Cerca nel blog

venerdì 31 ottobre 2014

Lo sguardo di un padre

Le botte di autostima possono arrivare all'improvviso.

Una mattina di imprevisti che alla fine l'hanno portata li.
È andata a trovare suo padre, il nonno Lo.
Chiacchierano e la mamma di A vuole fotografare dei mobili che le piacciono molto perché il nonno Lo ha un negozio di arredamento.

"Siediti sul divano, la fotografia te la faccio io"


"No papi! Non voglio essere fotografata ..."

"Perché no?"

" No non mi sento in forma oggi, non sono bella"

Si fa serio.

"Come non sei bella! Sei bellissima! Non voglio sentirti dire queste cose"

" Non tutti i giorni sono uguali papà  e oggi non mi sento molto carina"

" Invece sei sempre bella!"

Ogni scarrafone.....

Però che tenerezza lo sguardo di un padre.

lunedì 27 ottobre 2014

Capricci e rabbia

Sera. Mamma di A stanca. Cena ancora da preparare. Appena rientrati da un bel lunedì pieno.

"Piccolo A vieni che mettiamo il pigiama"

Ma questa sera, a metà delle operazioni di lavaggio e impigiamamento, il piccolo A decide di affermare  la sua autonomia con un bel "No!"
Entra in contrapposizione, non vuole lavarsi i piedi. La mamma cerca di convincerlo  con le buone, lui sguscia via. Inspiegabile capire il perché di questo atteggiamento all'improvviso.

All'ennesimo tentativo la botta..."Mamma sei stupida"
La mamma di A rimane di sasso.

"La mamma ora è arrabbiatissima con te per la parola che mi hai detto. Arrabbiata e triste perché volevo solo farti tornate pulito e profumato. Vado a fare la cena, fai da solo visto che sono stupida"

La mamma di A va in cucina e il piccolo A comincia a piangere disperato dal bagno.
"Mammaaaaaa scusa! Mammaaaaa Scusa!"

La mamma lo lascia in po' in ammollo nel suo brodo, poi torna in bagno, è il momento di dare significato a tutto quello che è successo. Quelle scuse urlate l'hanno fatta  intenerire.

Il piccolo A sta ancora singhiozzano però è tornato collaborativo.
"Guardami negli occhi piccolo A,  ci sono rimasta veramente male per la parola che mi hai detto. Lo so che sei stanco e che vorresti fare tutto da solo. Ma non è giusto usare queste parole nè con me nè con gli altri. Sono parole che fanno stare male le persone"

Lui ascolta attento, serio. Poi quando è pronto corre in salotto sul divano.
Arriva a casa papi e il piccolo A non gli fa la solita festosa accoglienza.

" Che succede? Se arrabbiato?"
"Si!"

" Con la mamma?"
"No!"

"Con me?"
"No!... Con me stesso!"

Le emozioni dei bambini che noi liquidiamo con la parola "capricci" nascondono spesso una profondità di sentimenti importanti. Che vanno accolti e rielaborati con loro.
Per aiutarli a sapersi leggere dentro, per aiutarli a conoscere le proprie emozioni e non sentirsi in balia di esse, per aiutarli a sentire quali stati d'animo possono provocare negli altri.
Sono le basi del l'intelligenza emotiva. Difficile? Si, di più! Ma indispensabile prendersi cura del loro mondo interiore. Loro sono piccoli solo di statura.

mercoledì 22 ottobre 2014

Ci sono date...

Ci sono date....

Questa è una: il 22 ottobre

La mamma di A ha una memoria biografica ricchissima.  Si ricorda tantissime cose della sua vita, alcune delle quali non sa nemmeno il perché.

Poi ci sono date che  non puó dimenticare.

Il 22 ottobre di quattro anni fa la mamma di A era in palestra. Aveva appena fatto gli esercizi di respirazione. Era in costume. Stava chiacchierando con le altre donne mentre andavano verso la piscina.

Poi qualcosa si è rotto dentro di lei. Ha guardato per terra e in un secondo nulla era più come prima. Il pavimento bagnato. Le voci che le dicevano di stare calma, di sdraiarsi, di stare tranquilla.

