ciò che vuoi condividere con me. Non sarò gelosa dei tuoi silenzi. Rispetterò i tuoi spazi.
Non camminerò sul tuo giardino se non sarai tu ad invitarmi.

Farò il meglio che posso..Ricordati però che non insegnano in nessuna scuola come si fa la mamma.. Anzi sei tu che me lo stai insegnando.

venerdì 31 ottobre 2014

Lo sguardo di un padre

Le botte di autostima possono arrivare all'improvviso.

Una mattina di imprevisti che alla fine l'hanno portata li.
È andata a trovare suo padre, il nonno Lo.
Chiacchierano e la mamma di A vuole fotografare dei mobili che le piacciono molto perché il nonno Lo ha un negozio di arredamento.

"Siediti sul divano, la fotografia te la faccio io"


"No papi! Non voglio essere fotografata ..."

"Perché no?"

" No non mi sento in forma oggi, non sono bella"

Si fa serio.

"Come non sei bella! Sei bellissima! Non voglio sentirti dire queste cose"

" Non tutti i giorni sono uguali papà  e oggi non mi sento molto carina"

" Invece sei sempre bella!"

Ogni scarrafone.....

Però che tenerezza lo sguardo di un padre.

lunedì 27 ottobre 2014

Capricci e rabbia

Sera. Mamma di A stanca. Cena ancora da preparare. Appena rientrati da un bel lunedì pieno.

"Piccolo A vieni che mettiamo il pigiama"

Ma questa sera, a metà delle operazioni di lavaggio e impigiamamento, il piccolo A decide di affermare  la sua autonomia con un bel "No!"
Entra in contrapposizione, non vuole lavarsi i piedi. La mamma cerca di convincerlo  con le buone, lui sguscia via. Inspiegabile capire il perché di questo atteggiamento all'improvviso.

All'ennesimo tentativo la botta..."Mamma sei stupida"
La mamma di A rimane di sasso.

"La mamma ora è arrabbiatissima con te per la parola che mi hai detto. Arrabbiata e triste perché volevo solo farti tornate pulito e profumato. Vado a fare la cena, fai da solo visto che sono stupida"

La mamma di A va in cucina e il piccolo A comincia a piangere disperato dal bagno.
"Mammaaaaaa scusa! Mammaaaaa Scusa!"

La mamma lo lascia in po' in ammollo nel suo brodo, poi torna in bagno, è il momento di dare significato a tutto quello che è successo. Quelle scuse urlate l'hanno fatta  intenerire.

Il piccolo A sta ancora singhiozzano però è tornato collaborativo.
"Guardami negli occhi piccolo A,  ci sono rimasta veramente male per la parola che mi hai detto. Lo so che sei stanco e che vorresti fare tutto da solo. Ma non è giusto usare queste parole nè con me nè con gli altri. Sono parole che fanno stare male le persone"

Lui ascolta attento, serio. Poi quando è pronto corre in salotto sul divano.
Arriva a casa papi e il piccolo A non gli fa la solita festosa accoglienza.

" Che succede? Se arrabbiato?"
"Si!"

" Con la mamma?"
"No!"

"Con me?"
"No!... Con me stesso!"

Le emozioni dei bambini che noi liquidiamo con la parola "capricci" nascondono spesso una profondità di sentimenti importanti. Che vanno accolti e rielaborati con loro.
Per aiutarli a sapersi leggere dentro, per aiutarli a conoscere le proprie emozioni e non sentirsi in balia di esse, per aiutarli a sentire quali stati d'animo possono provocare negli altri.
Sono le basi del l'intelligenza emotiva. Difficile? Si, di più! Ma indispensabile prendersi cura del loro mondo interiore. Loro sono piccoli solo di statura.

mercoledì 22 ottobre 2014

Ci sono date...

Ci sono date....

Questa è una: il 22 ottobre

La mamma di A ha una memoria biografica ricchissima.  Si ricorda tantissime cose della sua vita, alcune delle quali non sa nemmeno il perché.

Poi ci sono date che  non puó dimenticare.

Il 22 ottobre di quattro anni fa la mamma di A era in palestra. Aveva appena fatto gli esercizi di respirazione. Era in costume. Stava chiacchierando con le altre donne mentre andavano verso la piscina.

Poi qualcosa si è rotto dentro di lei. Ha guardato per terra e in un secondo nulla era più come prima. Il pavimento bagnato. Le voci che le dicevano di stare calma, di sdraiarsi, di stare tranquilla.

La mamma di A si ricorda di essersi sentita spaventata ma incredibilmente calma. Ha chiamato il papà di A, ha chiamato la zia A, gli ha spiegato cosa era successo, dove la stavano portando. Il mondo intorno a lei era nel caos. Lei parlava alla sua pancia, la accarezzava, le infondeva fiducia, chiedeva ad A di fare il bravo. Di stare li e non lasciarla.

Tutto è andato bene, non sarebbe qui a raccontarlo.

Il piccolo A non è nato a sei mesi come sembrava stesse per fare. È stato al calduccio ancora per due. Poi basta, voleva proprio venire al mondo.
Però ormai erano pronti per aspettarlo...E questa è un'altra bellissima storia.

Il 22 ottobre la mamma di A ha  scoperto cosa significhi affidarsi. Far tutto il possibile e poi doversi  fermare perché nulla dipende più da te. Stare sul confine tra il terrore e la fiducia. Come un equilibrista ed essere attratti più da quest'ultima e voler tenacemente guardarla negli occhi.

Il 22 ottobre la mamma di A ha incontrato altre mamme che come lei non erano più in "dolce" attesa, ma solo in attesa. Di sapere cosa sarebbe successo.

Il 22 ottobre la mamma di A ha sentito il calore di un sorriso in un mare di incertezze. Ha riso con le lacrime agli occhi con le sue compagne di stanza  sfidando la paura. Ha provato un così forte sentimento di umanità, reciproco aiuto, sostegno, solidarietà. E non sapeva che tutto questo poteva accadere in un reparto di ospedale.



La mamma di A pensa ad alcune mamme che non sono state fortunate come lei e alle mamme che hanno partorito "fagottini" che non hanno potuto abbracciare subito.

La mamma di A quando pensa al 22 ottobre sente un grazie enorme da dentro. Perché per quanto buia quella settimana è stata illuminata  da incontri bellissimi.

E tu che stai leggendo lo sai. Ce lo siamo dette che i nostri  bambini volevano essere sicuri di avere delle mamme forti e allora ci hanno messo alla prova.

domenica 12 ottobre 2014

Far sorridere Maria

Ve lo aveva già detto che il piccolo A ha un debole per le chiese.
Questa mattina a passeggio sul lago il piccolo A si è ricordato subito che dietro quella porta ce n'è una.
Ci sono entrati già tante volte e nonostante stessero andado a comprare l'attrezzatura da sci per la quale era euforico , il piccolo A ha voluto fare una deviazione.

E qui sono successe cose:

Primo... non si erano mai accorti dell'esistenza di una piccola stanzetta a destra dell'altare. Questa mattina ne sono stati attratti  senza apparente motivo e nell'entrare la mamma di A si è sentita in difficoltà. La scena macabra: una grande teca di vetro con dentro uno scheletro mal vestito e un'altra serie di teche più piccole con dei  teschi  in primo piano. Reliquie di chissà chi...

"Mamma come mai ci sono i pirati qui?"

La mamma ha trattenuto a stento le lacrime dal ridere, si stava chiedendo come spiegare quella stanza del terrore e invece la soluzione è arrivata da A.

"Non lo so A, si vede che dal lago sono arrivati fino a qui"

Con aria indifferente escono dalla simpatica stanzetta e il piccolo A vuole accendere una candela sotto la statua di Maria.

"Mamma perché è triste?"
"Dici che è triste? Si in effetti ..."
"È triste sta piangendo, ha le lacrime"
"Come sta piangendo ha le lacrime? (Non avrà mica le apparizioni pensa tra sè e sè la mamma con aria divertita/preoccupata")
"Perché mi sta guardando?"
("Oddio ha davvero le apparizioni! Ma no, sarà quell'effetto che hanno le statue che dove ti metti sembra che ti seguano con lo guardo")
"Ti guarda perché sei un bel bambino e a lei i bambini piacciono molto, se le dici una preghiera magari sorride.."

Ecco il piccolo A si mette davanti alla Madonna, si fa il segno della croce, poi mette le mani in preghiera e a bassa voce recita qualcosa che  ha anche fare con il pane bianco. L'avrà imparata all'asilo. Però lui è serio, le mani giunte, il corpo eretto, lo sguardo rivolto verso di lei. Da non credere.

E poi finisce la sua parole dicendole "Grazie!"

Si gira e dice alla mamma "Adesso un pochino sorride!"

La mamma di A è uscita dalla chiesa con un misto di stupore, allegria, incredulità.
Il piccolo A si è ricordato invece che lo stava aspettando la sua prima attrezzatura da sci.










giovedì 9 ottobre 2014

Amarti cosi come sei

Non contano più le volte che lo hanno visto, si sa che ai bambini piace riguardare e riguardare la stessa storia. Per questo motivo Toy Story li accompagna spesso la sera prima di andare a dormire. Ma a pensarci bene anche la mamma ama rivedere i film che l'hanno fatta emozionare. Quante volte ha visto "La Storia infinita" negli anni '80? E "Pretty woman" negli anni '90?

Tornando a noi, per chi non conoscesse la storia, in Toy Story i giocattoli sono vivi,  quando sono lontani dagli occhi degli umani. Hanno vita propria,  sentono le emozioni, sono animati da sentimenti. Nella camera di Andy i giocattoli fanno gruppo e hanno come leader Woody, un pupazzo cowboy che è anche il preferito di Andy. Poi la storia prende una piega diversa da quando arriva un giocattolo nuovo, Buzz lightyear, un astronauta di nuova generazione con pulsanti e luci e che naturalmente minaccia la priorità di Woody.
Buzz lightyear però crede di essere vero, pensa di essere un vero astronauta....finchè per caso si imbatte in una pubblicità alla tv dove lo stanno reclamizzando.....