La mamma di A si ricorda di essersi sentita spaventata ma incredibilmente calma. Ha chiamato il papà di A, ha chiamato la zia A, gli ha spiegato cosa era successo, dove la stavano portando. Il mondo intorno a lei era nel caos. Lei parlava alla sua pancia, la accarezzava, le infondeva fiducia, chiedeva ad A di fare il bravo. Di stare li e non lasciarla.

Tutto è andato bene, non sarebbe qui a raccontarlo.

Il piccolo A non è nato a sei mesi come sembrava stesse per fare. È stato al calduccio ancora per due. Poi basta, voleva proprio venire al mondo.
Però ormai erano pronti per aspettarlo...E questa è un'altra bellissima storia.

Il 22 ottobre la mamma di A ha  scoperto cosa significhi affidarsi. Far tutto il possibile e poi doversi  fermare perché nulla dipende più da te. Stare sul confine tra il terrore e la fiducia. Come un equilibrista ed essere attratti più da quest'ultima e voler tenacemente guardarla negli occhi.

Il 22 ottobre la mamma di A ha incontrato altre mamme che come lei non erano più in "dolce" attesa, ma solo in attesa. Di sapere cosa sarebbe successo.

Il 22 ottobre la mamma di A ha sentito il calore di un sorriso in un mare di incertezze. Ha riso con le lacrime agli occhi con le sue compagne di stanza  sfidando la paura. Ha provato un così forte sentimento di umanità, reciproco aiuto, sostegno, solidarietà. E non sapeva che tutto questo poteva accadere in un reparto di ospedale.



La mamma di A pensa ad alcune mamme che non sono state fortunate come lei e alle mamme che hanno partorito "fagottini" che non hanno potuto abbracciare subito.

La mamma di A quando pensa al 22 ottobre sente un grazie enorme da dentro. Perché per quanto buia quella settimana è stata illuminata  da incontri bellissimi.

E tu che stai leggendo lo sai. Ce lo siamo dette che i nostri  bambini volevano essere sicuri di avere delle mamme forti e allora ci hanno messo alla prova.

domenica 12 ottobre 2014

Far sorridere Maria

Ve lo aveva già detto che il piccolo A ha un debole per le chiese.
Questa mattina a passeggio sul lago il piccolo A si è ricordato subito che dietro quella porta ce n'è una.
Ci sono entrati già tante volte e nonostante stessero andado a comprare l'attrezzatura da sci per la quale era euforico , il piccolo A ha voluto fare una deviazione.

E qui sono successe cose:

Primo... non si erano mai accorti dell'esistenza di una piccola stanzetta a destra dell'altare. Questa mattina ne sono stati attratti  senza apparente motivo e nell'entrare la mamma di A si è sentita in difficoltà. La scena macabra: una grande teca di vetro con dentro uno scheletro mal vestito e un'altra serie di teche più piccole con dei  teschi  in primo piano. Reliquie di chissà chi...

"Mamma come mai ci sono i pirati qui?"

La mamma ha trattenuto a stento le lacrime dal ridere, si stava chiedendo come spiegare quella stanza del terrore e invece la soluzione è arrivata da A.

"Non lo so A, si vede che dal lago sono arrivati fino a qui"

Con aria indifferente escono dalla simpatica stanzetta e il piccolo A vuole accendere una candela sotto la statua di Maria.

"Mamma perché è triste?"
"Dici che è triste? Si in effetti ..."
"È triste sta piangendo, ha le lacrime"
"Come sta piangendo ha le lacrime? (Non avrà mica le apparizioni pensa tra sè e sè la mamma con aria divertita/preoccupata")
"Perché mi sta guardando?"
("Oddio ha davvero le apparizioni! Ma no, sarà quell'effetto che hanno le statue che dove ti metti sembra che ti seguano con lo guardo")
"Ti guarda perché sei un bel bambino e a lei i bambini piacciono molto, se le dici una preghiera magari sorride.."