"Mamma perché è triste Buzz?"

"Perché le sue illusioni sono crollate. Ha scoperto di essere un giocattolo, ci è rimasto male"

"Ah!... ma perché fa quella faccia?"

"Perché non se lo aspettava, era cosi sicuro di essere vero che anche quando la realtà gli diceva il contrario lui non voleva vederla e  la interpretava a suo modo. Come quando pensava di volare e non si accorgeva neppure che erano solo coincidenze il fatto di non cadere subito a terra. Spesso i grandi si raccontano bugie e si autoconvincono che siano vere. Pensano che cosi sia più facile."

"............."

" Hai ragione piccolo A la mamma sta parlando in modo un po' troppo complicato. Però guarda, all'inizio Buzz è sconsolato perché scopre di non essere un vero astronauta, ma poi finalmente può essere felice, giocare con gli altri giocattoli, godersi la vita perché  sa chi è. Finalmente si riconosce. Non fa più finta di essere qualcuno che non è"

Il piccolo A rimane con lo sguardo un po' sospeso, non è proprio semplice da capire, non è proprio semplice da spiegare. Ma mentre la mamma ci prova si rende conto di quale grande tema stia trattando il film. Se ne rende conto solo grazie alla domanda fatta dal piccolo A.

E una grandissima fetta di lavoro e responsabilità spetta a noi genitori piccolo A. Con le nostre aspettative, con i nostri desideri irrisolti proiettati e riciclati su di voi. Vi scambiamo per medaglie da portare sulla giacca, medaglie di cui vantarci e rischiamo di appiccicarvi una personalità che non è la vostra. Rischiamo di farvi diventare quello che in realtà non siete. Rischiamo di allontanarsi dalla vostra unicità. Richiamo di farvi vivere in modo non autentico, lontani da voi stessi. E con la paura sotterranea di non essere più amati e di perdere il nostro affetto se non siete quello che noi vogliamo. Che mostruoso ricatto.

Allora piccolo A aiutami a scendere alla tua altezza, a guardarti negli occhi per scoprire chi sei.
Che i mei occhi siano per te uno specchio fedele nel quale guardarti con stupore.
Cosi che se vivrai da A, la tua vita, a prescindere da quel che potrà accadere, sarà una vita piena. E vera.

Ad amarti cosi come sei, anche quando non è quello che mi sono immaginata.


domenica 28 settembre 2014

La spiritualità dei bambini

Il piccolo A con i suoi genitori, le cuginette Ga e Glo, gli zii e la nonna G,  ha trascorso un fine settimana in montagna.
Sono stati nel paesino di pietra che profuma di legna che da qualche tempo è diventato una bellissima boccata d'aria fresca  per la famiglia del piccolo A.
Tra giochi, funghi, camminate, cielo azzurro e terso, vette, scoiattoli,  silenzio, hanno anche passeggiato per le vie del paese  vicino, decisamente più glamour  rispetto a quello che amano loro.
E come spesso accade, quando camminando incontrano una chiesa, il piccolo A ci vuole entrare.
È una di quelle chiese di paese, una chiesa dal sapore "di una volta",  di quelle che portano con orgoglio anni di storia. Quelle chiese che sanno di incenso e arte sacra.
Tutti lo seguono volentieri, poi dentro ciascuno segue un suo sentiero, motivazioni diverse.
Il piccolo A si dirige spedito verso l'altare, vuole accendere una candela. La mamma e Ga gli vanno dietro , lo aiutano e poi tutti e tre si siedono al primo banco.
"Piccolo A che preghiera vuoi dire a Gesù?"
"Shhhhhhhh mamma! Silenzio!"
La mamma e Ga si guardano e cercano di non ridere. Non si aspettavano tutto questo fervore ma capiscono che A è serissimo e non vogliono offenderlo.
Il piccolo A chiude gli occhi e si fa il segno della croce. La mamma lo guarda con tanta tenerezza, che la fiducia in quello che sta facendo possa accompagnarlo per sempre.
"Mamma! Ga! Chiudete gli occhi"
Le rimprovera il piccolo A. Con il sorriso ubbidiscono e anche loro si fanno il segno della croce.
" Diciamo la preghiera che ho imparato all'asilo..."
Propone A.
"Ok!" Rispondono Ga e la mamma
"..... Mmmmm, non me la ricordo più"
Dice un po' deluso il piccolo A.
" Non importa A, Gesù vede nel tuo cuore e ha capito ugualmente ciò che gli volevi dirgli"
" Va bene mamma, ma devi chiudere gli occhi!"

A occhi chiuso è vero si ascolta meglio ciò che nasce o deve nascere da dentro.
A occhi chiusi si può dimenticare ciò che ci circonda per dare importanza a ciò che sentiamo.
A occhi chiusi siamo noi con noi stessi.
A occhi chiusi non si può mentire.
A occhi chiusi siamo noi, solo, con la nostra anima.

Anche oggi, grazie piccolo A!

mercoledì 24 settembre 2014

Il piccolo principe e la rosa

Lo sa che non può essere attraversato sempre e solo da "belle"emozioni, ma ogni volta che fanno capolino quelle più scure,grigie e blu la mamma di A si sente sempre presa un po' alla sprovvista.

"Mamma io sono triste"

La mamma sta guidando verso l'asilo nel traffico del mattino. Si volta veloce per guardare l'espressione del suo viso. Guarda malinconico fuori dal finestrino.

"Perché sei triste piccolo A? Che succede?"

"Perché io voglio te! Perché tu mi manchi!"

Lo dice anche proprio bene, non si possono fare tante interpretazioni. Il sentimento della mancanza di qualcuno, talmente chiaro.

"Anche tu mi manchi piccolo A, ma sei nel mio cuore quindi mi sei vicino! Anche io sono le tuo cuore!"

"Si lo so! Ma mi manchi..."


Si infatti, come controbattere?

Poi un'illuminazione..

"Piccolo A hai presente il piccolo principe e la volpe? "

"Si...il piccolo Cimpite"

"Ecco lui... Anche lui e la volpe sono tristi  quando devono lasciarsi ma sono felici di sapere che si vogliono un bene speciale e che quando si ritroveranno sarà bellissimo... Tu sei il principe e io la volpe"

Ride all'improvviso, divertito dalle parole della mamma.

"Ma tu non sei una volpe mamma! Tu sei la Rosa"

La mamma di A si sente felice, lusingata, sorpresa, innamorata.

"Grazie piccolo A! Mi piace essere la Rosa... Allora siamo come la Rosa e il piccolo Principe, tristi quando il principe parte per i suoi viaggi ma felici perché sappiamo che avrà fantastiche avventure. E poi quando il principe torna su B 612 è come quando vengo a prenderti all'asilo e ci abbracciamo forte"

"Si! ...ma la rosa non può abbracciare!"

"Come no, muove le sue foglioline verso il principe..."

"Ah, ok va bene..."

Il blù ha preso qualche raggio di giallo. O almeno il blu ha trovato il suo senso.

E poi dicono che le storie sono cose da bambini...

Quante cose possono accadere in una macchina mentre si va all'asilo.

lunedì 22 settembre 2014

I miei vent'anni

 
 
La mamma di A si è voltata, ha riconosciuto le loro figure.
Spontaneamente le è venuto il sorriso, si è alzata ed è andata verso di loro.
È andata verso i suoi vent'anni.
 
Facevano cosi. Durante la settimana ognuno era occupato con il suo lavoro o con i suoi libri. Poi il weekend lo passavano insieme. Dal venerdì sera alla domenica sera. Non si davano appuntamenti, ancora non c'erano i cellulari. Era chiaro e scontato che il venerdì sera si sarebbero incontrati li. E li erano. La mamma di A studiava psicologia all'università di Padova ma il weekend tornava sempre nella sua cittá. La sera si preparava, con un colpo di clacson le sue amiche la chiamavano e poi via verso il locale dove loro le stavano aspettando. I loro amici, conosciuti per caso al mare, diventati inseparabili compagni di avventure. Non pensate a chissà che cosa. Loro stavano semplicemente insieme e facevano cose insieme: andavano a ballare la sera, visitavano città le domeniche pomeriggio, facevano spaghettate a casa di qualcuno, improvvisavano biciclettate sulle colline della Valtenesi con le cicale a cantare, partivano nel cuore della notte se a qualcuno veniva in mente di andare a sciare, mangiavano castagne abbrustolite la domenica sera, andavano al cinema, passavano pomeriggi in piscina... ma soprattutto ridevano. Ridevano tanto. Giocavano tanto. Si godevano la loro gioventù, la loro amicizia e pensavano che sarebbero durate per sempre.
 
La mamma di A va loro incontro, le viene sempre più da sorridere vedendolo li, in cerchio a chiacchierare, proprio come tanti anni fa.
Per scherzo li urta  con la spalla "oh! Scusate"...E appena la riconoscono  la gioia è immediata, partono gli abbracci e l'emozione di riguardarsi negli occhi.
Parlano di figli, matrimoni, situazioni sentimentali...
E poi è urgente il desiderio di ricordare tutto quello che li ha accomunati. La magia delle atmosfere che ritornano quando le persone che hanno vissuto un'esperienza unica, bella, piena si ritrovano vicine. Sono passati vent'anni ed è cambiato tutto. Ma quello che respirano in quel momento è la stessa sensazione di allora. Fresca e intatta, perché il tempo non è vero che cancella tutto. Il tempo sa riporre le cose nei cassetti. I cassetti possono essere riaperti in qualunque momento. E quello che c'è dentro rimane  intatto e profuma di lavanda. Passano vent'anni e l'intimità è la stessa di allora. Vent'anni cosi lunghi ma cosi sottili.
E come in quelle serate la mamma di A perde la percezione del tempo e con essa il fatto che la stanno aspettando al tavolo da cui si è alzata. Gli aneddoti sono tanti. Finisce uno ne comincia un  altro e giù tutti a ridere.
"Mamma di A la tua risata è inconfondibile, non sei cambiata per niente!"
 