Ecco il piccolo A si mette davanti alla Madonna, si fa il segno della croce, poi mette le mani in preghiera e a bassa voce recita qualcosa che  ha anche fare con il pane bianco. L'avrà imparata all'asilo. Però lui è serio, le mani giunte, il corpo eretto, lo sguardo rivolto verso di lei. Da non credere.

E poi finisce la sua parole dicendole "Grazie!"

Si gira e dice alla mamma "Adesso un pochino sorride!"

La mamma di A è uscita dalla chiesa con un misto di stupore, allegria, incredulità.
Il piccolo A si è ricordato invece che lo stava aspettando la sua prima attrezzatura da sci.










giovedì 9 ottobre 2014

Amarti cosi come sei

Non contano più le volte che lo hanno visto, si sa che ai bambini piace riguardare e riguardare la stessa storia. Per questo motivo Toy Story li accompagna spesso la sera prima di andare a dormire. Ma a pensarci bene anche la mamma ama rivedere i film che l'hanno fatta emozionare. Quante volte ha visto "La Storia infinita" negli anni '80? E "Pretty woman" negli anni '90?

Tornando a noi, per chi non conoscesse la storia, in Toy Story i giocattoli sono vivi,  quando sono lontani dagli occhi degli umani. Hanno vita propria,  sentono le emozioni, sono animati da sentimenti. Nella camera di Andy i giocattoli fanno gruppo e hanno come leader Woody, un pupazzo cowboy che è anche il preferito di Andy. Poi la storia prende una piega diversa da quando arriva un giocattolo nuovo, Buzz lightyear, un astronauta di nuova generazione con pulsanti e luci e che naturalmente minaccia la priorità di Woody.
Buzz lightyear però crede di essere vero, pensa di essere un vero astronauta....finchè per caso si imbatte in una pubblicità alla tv dove lo stanno reclamizzando.....

"Mamma perché è triste Buzz?"

"Perché le sue illusioni sono crollate. Ha scoperto di essere un giocattolo, ci è rimasto male"

"Ah!... ma perché fa quella faccia?"

"Perché non se lo aspettava, era cosi sicuro di essere vero che anche quando la realtà gli diceva il contrario lui non voleva vederla e  la interpretava a suo modo. Come quando pensava di volare e non si accorgeva neppure che erano solo coincidenze il fatto di non cadere subito a terra. Spesso i grandi si raccontano bugie e si autoconvincono che siano vere. Pensano che cosi sia più facile."

"............."

" Hai ragione piccolo A la mamma sta parlando in modo un po' troppo complicato. Però guarda, all'inizio Buzz è sconsolato perché scopre di non essere un vero astronauta, ma poi finalmente può essere felice, giocare con gli altri giocattoli, godersi la vita perché  sa chi è. Finalmente si riconosce. Non fa più finta di essere qualcuno che non è"

Il piccolo A rimane con lo sguardo un po' sospeso, non è proprio semplice da capire, non è proprio semplice da spiegare. Ma mentre la mamma ci prova si rende conto di quale grande tema stia trattando il film. Se ne rende conto solo grazie alla domanda fatta dal piccolo A.

E una grandissima fetta di lavoro e responsabilità spetta a noi genitori piccolo A. Con le nostre aspettative, con i nostri desideri irrisolti proiettati e riciclati su di voi. Vi scambiamo per medaglie da portare sulla giacca, medaglie di cui vantarci e rischiamo di appiccicarvi una personalità che non è la vostra. Rischiamo di farvi diventare quello che in realtà non siete. Rischiamo di allontanarsi dalla vostra unicità. Richiamo di farvi vivere in modo non autentico, lontani da voi stessi. E con la paura sotterranea di non essere più amati e di perdere il nostro affetto se non siete quello che noi vogliamo. Che mostruoso ricatto.

Allora piccolo A aiutami a scendere alla tua altezza, a guardarti negli occhi per scoprire chi sei.
Che i mei occhi siano per te uno specchio fedele nel quale guardarti con stupore.
Cosi che se vivrai da A, la tua vita, a prescindere da quel che potrà accadere, sarà una vita piena. E vera.

Ad amarti cosi come sei, anche quando non è quello che mi sono immaginata.