Invece è cambiata eccome, anche se, quel modo di sentire no. Quello è sempre uguale.  Quello non vuole perderlo mai. Quel modo che le fa sentire che gli attimi semplici e quotidiani sono speciali. Sono quelli che fanno poi la storia di ciascuno. Sono quelli che ti fanno sorridere di gusto mentre cammini verso qualcuno che non ti aspettavi di incontrare.
 
 
 

venerdì 19 settembre 2014

I bisogni di mio figlio


I bisogni dei nostri bambini nascono da dei sacrosanti diritti:
Il diritto di esistere, di sentire di esserci. Un bisogno soddisfatto dalla gioia con cui viene accolto il loro ingresso alla vita. Dagli abbracci e dal calore di sentirsi tenuti in braccio. Le braccia che avvolgono e contengono che permettono di dare forma e rassicurazione alle loro emozioni. Che fanno nascere la sensazione di esserci. Perché un neonato non sa di esserci ma lo sente grazie al contatto e alle cure con cui viene amato.

Il diritto di aver bisogno. Così tanto bistrattato questo diritto e nascosto sotto la parola vizio. "Non prenderlo in braccio che lo vizi", "Fallo piangere nel lettino altrimenti prende il vizio di volerti vicina tutte le sere". Ma i nostri figli hanno il diritto di aver bisogno di noi, di potersi fidare di noi perché noi ci prenderemo cura di loro. Così gli insegneremo a essere positivi e ottimisti verso la vita, perché i loro slanci spontanei sono stati accolti. In nome di non si sa quale pedagogia di strada che vuole bambini forti, indipendenti e sicuri già dai primi mesi si tradisce il loro bisogno di avere bisogno e ironia della sorte li facciamo crescere sfiduciati e tristi verso  il mondo. Quel mondo che non ha riconosciuto i primi  bisogni fondamentali.

Il diritto di imporsi. Il diritto di dire la propria, di manifestare  le proprie preferenze e il proprio disappunto per qualcosa che non piace, che li fa arrabbiare. Il diritto di individuarsi, di differenziarsi dall'adulto. Il diritto di dire "No!".
Più comodo e bello se "fanno i bravi" e sono sempre d'accordo con noi. Il resto sono solo capricci e comportamenti da reprimere.


Il diritto di essere autonomi, di camminare con le proprie gambe, di esplorare territori nuovi. Senza ansia, senza eccessive preoccupazioni, senza l'oppressione del controllo da parte dei grandi. Quale emozione incontrare lo sguardo fiero di papà e mamma che li osservano mentre corrono coraggiosamente verso il mondo. Sentire di scegliere in base ai propri bisogni profondi, al
proprio intimo  sè e non per compiacere gli altri. Sentirsi sostenuti e aiutati in questo e non scavalcati.
Il diritto di amare ed essere amati così come si è, spontaneamente, gratuitamente.

La mamma di A vede tutte queste istanze muoversi in A. Si impegna a riconoscerle e prova a dare il meglio di sè. Per prove ed errori, a volte confusa, incerta su cosa sia meglio fare, con tanti dubbi e tante domande.

Ma poi arriva il giorno in cui in A nascono dei  nuovi bisogni.
"Mamma mi compri Spiderman!!?"
"Mamma mi compri i pattini?"
"Mamma mi compri Buzz lightyear?"
Senza menzionare le richieste di giochi che la mamma non sa neppure cosa siano ma che la televisione sapientemente fa desiderate al piccolo A.

Ecco la mamma di A è sconcertata e comincia a confrontarsi con il senso di colpa. Il piccolo A sta diventando un piccolo consumatore. E quello che più le ha lasciato l'amaro in bocca è sentire in A l'entusiasmo del momento trasformarsi presto in desiderio di qualcosa di nuovo. L'oggetto consumato velocemente. L'emozione consumata velocemente. L'insoddisfazione che prende il posto della  "gioia" iniziale. E che lascia un vuoto che va colmato con qualcosa da AVERE.
Alla mamma di A dispiace immensamente essere responsabile di queste emozioni di plastica.

Dunque:
La tv si spegne in favore dei DVD Disney, senza pubblicità barbaramente martellante.
Più tempo per costruire insieme i giochi. Che l'emozione sia nel realizzarli, nello stare insieme, nell'ingegnarsi su come farli.
Che mamma e papà diano il buon esempio.
Rileggersi "Avere o essere" di Erich Fromm

La mamma di A ha bisogno di un confronto! Voi che ne pensate?

venerdì 29 agosto 2014

Aspettare

La terribile tentazione di togliere ogni ostacolo che si presenti davanti al proprio figlio.
La terribile tentazione di volerlo vedere sempre felice, senza ombre.
La terribile tentazione di accelerare i tempi per farlo transitare il più velocemente possibile verso il prossimo sorriso.
La mamma di A la conosce bene questa tentazione, non so voi!
Così ieri pomeriggio, il piccolo A, grazie ad un'insolita giornata di sole, giocava in piscina. Giocava a spostare i limiti della sua paura, giocava ad alzare l'asticella delle sue potenzialità e possibilità. Giocava a tentare di tuffarsi nell'acqua alta. Giocava con la fiducia in se stesso, giocava con la soddisfazione di poter dire "ci sono riuscito da solo!".
La mamma lo guardava. La mamma sorrideva e incoraggiava.

Poi, per superati limiti di possibilità di resistere all'acqua gelida, il piccolo A finiva il bagno, ma consapevole di quanto aveva appena conquistato, esclamava: "Voglio far vedere al mio papi come sono diventato bravo a tuffarmi!"
Naturalmente lo sguardo del papà su certe cose ha un valore diverso rispetto a quello della mamma. Soprattutto se sei un piccolo essere umano maschio!
"Piccolo A, tra poco papi arriva.. Adesso merenda e più tardi un altro bagno così gli fai vedere cosa hai imparato oggi"
Il piccolo A tutto contento tornava nel prato a giocare con la sua cuginetta Glo.
 Ma dopo poco
" Mammaaaa quando arriva papi??" Con aria sconsolata.
La mamma spiegava che doveva avere un po' di pazienza anche se capiva il desiderio del piccolo A.
Il papà sarebbe dovuto arrivare entro un paio di ore, non proprio prestissimo.
In queste due ore le emozioni di A erano un misto di attesa, impazienza, desiderio.

"Mamma quando arriva papà? Io sto facendo fatica!"

Come spesso accade il piccolo A racconta il suo mondo interiore in un modo che fa sorprendere ed emozionare la sua mamma. Il piccolo A ha usato proprio la parola giusta: "fatica!", quella che la mamma di A a volte è tentata di spazzare via dalla strada del suo bambino.
La mamma di A pensa a quanta fatica le sono costate alcune esperienze... Le passano sotto gli occhi alcuni esami all'università, le strade in montagna, la tesi di laurea e la sua discussione, la specializzazione in psicoterapia, il cammino di Santiago, la gravidanza, i primi mesi da mamma...Quella voglia che arrivi la meta, quella voglia che arrivi la discesa, quella voglia di potersi girare e vedere la strada dietro,  seduti nel punto più alto.


Allora piccolo A scelgo di far fatica insieme a te.
"Hai ragione piccolo A, non è semplice aspettare! Che voglia che arrivi papà, chissà come
saremo felici appena lo vediamo!"

Quello che é successo dopo ve lo lascio immaginare a voi!

La gioia nei suoi occhi mentre si tuffa! L'orgoglio con cui guarda suo padre.
Piccolo A, grazie per i tuoi promemoria.
Grazie per le frasi che mi aiuti a sottolineare nelle pagine piene delle giornate.
 Sta per cominciare un altro anno molto impegnativo e tu mi hai regalato queste parole:

Fare, ri-fare , superare, credere, desiderare, faticare, aspettare, godere, ridere, gioire.

E che la mamma sappia stare al suo posto per far si che tu queste parole le possa sentire e provare sulla tua pelle!

sabato 23 agosto 2014

Il sapore della mamma

Parlano piano perché papi sta ancora dormendo.
(Sono le sette, il piccolo A è mattiniero come la mamma).
Sono al calduccio sotto le coperte.
(Al calduccio perché è un sabato di agosto ma piove, piove, piove)

"Mamma ti mangio una guancia! Ammm"
E con la bocca le dà un morsetto che sa più di bacio.

"Ummm, mamma come sei buona!"

"Fammi assaggiare anche a me   un pezzettino della tua guanciotta!"

Lui gliela porge con il sorriso che mostra la sua fossetta.

Anche la mamma gli daà un morsetto che ha più il sapore di un bacio.

"Mmmm! A che buono! Sai di pasticcini!"
Ride... Ormai papi è sveglio..

"Piccolo A di cosa so io?"
 La assaggia divertito ancora una volta.

"Mamma sai di luce"


Rendiamoci conto!

lunedì 18 agosto 2014

Nella pancia della mamma


Sera fresca di un’insolita estate.

Camera vista lago.

Finestre aperte, musica che entra.

Papi legge sul letto, piccolo A gioca con l’i Phone , la mamma fa la doccia.

 

“Meraviglioso, ma guarda intorno a te, che doni ti hanno fatto, hanno inventato il mare..”

Di sottofondo.

La mamma esce dal bagno, si sta preparando per la notte.

 

“Mamma, io voglio tornare piccolo”

“Piccolo A tu sei piccolo”

“No mamma sono grande!” Risponde risentito.

“Intendo dire che sei ancora un bambino…. “ Cerca di recuperare la mamma.

 

“Si ma io voglio tornare dentro la tua pancia”

 

Sono quei momenti che la mamma di A sa rimarranno nella sua memoria e nel suo cuore, sono quei momenti in cui A racconta il suo modo di sentire il mondo, sono quei momenti che riempiono di tenerezza per l’ingenua profondità con cui A affronta qualcosa che gli sta a cuore.

 

“Piccolo A lo so che si stava ben al calduccio dentro  la pancia della mamma, però non potevamo giocare insieme, guardarci meglio occhi, parlare..”

Rimane per un attimo sorpreso, i suoi occhi grandi raccontano di pensieri tutti suoi…

“Mamma, ma guarda che c’era un bottone, io lo schiacciavo e mangiavo…e poi io giocavo non ti ricordi ??”

 

“Certo che mi ricordo, mi davi sempre i calci e io e papá ridevamo, … però non sentivamo la tua voce e non potevamo chiacchierare come facciamo ora, o giocare ai super eroi…”

 

"Si ma io ti dicevo “Mamma! Mamma!”
E per spiegarle come faceva mette le manine intorno alla bocca come quando si vuole amplificare la voce per farsi sentire da qualcuno lontano.

“Non ti ricordi??? E poi ti dicevo che ti amoravo tanto!”

Ok! La mamma è definitivamente stesa, vinta dai colpi di gioia che il piccolo A le ha inferto in questa fresca notte d’estate..  Nella pancia della mamma si sta da Dio, e anche la mamma ha nostalgia di quando la sua pancia era piena di vita. Ma questa è un’altra storia…

giovedì 14 agosto 2014

Di mondi sconosciuti e amori infiniti

"...Nel mio mondo non ci sono le fate,  mamma"

Non è l'inizio di un discorso, è la conclusione detta ad alta voce di un pensiero che il piccolo A ha condiviso con se stesso nel silenzio della sua mente.
La prima volta che il piccolo A le ha parlato del "suo mondo" ne è rimasta sorpresa. Sorpresa di quanto ci sia dentro un bimbo, molto più di quello che si sa, molto più di quello che si crede.
Ed essendo il SUO mondo, il piccolo A lo condivide con lei solo in brevi e rari attimi, in cui la mamma si affanna, cercando di nascondere l'affanno, a fare domande per capire, prima che quella porta segreta, che all'improvviso si schiude, scompaia. Perché il Piccolo A improvvisamente lo apre e poi lo chiude il passaggio per il suo mondo, come nelle favole.

"Nel mio mondo c'è Spiderman ..."
Ecco il varco si è aperto..
"E poi chi c'è nel tuo mondo A?"
"Iroman, Batman, il mio amico Leonardo, Matilde, Michele..."
"E io ci sono nel tuo mondo?"
Ride con il suo sorriso largo..., deve aver detto una sciocchezza incredibile la mamma.
"Mamma! Ci sono solo i bambini!!"
"Ah certo! Che cosa mi è venuto in mente"
E poi tutto si chiude. Non c'è verso di scoprire più nulla.

"Piccolo A assaggia la frutta per favore.."
"Mamma! Nel mio mondo non c'è la frutta", risponde deciso e un po' scocciato del fatto che io dica queste cose. Chiaro che sia un mondo di furbi "il suo mondo", pensa la mamma che però non può non sorridere di questi momenti tra realtà e fantasia.
"La cioccolata c'è nel tuo mondo A?"
"Ma mamma?!" ( ovvero, che domande sono queste, certo che c'è la cioccolata).

Questa mattina il piccolo A si è svegliato (presto come sempre) e si è sdraiato sulla sua mamma. Momenti di grazia, di contatto e di intimità unici. La mamma lo ha abbracciato e si è goduta il suo ruolo di "materasso" annusando il collo di A, ascoltando la fiducia con cui si abbandona a lei.
"Devo dirti una cosa nell'orecchio"
"Eccomi, dimmi A, sono pronta per ascoltate "
Il tono della voce è quello che accompagna i segreti..un tono basso, emozionato, solenne.

"Mamma io ti AMORO"

Lo stringe forte, "Anche io ti AMORO piccolo A"

In quel mondo abitato da super eroi e bambini, dove non si mangia frutta e sono bandite le fate nascono emozioni tenerissime e parole splendite per raccontarle.

Quindi sappiate che se adorate e allo stesso tempo amate qualcuno potete usare il verbo AMORARE.

Mi piace il tuo mondo piccolo A, e mi piace anche che sia tu a scegliere quando e come regalarmene pezzetti.

Lo AMORO così tanto questo nanetto biondo arrivato da chissà dove.





mercoledì 6 agosto 2014

Le vere scelte

Hanno amato Peppa subito, in tempi ancora non sospetti, trovandola per caso tra i video di youtube. Non sapevano ancora che sarebbe scoppiata una moda forsennata e che Peppa se la sarebbero ritrovata ovunque. Ovunque veramente, non tanto per dire. La mamma di A aveva scritto anche un post in merito (A noi piace Peppa Pig) Peppa spaccava in due l'opinione pubblica. In qualsiasi conversazione tra adulti, genitori di bambini in età prescolare, l'argomento Peppa era d'obbligo. Chi l'amava, chi l'odiava. Loro l'amavamo, e se non fosse stato per la ripetitività degli episodi la mamma di A avrebbe continuato a sedersi vicino ad A per guardarla insieme a lui.  Poi A, a settembre dello scorso anno, cominciò la scuola dell'infanzia e tutto cambiò.
"Mammaaaaa mi cambi canale per favore!?"
 " Perché A?"
" Non mi piace più Peppa!! È da femmine!"

Ecco, mentre il papà di A gongolava per la risposta del figlio e sorrideva compiaciuto all'idea che sarebbero presto arrivati i super eroi nella loro vita, la mamma di A provava a replicare alla motivazione di A, arrabbiata dentro di sè per quanto precocemente possano dilagare preconcetti e stereotipi.

È passato quasi un anno, Peppa non l'hanno più guardata. Il piccolo A, coerentemente alla sua idea di maschio, chiede sempre che si cambi canale.

Ieri mattina.
La mamma di A è in doccia. Lo sapete vero come fa la doccia una mamma in casa sola con il suo cucciolo? La situazione è migliorata certo, A è grandino, e poi sta facendo colazione e poi c'è la tv accesa. Questo dovrebbe garantire che il suo raggio d'azione sia limitato. La mamma fa comunque più veloce che può, le orecchie tirate, una leggera ansia di sottofondo.
Poi l'urlo "Nooooooooo!"
Lei esce senza neppure pensare, si precipita in salotto...
Ma li c'é A che sereno fa colazione.
"Piccolo A perché hai strillato così forte?"
"Niente mamma". Non si gira neppure a risponderle. Mangia i biscotti e guarda Peppa. Serafico. "Peppa?" Pensa pensierosa la mamma di A mentre torna in bagno e il cuore torna al suo posto.

Quando è pronta, A sta ancora sereno guardando Peppa. Ora la mamma è più calma, riprende il discorso:
"A perché hai urlato prima?"
"Perché c'era Peppa ed è un cartone da femmine!"
"Ma allora perché lo stai guardando?"
"Perché mi piace è divertente"
"Allora piccolo A, promettimi che sceglierai solo le cose che ti piacciono, e non c'entra niente se sono da maschio o da femmine"
Fa si con la testa, ma la mamma di A sa che sono parole troppo impegnative per lui. La sfida è nelle sue mani: aiutare sempre suo figlio a scegliere in base ai suoi gusti, le sue inclinazioni, curiosità, talenti. Non secondo ciò che qualcuno ha già deciso. Non per far contenti gli altri, non per appartenere a un gruppo, non per seguire la moda a tutti i costi, non per comodità.


La mamma di A lo ha visto nella sua vita, lo sente nelle storie che ascolta mentre lavora. Le scelte fatte per calcolo, logica, paura...prima o poi tornano indietro e portano il conto, un conto salato da pagare. Le scelte fatte ascoltandosi profondamente, le scelte che ci riempiono pienamente, le scelte che parlano di noi, dei nostri gusti, dei nostri modi,  dei nostri sentimenti sono quelle che ci fanno vivere autenticamente. Senza maschere. Sono strade che possono spaventare perché può capitare che siano lontane da quelle che gli altri avevano previsto per noi.

Gli altri che pensano che Peppa non sia da maschio, forse prenderanno in giro A. O forse no.

La cosa più bella è A che sorride guardando Peppa, se Peppa per lui è divertente.

Come sempre, rimbocchiamoci le maniche, e proviamo a essere bravi genitori!

lunedì 4 agosto 2014

100 cose che Amo

È tornata. La mamma di A ha pensato tanto al suo blog ma  era troppo stanca. È stato un anno lungo e per certi versi molto faticoso. A volte le chiedono "Ma lei dott.ssa é sempre felice?". Certo che non lo è sempre felice. Ma c'è un sentimento dentro, di sottofondo, che le dà un senso di fiducia sulle cose, sulle persone, sulla vita. E con quello affronta anche i temporali. È una solida nave per affrontare anche le tempeste. La nave aveva bisogno di stare un po' in porto. Ascoltare le proprie emozioni è sacro. Il corpo non mente. Le ha detto che era stanca. Di fermarsi e mollare qualcosa. E lei  lo ha fatto. E tra le cose lasciate anche il suo blog...È fortunata, d'estate può permettersi di lasciare andare alcune cose. E il tempo per vivere da mamma si dilata.
Ma ora è tornata e ispirata dal blog di www.mammamogliedonna.it  ha sentito il desiderio di scrivere l'elenco delle 100 cose che ama. Perché quello a cui pensi catalizza emozioni dello stesso colore...

Quindi, di getto, ecco qui:

1- Amo gli occhi di mio figlio, sono occhi che ho sempre sognato. E sono arrivati così, come li avevo pre-visti.
2- Amo entrare in libreria e spiluccare tra i libri, toccare le copertine lisce, annusare le pagine nuove. Scegliere  un libro perché è lui che sceglie me.
3- l'espressione di mia madre quando apre la porta e va incontro al piccolo A
3- mio padre che gioca a calcio  con il piccolo A, perché nessuno lo ha mai convinto prima a calciare una palla
4- la montagna, specialmente quella nuda, quella alta, solo di roccia
5- i miei fratelli e la nostra complicità
6- le vacanze sulla Riviera Romagnola, i bomboloni, gli ombrelloni, la piadina
7- l'emozione del piccolo A quando papi torna dal lavoro
8 - fare colazione al bar,  rigorosamente da sola
9-  mio marito, quando mi guarda e mi dice "Sei bella", anche i giorni che sono sgarrupata
10-  traghettare verso la Sardegna assaporando le vacanze
11- Gardone Riviera, il mio porto di quiete
12- le coccole sul divano con mio marito prima di dormire
13- i temporali, i fulmini, i tuoni
14- il mare in tempesta
15- tuffarmi nel mare azzurro
16- la fatica mentre cammino in montagna
17- l'intimità con i miei amici di infanzia
18- i miei che si telefonano ogni anno per ricordarsi il giorno in cui si sono conosciuti nonostante sia una vita che sono separati
19 - ridere fino alle lacrime
20- i romanzi romantici
21- il Natale, fare l'albero, il presepe e godermeli ogni sera
22 - saper benissimo che sta per scoppiare un sorriso sul viso di un amico
23- il profumo dell'erba tagliata
24- la morbidezza
25- i baci
26- il mio lavoro, i miei libri, i miei appunti
27- il cammino di Santiago
28- la familiarità del mio quartiere
29- il profumo del gelsomino
30- annusare il piccolo A mentre dorme
31- ricordare i primi momenti quando è venuto al mondo
32- giocare ai super eroi
33- stupirsi ogni volta che rifletto sul fatto di essere madre. A volte ancora non mi sembra vero
34- i piedi a salsiccia , le mani morbide, i capelli biondi di A
35- le  polpette
36- l'allegria della mia big family intorno alla tavola la domenica a pranzo
37- cantare in macchina a tutto volume
38- guidare
39- le chiacchiere in macchina a fine serata, che diventano più lunghe della serata stessa
40- le coincidenze
41- ricevere fiori per il mio compleanno
42- le cicale d'estate
43- la neve
44- gli scivoli d'acqua
45- il piccolo A che mi abbraccia prima della nanna
46- osservare A mentre non se ne accorge e scoprire che tipo è
47- guardare le fotografie, sorridere e piangere
48- ricordare con gli amici gli episodi che sono diventati i mattoni della nostra amicizia
49- i racconti di mio padre sulla sua infanzia
50- la concretezza di mia madre
51- raccontare alla mia nipotina Ga la mia giovinezza e lei con gli occhioni blu che mi ascolta
52- camminare
53- i grattini sulla schiena
54- le giornate che si allungano e la primavera
55- le sciate con mio marito
56- il mio zaino
57- i concerti in prima fila
58- la telepatia con alcune persone
59- il vociare di A e le sue cuginette  che ci dicono che la vita avanza
60- svegliarmi presto la mattina
61- la messa con le chitarre
62- l'emozione della partenza
63- riabbracciare al mio ritorno
64- il mio taglio cesareo sulla mia pancia, un sorriso cicatrizzato
65- i riposini nei caldi pomeriggi estivi
66- il mio maestro di tango per tantissimi motivi
67- i percorsi sugli alberi
68- incontrare per caso persone lontane che sono sempre comunque vicine
69- le margherite che A raccoglie al parco e poi mi dice "per te mamma!"
70- la dolce malinconia di mio padre e il suo senso dell'umorismo
71- la reale irrealtà di quello che accade sul palcoscenico quando vado a teatro
72- il sorriso bianco e largo di mio marito
73- chiacchierare o chattare con le mie amiche saltando di pal in frasca
74- le infradito d'estate e i vestiti leggeri
75- lo psicodramma
76- gli ottimisti e le persone che dispensano leggerezza e fiducia
77- il sabato e la domenica mattina
78- il profumo di casa mia
79- mia madre che quando fa le scale canta sempre anche se è stonata
80- la caparbietà di mio marito
81- i giorni in cui mi sento bella
 82- l'azzurro
83- la nebbia
84- la voce di A, le domande che mi fa sul mondo, la sua spontaneità
85- la pelle abbronzata
86 - piangere disperata per un film d'amore
87- un bicchiere di rosso in buona compagnia
88- "Il Signore degli anelli" "L'eleganza del riccio", i romanzi di Marcela Serrano, le
poesie di Alda Merini
89- i silenzi pieni
90- le cene di classe come se fosse ieri
91- il calore delle case arredate da mia fratello
92- guardare i miei fratelli diventati zii preziosi per A
93- ricordare gli amici che sono andati via troppo presto
94- rileggere i miei diari segreti
95- fare la pizza la domenica
96- la sera, fuori dal rifugio in montagna, con l'aria frizzantina, il cielo stellato, gli amici a condividere
97- il gelato gusto pinolata
98- le mie amiche mamme
99- le domeniche casalinghe con il camino acceso
100- cappuccio e brioche

E adesso prova anche tu! Fa bene alla salute

giovedì 12 giugno 2014

Pausa vacanze..

Per chi non lo sapesse A e la mamma sono al mare. Per scelta senza tablet, per disintossicarsi un po'. Per fare le vacanze come una volta, con le riviste di gossip sotto l'ombrellone. La mamma di A sta cogliendo la vita intorno a lei, e appena potrà vi racconterà. Se volete seguirla, qualche pillola di vita quotidiana la sta scrivendo sul suo profilo fb Il Tè delle Mamme..
A presto .. Piccolo A e la mamma

martedì 27 maggio 2014

Domande esistenziali

Mattina. In macchina. Verso l'asilo.


"Mamma perché il nonno A non scende mai?"

(Il nonno A è il nonno paterno di A. A non lo ha mai conosciuto di persona, ma gli hanno parlato molto di lui.)

"Perché il nonno ora vive in cielo, è un angelo e gli angeli vivono in cielo. Però lui ci guarda, ci protegge dall'alto"

Silenzio e sguardo rivolto verso l'alto.

"Mamma dov'è la porta per entrare in cielo?"

"Amore veramente non lo so, immagino che si possa entrare dappertutto. Non ci sono mai stata. Solamente in aereo, ma non è la stessa cosa, il paradiso è più in alto, dove c'è l'azzurro più bello"

"Perché non ci sei mai stata?"

"Perché per ora il mio posto è sulla terra, devo imparare ancora tante cose, stare con te e le persone a cui voglio bene, esplorare...Quando morirò saprò come è il cielo perché il mio posto diventerà il cielo"

"Posso venire con te?"

"Un giorno ci saremo tutti insieme però adesso sei un bambino e devi pensare a crescere e a essere felice"

"Ok"

Fine prima parte. La mamma sorride. I bambini ti aiutano a vedere tutto con più serenità.


Secondo round.

"Mamma ma quando ero nella tua pancia ti facevo male?"

(Evidentemente la macchina concilia le domande esistenziali)

"No amore, eri piccolino, stavi dentro di me al calduccio, ogni tanto per giocare mi davi i calcetti e allora io ti dicevo "Biricchino cosa fai?"

Lui ride e la sua bocca si spalanca, c'è tutto il segreto della vita in quella risata!
Poi torna serio.

"Ma quando sono uscito ti faceva male?"

" Mi hanno fatto un taglietto nella pancia e un po' si, mi ha fatto male, ma ero talmente felice di conoscerti che il male me lo sono dimenticata"

Lui ha un sorriso soddisfatto, di quelli che nascono da dentro, pieni.
E la mamma di A affronta la giornata più felice.

Si dovrebbero filmare tutti questi momenti di grazia. Per fortuna la mamma di A, per queste cose, ha una memoria incredibile.

giovedì 22 maggio 2014

Mamme al lavoro . Il profilo della mamma-candidata ideale

Con grande pazienza sa gestire il tempo in attesa di avvenimenti che possono accadere anche nove mesi più tardi. Sa quindi non essere impulsiva e riconoscere il valore dell'attesa.
Sa gestire e scendere a patti con grandi cambiamenti, fisici e psicologici che metterebbero a dura prova anche l'uomo più addestrato.
È in grado di sopportare il dolore, anche quello più lacerante e di affrontare la paura del dolore stesso e la paura che accompagna le grandi prove.
Conosce la possibilità di uscire da un pensiero egocentrico per mettere in primo piano il bene di un altro essere umano. Con grande generosità, altruismo e dedizione.
Sa gestire lo stress legato alle intrusioni nella sua sfera intima e personale delle persone che credono di saperla più lunga di lei sull'accudimento di ciò che le è più caro. Ha sviluppato grandi competenze diplomatiche oppure fini strategie comunicative per rimettere tutti al loro posto.
È in grado di sopportare lunghi periodi di veglia, rumori molesti nel cuore della notte, lo scardinamento completo del ciclo sonno-veglia. Ha maturato grande creatività nel relazionarsi con esseri umani che pur rimanendo sempre se stessi cambiano abitudini, taglie di vestiti, bisogni fondamentali almeno ogni tre mesi. Sa gestire la frustrazione legata a un improvviso impoverimento della sua vita sociale, ricostruendo rapporti nuovi con persone a lei ora affini.
È multitasking e sa conciliare più ruoli, anche molto diversi, nell'arco delle ventiquattro ore. Sa prevedere e quindi programmare al meglio l'organizzazione della giornata sapendo cogliere intuitivamente i bisogni di chi le vive accanto.
È in grado di selezionare oggetti di utilità sociale e familiare studiando alla perfezione il rapporto qualità prezzo. È quindi in grado di svolgere fini analisi di mercato.
Apprende velocemente le lingue, grazie a un difficile ma gratificante corso intensivo con un piccolo alieno del quale nessuno conosce l'idioma. Ma lei lo sa decifrare e comprendere alla perfezione.
Ha un'ottima capacita di gestire le emozioni, maturata dopo un duro training di sbalzi ormonali.
Ottima apertura mentale, riesce ad essere contemporaneamente interessata e coinvolta in attività ludiche, domestiche, lavorative, informatiche e sociali.
Fisicamente attiva e dotata ha sviluppato solidi bicipiti grazie a un costante sollevamento pesi, anche nelle ore notturne. Attiva nella corsa e nella rincorsa grazie all'abitudine quotidiana di inseguire piccoli nanetti agitati.
Per nulla schizzinosa, maneggia con stoicismo sostanze che creano ribrezzo ai più.
Sa gioire di piccolissime cose, valutare solo ciò che è più importante ed essenziale eliminando gli sfronzoli.

E più di tutto, è capace di amare, di donare quell'Amore che fa girare il mondo nel verso giusto.

Queste solo alcune delle complesse competenze maturate da una donna nel diventare madre. E che nessuno abbia più il coraggio di affermare che la maternità taglia fuori dal mondo del lavoro sottraendo capacità. La verità è che nessun corso di formazione, training on the job, stage o tirocinio potranno  mai uguagliare la completezza di una maternità.

lunedì 5 maggio 2014

Quattro punti, per vivere la tua storia

Punto uno:
Scendi dal palcoscenico, siediti in platea e guarda la tua storia. Sii lo spettatore degli intrecci dei quali  fai parte, osserva le dinamiche relazionali nelle quali vivi. Prova a vedere le responsabilità che hai nel far accadere le situazioni in cui sei.   Guarda che ruolo hai, che ruolo ti danno. Se vivi con il  tuo costume di scena perché te lo senti addosso o se stai vivendo con l'abito sbagliato, che ti ha messo qualcun altro. Ti piace la storia che vedi? Il regista sei tu? Se non sei tu allora chi è? Cosa provi guardandoti? Che emozioni? Ti vuoi bene? Ti piaci? Sorridi? O provi rabbia, o pena. O tenerezza, o malinconia? Che titolo dai alla tua storia?

Punto due:
Torna sul palcoscenico, riprendi il tuo posto, riparti con le tue battute. Facendo tesoro di quello che hai imparato di te, guardandoti da là, dal fondo del teatro, nella penombra. Non sarà semplice. Spiazzerai gli altri attori con parole e gesti che non si aspettano. Dovranno quindi cambiare la loro parte, e non vorranno, e cercheranno di metterti in bocca le battute tue solite per lasciare tutto com'era. Vorranno rimetterti l'abito di cui ti sei spogliato. Il cambiamento fa paura. Il cambiamento è faticoso.  Oppure abbandoneranno la scena, farneticando  che non ti riconoscono più. Solo chi vedrà nei tuoi occhi una luce nuova, chi riconoscerà la tua vitalità ritrovata, chi gioirà  della tua gioia, godrà di questa nuova storia insieme a te.

Punto tre:
Ascolta le tue emozioni. Di qualunque genere, colore, intensità siano. Dagli forma, chiamale per nome. Ascolta cosa ti dicono. Conoscile. Prendile per mano. Fatti guidare, sanno cosa ami, cosa fa per te. Cosa é invece lontano da te. Poi Educale, portale dove vuoi tu. Che siano la tua energia e non il tuo freno.

Punto quattro:
Guardati allo specchio. Scopri chi sei, cosa vuoi. Riconosci il tuo volto. Con lo stesso stupore ed entusiasmo di quando ritrovi lo sguardo di un amico caro che non vedevi da tempo.
Sorridi, amati e poi ridi. Ridi più che puoi di tutte le tue inutili paure, ansie, limitazioni. Ridi della stupidità con cui per anni ti sei truccato da altro per piacere a tutti lasciando spegnere i tuoi occhi.  Ridi di gioia perché quello che vedi sei tu, e solo tu puoi vivere la tua vita. Solo tu. Se vorrai... Se vuoi.

sabato 26 aprile 2014

La pioggia nel pineto, anche se piove non significa che non ci sia il sole

Non ci crederesti mai, e qualche anno fa anche  la mamma di A avrebbe pensato che fosse impossibile. Ma è così! Si sono incontrate grazie a un social, il loro primo incontro un incontro virtuale.. Poi la storia è venuta da sé, il feeling viaggia anche online, ti fa volgere lo sguardo verso qualcuno in particolare in mezzo all'universo relazionale.

Una a fianco all'altra semplicemente camminano, in mezzo al bosco, tra le colline, nel tempo che si ritagliano tra il lavoro, la casa, i figli, la famiglia.

Camminano e parlano, parlano, parlano saltando da un argomento all'altro con la maestria e la velocità che solo le donne conoscono.
Parlano di cucina, di figli, mariti, viaggi, vacanze, storie passate, storie recenti. Condividono dubbi, risate, paure...

E camminano, una a fianco all'altra, salutano le persone che incontrano, sberleffano chi privo di fantasia gli suona il clacson...

I colori sono ogni giorno più caldi, i profumi più accessi, la primavera si sta trasformando in estate.
Sullo sfondo un angolo di cielo è blu scuro, gorgoglia minaccioso ma sembra lontano.

Una goccia è un presagio. Ma anche il presagio sembra lontano.
Il rumore delle foglie non mente e la pioggia arriva improvvisa, fresca, fitta, divertita.

Qualcosa che le fa smettere di parlare l'hanno trovata: l'acqua.

Non camminano più... corrono come bambine. Corrono e ridono. Corrono e si chiedono come possono arrivare fino a casa. Corrono e ascoltano l'acqua sulla loro pelle, sui loro vestiti, sui loro capelli. E si sentono libere, belle, leggere. Protagoniste di una poesia...

"Piove su le tue ciglia nere
    sìche par tu pianga,
    ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alvèoli
con come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione." (La pioggia nel Pineto. Di Gabriele D'Annunzio)

(Grazie a Ma che poi è venuto a salvarle, perché anche se la situazione è stata poetica e  divertente, mancava davvero troppa strada per arrivare a casa.
 E grazie a queste tre donne che hanno saputo ridere e godere di un momento di pioggia incessante.
È anche questo che le rende preziose!)

sabato 19 aprile 2014

"Non fidatevi di nessuno, state attenti, lamentatevi di quanto sia brutta la vostra vita, delle sfighe, dei malanni, di quanto gli altri siano cattivi con voi. Non badate alle cose belle perché tanto durano poco, concentratevi ansiosamente su ciò che non vi piace e su ciò che vi spaventa. Vivetela cosi la vostra vita!"

Avrebbe potuto lamentarsi di essere nato in una famiglia povera che non gli permetteva lussi, shopping, comprarsi ciò che voleva. Una famiglia che faceva fatica ad arrivare a fine mese.
Avrebbe potuto raccontare della "sfiga" incredibile di non essere potuto nascere in un buon ospedale al sicuro e al caldo, ma di essere nato al freddo, in una stalla, con la sua mamma che nella solitudine e nella paura aveva affrontato un parto.
Avrebbe potuto dire che da subito il mondo non lo voleva, e che addirittura un rè, Erode, voleva farlo fuori e aveva commesso una terribile strage di innocenti pur di essere sicuro di averlo eliminato.
Avrebbe potuto decidere di vivere da solo, o con i suoi amici fidati, predicando che il mondo faceva schifo visto che ovunque andasse c'era qualcuno che lo voleva mettere alla prova, o incastrarlo, o screditarlo, o usarlo per i propri scopi.
Avrebbe potuto smettere di credere nell'amicizia e non fidarsi  mai più di nessuno dopo l'esperienza con Pietro, il suo migliore amico, che alla prima occasione lo aveva rinnegato e lasciato solo.
Avrebbe potuto odiare Giuda, che per trenta denari lo aveva venduto ai suoi carnefici.
Avrebbe potuto piangere e disperarsi per l'accanimento con cui lo torturavano, schernivano, si prendevano gioco di lui. E pensare che per questo l'umanitá facesse schifo e non si meritasse nulla.
Avrebbe potuto gridare a suo Padre lo scempio con il quale lo avevano umiliato e chiedere vendetta.
Avrebbe potuto avere tutte le buoni ragioni, una volta resuscitato, di tornare dai suoi fidati, fargli una ramanzina come si deve e lanciare un messaggio al mondo:
"Non fidatevi di nessuno, state attenti, lamentatevi di quanto sia brutta la vostra vita, delle sfighe, dei malanni, di quanto gli altri siano cattivi con voi. Non badate alle cose belle perché tanto durano poco, concentratevi ansiosamente su ciò che non vi piace e su ciò che vi spaventa. Vivetela cosi la vostra vita!"

Invece Lui ha perdonato tutti, ha trasformato la morte in vita, ha detto di amare il prossimo come se stessi.

Che tu sia credente o no, poco importa. I Grandi uomini, se pensi che Gesù sia solo un uomo, hanno moltissimo da insegnare a tutti.
E la mamma di A, mentre giovedi sera assisteva alla lavanda dei piedi, con il piccolo A affascinato e curioso, pensava a quanto tempo è sprecato a parlare di tutto ciò che non va riempiendoci di emozioni negative. In una giornata quanto il tempo dedicato a lamentarci di questo o di quello. Quanto poco spazio invece a godere di ciò che abbiamo, di ciò che amiamo, di ciò che desideriamo, di ciò che possiamo. E tutti i "Gesù" del mondo, che vivono nella sofferenza più cruda, avrebbero il diritto di venirci a prendere a calci nel di dietro.

Quindi Buona Pasqua a tutti da A e la sua mamma.
Apriamo le orecchie, il cuore e la bocca per ascoltare, sentire e dire parole che sanno di luce e di gioia. Non perché dobbiamo essere buoni, ma perché ne va della nostra vita!

domenica 6 aprile 2014

La vita poi risponde... ( anche a quel prof di mate che ti ha segato le gambe)

"Accadono cose che sono come domande. Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde"
Alessandro Baricco

La mamma di A, quando tanti anni fa ha letto questa frase, ha sentito subito che era proprio cosi. E più di una volta le è accaduto che pezzi di vita che le sembravano lasciati in sospeso, poi tornassero, inaspettatamente,  aiutandola a capire il significato più profondo di tutto quello che le era successo prima. Oppure incontri, avvenimenti, coincidenze che, anche a distanza di anni, arrivano e gettano squarci di luce sul passato. A volte invece episodi che credeva avessero avuto un punto di fine, ritrovano un finale più adatto e di soddisfazione. Come le è successo oggi...Ma facciamo un passo indietro.

Oggi la super nonna G ha compiuto settant'anni. Un 'etá in cui é sicuramente più il passato che il presente, un'etá in cui  vedi ciò che hai seminato. I frutti della nonna G erano tutti intorno a lei oggi. Una bella e allegra tavolata di persone tra le colline della Franciacorta. Persone che la amano, la stimano e che sanno che tutto il calore che la circonda arriva dalla sua forza, dal suo coraggio, dalla sua capacità di trasformare anche le avversità in occasioni. Occasioni di amore, di pace.

Facciamo altri passi indietro...
La mamma di A era una studentessa del liceo scientifico nonostante la sua attitudine per le materie umanistiche e un amore-odio per le materie scientifiche. In particolare il suo rapporto con la matematica era ambivalente. E troppo scostante. Cosi navigava a vista sulla soglia della sufficienza. 
Poi un giorno arrivò un uomo grande e grosso, che le faceva una paura incredibile, ma grazie a lui scoprì che in matematica qualche talento ce l'aveva, e anche in fisica. Questo può succedere se un insegnante ha talento nel suo di lavoro.
Purtroppo il gigante buono che sembrava cattivo se ne andò, e l'anno successivo arrivô lui: "l'uomo medio".
Nessuna emozione, nessuna relazione, nessun coinvolgimento. La media aritmetica la sua unica strategia. La mamma di A a pelle era insofferente a questo modo di prendere la vita e l'insegnamento. Nessuna virgola fuori posto, nessuna pennellata colarata o sbavatura. Tutto nelle regole. E la mamma di A ricominciò a navigare a vista sulla sufficienza.
Arrivò la fine dell'anno, dell'ultimo anno. E la mamma di A, per essere più che sicura di avere un bel sei stiracchiato in pagella per l'ammissione all'esame si fece interrogare. Esercizi alla lavagna. Tutto bene, anzi benissimo.
"Mamma di A, interrogazione da sette, ma a te il sette non ti serve, hai comunque la media del sei. Ti metto sei"
A parte la morte del senso di una valutazione usando il verbo "serve o non serve". Ma perché se merito sette mi scrive sei? Questo naturalmente non lo disse la mamma di A, le mancavano ancora alcuni anni di esperienza e di sicurezza in se stessa per poter rispondere in quel modo.
Riuscì solamente a dire, qualche giorno più il là, un po' stizzita "Finito il liceo con la matematica ho chiuso visto che mi iscrivo a psicologia". Ma lui, "l'uomo medio": " La facoltà di psicologia ha come minimo un esame di statistica!" . Colpita e affondata mamma di A.

Un paio di anni dopo, il giorno in cui sui tabelloni dei risultati dell'esame di statistica lesse "Mamma di A 30 e lode", la mamma di A non poté, sorridendo, pensare al suo prof. di matematica. Colpita e affondata col cavolo! La vita sembrava aver risposto.

6 aprile 2014. La nonna G compie 70 anni. La vita le ha risposto, basta guardare il giardino che ha coltivato intorno a sé. 
Sul far della sera,  prima di salutarsi, fanno una foto di gruppo, una di quelle che poi andranno sul pianoforte della nonna G, insieme agli altri caldi ricordi. La mamma di A si avvicina a un altro gruppo di commensali, anche loro vicini ai saluti. "Scusate potete farci una fotografia?". E lui si gira, si alza e va verso la mamma di A. Il prof di matematica. "Ma lei é il mio prof del liceo!" esce spontaneo alla mamma di A. Lui la guarda un attimo perplesso, poi  la riconosce e le chiede come sta. "Non eri molto brava nella mia materia ricordo bene?" " Viaggiavo sulla sufficienza con lei, è all'universitá che poi ho scoperto di poter prendere trenta e lode in statistica". Ecco, capitolo chiuso, la vita ha risposto. La mamma di A ha pensato alla frase di Baricco, si é messa in posa insieme alla sua famiglia e ha sorriso di gusto. 

sabato 5 aprile 2014

La fase dei no!

Ed anche il nanetto biondo è entrato nella fase dei "No".
Nella fase in cui vuole conquistare la sua prima indipendenza.
Defferenziarsi da mamma e papà.
Provare a vedere la sua incidenza sul mondo.
Esserci.

Lui in svariate occasioni le ha detto:
"Non mi fai paura niente"
"Ciao! allora io vado via da te"
"Io faccio quello che voglio"
"Allora non sono più il tuo cucciolino"
 "Mamma sono stufo di te"
"Non gioco più con te ai supereroi!"

La mamma di A prova tenerezza per questi tentativi "bellicosi" di prendere le distanze.
La mamma di A, soprattutto se é stanca, sente l'impazienza che sale e il nervosismo che la pervade.
La mamma di A vuole gestire la sua rabbia e non "vomitarla" rovinosamente.
La mamma di A prova a fare quello che le ha insegnato il suo meraviglioso lavoro, cioè prova a fare inversione di ruolo, si mette nei panni di A e prova a dar voce a quello che lui sta provando, aiutandolo a dar forma alle sue emozioni.

La mamma di A pensa che non dobbiamo aver paura dei sentimenti dei nostri figli. "Tu chiamale se vuoi emozioni", aveva detto un grande cantautore.
La mamma di A pensa che se queste parole pronunciate dai bambini ci colpiscono duramente è perchè in noi c'è  qualche "cicatrice" su cui vanno a scavare. I bambini usano il loro colorato e sintetico vocabolario, che ci vogliano un bene immenso non è da mettete in discussione. Che invece possano provare nei confronti dei genitori forti sentimenti di rabbia è chiarissimo ( e tu mamma guarda in fondo al tuo cuore perché anche a te è successo di non sopportare più tua madre o tuo padre  continuando ad amarli come sempre).
La mamma di A pensa che non ci siano ricette preconfezionate per rispondere ai loro attacchi ma che come un fiume tumultuoso ha bisogno di un letto e di argini forti per essere contenuto e per esistere come fiume, cosi i nostri bambini hanno bisogno di genitori che li aiutino a contenere, capire e gestire le loro emozioni. Non si possono reprimere le emozioni, se ci sono ci sono. Aiutiamole a prendere forma. E guardiamoci dentro per guardare in faccia le nostre. Solo cosi possiamo fare pace com esse!

mercoledì 2 aprile 2014

Una mamma in vacanza (di lavoro)

Capitolo Primo : UNA MAMMA HIPPIE
"Mamma di A che valigia usi per andare a Venezia?"
"Papà di A non serve una valigia per soli due giorni"
" Allora prendi il trolley che è più comodo..."
"No, prendo il MIO zaino..È con questo spirito che faccio questo piccolo viaggio"
"Piccolo A hai una hippie per mamma"

Capitolo Secondo: L'ALBA
La mamma di A non è mai stata una dormigliona ed è innamorata della mattina. Ma la sveglia alle cinque è una bella botta. Guarda i suoi due uomini che ancora sognano belli...Hanno dormito tutti e tre insieme nel lettone come piace ad A (come piace alla mamma e al papá). Li bacia e poi annusa  A. E pensa a come sono cresciuti entrambi, lei e il suo cucciolo, pronti ormai a vivere anche un po' lontani. La mamma di A indossa il suo zaino ed entra nel silenzio delle strade da poco illuminate dal sole.  Camminare. Silenzio. La primavera sugli alberi. L'inizio di un viaggio. La memoria a tutti i passi, a tutti i sentieri percorsi. E ritrovare quell'emozione di voglia e curiosità e libertà che accompagna ogni nuovo viaggio.

Capitolo Terzo: IL TRENO
Metti la mamma di A su un treno, sulla linea Milano-Venezia, e ascoltale il cuore mentre dal finestrino riconosce i paesaggi che l'hanno accompagnata per cinque anni quando viveva da studentessa   universitaria a Padova. Ascoltale il cuore e sorridi con lei, anche se non c'eri...da come le si muove il cuore puoi farti un'idea di che anni siano stati.

Capitolo Quarto: VENEZIA
La mamma di A è arrivata, scende dal treno. La sta aspettando il sole e una meravigliosa Venezia. Si siede sulla scalinata della stazione e sta lì a guardare. Le cose belle riempiono di bello.

Capitolo Quinto: GLI AMICI
La mamma di A guarda Venezia e aspetta i suoi amici. Se con loro hai condiviso lo stesso gruppo di psicodramma vuol dire che sono amici che sanno tutto di te, o almeno tanto, tantissimo. E non riguarda solo le cose che fai. Anzi, è un po' che la mamma di A non sta con loro e si  sono persi reciprocamente molti pezzi di storia. Loro sanno come funzioni, come guardi il mondo, che emozioni e sentimenti senti, come ti muovi nella tua vita, cosa ti piace e cosa ti fa paura. Loro conoscono le pieghe della tua anima. Loro sanno chi sei, nel bene e nel male. Perché condividere un palcoscenico di psicodramma vuol dire essere visti e farsi guardare senza nascondersi. Si chiama fiducia!
Alla mamma di A sono mancati molto, non vuole più perderli nella banale quotidianità.

Capitolo Sesto: LO PSICODRAMMA
Il motivo dichiarato di questo breve viaggio è un  convegno di psicologia, o meglio di psicodramma. La mamma di A ritrova i suoi maestri e vicino a loro si sente cresciuta. Nel suo lavoro non si finisce mai di imparare e scoprire.  La mamma di A è felice di dove ha scelto di andare. Della professione che ha scelto di vivere.

Capitolo Settimo: IL LIUTAIO
E siccome tutto il weekend è un susseguirsi di incastri perfetti di incontri, persone, momenti, posti, atmosfere, parole. Non poteva mancare un tocco di poesia. Il loro bed and breakfast è gestito da un liutaio. Al piano terra il suo affascinante laboratorio profuma di legno e di strumenti musicali. E un grande glicine fiorito, sulla muraglia, risuona di un'estate vicina.

Capitolo Ottavo: LA PROVA
La mamma di A sente di essere stata bene e che vivere del tempo tutto per sè riempiendolo di emozioni piene è prendersi cura di sè, volersi bene. Non sia mai che predichi bene e razzoli male. Il piccolo A e il papà di A sono stati benone, hanno fatto un weekend "tra uomini". Si sono divertiti. Hanno giocato e fatto insieme tutto. Anche le mamme devono farsi un  po' da parte e mollare la loro ansia da onnipotenza e onnipresenza. Per non lamentarsi sempre di avere tutto sulle loro spalle le mamme devono imparare a fare qualche passo indietro. Lasciare il campo libero, togliersi un po' dal gioco. Scrollandosi dalle spalle i commenti di chi prova, anche in buona fede, a farle sentire in colpa. Mettendosi una mano sul cuore se al rientro la  casa è, diciamo così, disordinatamente creativa. Preparandosi  all'euforia del loro  bambino quando le vedrà rientrare dalla porta: tanta gioa ed eccitazione faticosamente da contenere. 

lunedì 24 marzo 2014

Se la mamma fa la strega cattiva...

La mamma di A ha una passione speciale per questi giochi perchè si ricorda benissimo quando li inventava lei da bambina e anche perchè, in un modo diverso, ci "gioca" anche per lavoro: i giochi di ruolo. Nessuno li insegna ai bambini, la loro spontaneità e creatività li fa emergere naturalmente..fanno finta di essere qualcun altro o un personaggio fantastico e intrecciano storie che non hanno un copione stabilito. Le trame nascono in quel preciso istante, ciascuno con la sua parte inventa un pezzo di mondo sperimentando ruoli nuovi, nuove possibilità. Quanto sono spontaneamente intelligenti i bambini? A volte cominciano con "Facciamo finta che..". Oppure in certi momenti uno degli attori si improvvisa regista, ferma il gioco per un attimo, dà una nuova svolta alla storia, dice agli altri petsonaggi cosa devono fare " Tu dicevi che..." "Tu allora facevi cosi..." ( e usano sempre i verbi all'indicativo imperfetto).
A casa del piccolo A, da un po' di tempo, la sera, dopo cena, è nato un rituale...si fa un gioco di ruolo che dopo varie varianti ha ora preso una forma  definitiva. "Mami giochiamo ai super eroi? Ti vai a nascondere?". Sappiate che le parti le ha assegnate lui e che il gioco è nato da lui. I suoi genitori ci si sono tuffati dentro perchè si divertono come matti. Quindi, ricapitolando, in ordine alfabetico i personaggi sono:
Il papà di Spiderman interpratato dal papà
Spiderman interpretato dal Piccolo A
La strega cattiva interpretata dalla mamma

La strega cattiva va a nascondersi, al buio, e non vi immaginate come deve trattenere le risate quando trova nascondigli nuovi e si immagina la faccia del papà di Spiderman quando la vedrà lì: come sdraiata nella vasca da bagno o schiacciata sotto le coperte del lettino di A.
Spiderman e il suo papà cominciano la caccia e quando la trovano..."Ta taaaa".. comincia il combattimento a suon di " Raggio di luceeeee" " Ragnatela rossaaaaa" " Pugno forteeee" " Cristalli splendentiii" e chi più ne ha più ne metta. Tutto corredato da una mimica fantastica stile cartoni animati giapponesi anni ottanta. Un po' cade per terra la strega, un po' Spiderman o il suo papà. Ma quando cade  quest'ultimo, grazie al "Potere della forza" che scaturisce dalle manine di Spiderman che fanno le carezze, il papá guarisce. Infine Spiderman sferza un'arma talmente potente che la strega perde tutta l'energia e cade sul letto esausta. Allora Spiderman le dá un bacio e grazie al "Potere della bontá" la trasforma in una fatina che lo abbraccia e lo ringrazia di averla fatta rinascere buona.
Il gioco é chiaro che si fa più e più volte, ciascuno ci aggiunge una variante, un cambio programma, "un'arma nuova".  "Adesso ancora una volta!" dice il piccolo A, con il ditino alzato in segno di esortazione. Poi arriva "L'ultima volta!dai" quasi supplichevole. E poi l'ora della nanna.
 A parte il vicino che abita sotto di loro che si chiederà cosa diavolo stanno facendo, tutti e tre ridono e si divertono con tutti i pori.
Così il piccolo A sperimenta ruoli nuovi, prova empatia quando vuole guarire il suo papá, impara a gestire e a esprimere la sua aggressività verso ciò che lo spaventa e lo minaccia (la strega), sperimenta la possibilitá di cambiare le cose e le situazioni grazie al suo potere, si prende cura della mamma-strega e con l'amore la fa diventare buona, impara ad andare verso le sue paure a scovarle e ad affrontarle, sperimenta la giocositá dell'esserci in prima persona....e tante altre cose..
E loro, i grandi? Loro ritrovano la loro spontaneitá e creativitá e poi si sdraiano più leggeri e contenti sul divano. Come capita spesso è il nanetto biondo che insegna ai suoi genitori qualcosa di nuovo...Buona notte!

mercoledì 19 marzo 2014

Mamma serena, bimbi sereni!

Cara Mamma, 
si tu, proprio tu..che leggi le proposte formative della mamma di A, ne sei incuriosita ma ne hai anche paura.
Sappi che lo so, perchè anche io, sono stata al tuo posto, un po' di tempo fa.
Ero una giovane laureata in psicologia, con tanto entusiasmo, passione e le idee confuse. A quei tempi, dopo la laurea, si doveva svolgere un tirocinio di un anno, seguiti da un tutor, per poi sostenere l'esame di stato e abilitarsi alla professione di psicologo. La mia tutor, dopo avermi osservata per un po', un giorno mi ha detto: "Mamma di A, io ti vedo bene  li, nello psicodramma...vai a metterci il naso". E cosi ho scoperto subito che lo psicodramma non significa quello che sembra ( ovvero non centra nulla con i drammi o le tragedie), e che lo psicodramma è il Mio strumento e metodo di lavoro. La Mia pelle, il Mio vestito. Amore con la A maiuscola. Quando uno specchio fatto bene, ti cambia la vita. Lei mi ha guardato, mi ha vista, e mi ha  detto cosa ha visto di me. Grazie a questo io faccio un lavoro che amo, in cui credo, che mi fa stare bene! Ma non dimentico l'emozione della prima volta. L'emozione di partecipare a una sessione di psicodramma. Cosa mai sará questo dramma? Mi chiedevo. Psico deriva da Psiche, ovvera anima, mente...Dramma da drama ovvero azione. Quindi: La mente in azione! Ma che cosa fantastica la mente in azione! E cosi ho sperimentato per la prima volta l'ansia che se ne va, e la spontaneitá che sgorga. Il confronto con il gruppo senza nessun tipo di giudizio. La possibilitá di parlare ed essere ASCOLTATA. Il toccare con mano che anche se diversi abbiamo aspetti ed emozioni in comune, tra cui il dessierio dell'INCONTRO vero e autentico con gli altri. E poi bellissimo, il ruolo dello psicologo. Lontano dalla figura che "sa tutto", che "interpreta". Lo psicologo nello psicodramma si chiama direttore, regista. REGISTA! È uno di noi, con noi, per noi, ma non sopra noi. 
Adesso che sono mamma sento il desiderio di spendere la mia professionalità in nostro favore, per il benessere delle mamme. Perché se stiamo bene noi, se impariamo a conoscerci, a capire e gestire le nostre emozioni allora i nostri bambini possono crescere più sereni e felici.
Spero con queste parole di averti un po' rassicurato e di averti fatto assaggiare  cosa accade nelle mie  serate. Metti via la timidezza, la paura e la titubanza che ti tengono attaccata al rassicurante divano serale. Ascolta la tua curiositá, il tuo desiderio di confrontarti con altre mamme, la tua voglia di guardarti e di crescere. Prenditi del bel tempo per te! Come fa spesso tuo marito. Gli uomini sono più bravi di noi a staccare la spina. Prendiamoli come esempio!
Ti aspetto giá stasera 19 marzo alle 20:00..il titolo é "Quando nasce una mamma".
Per avere più informazioni e per iscriverti mandami una mail francesca.micheletti@alice.it

Si, lo so, non ti aspettavi un post promozionale...ma é un po' che ce l'ho sulla punta delle dita.

La psico-mamma di A!