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martedì 25 giugno 2013

Strategie creative, giocando si impara

A ha una grande passione per l'altalena. Al bagno Roma, dove trascorrono le loro giornate di giugno, c' é n' é una che peró é posizionata  sul retro. Non guarda il mare insomma. La mamma di A e A ci passano molto tempo tra filastrocche ( Din, don, campanon...), far finta di mangiare i piedini, "Spingi piú fotte mamma!", ecc. Poi peró basta, la mamma di A vuole tornare in spiaggia e naturalemente A non é d'accordo. Prima comincia la tattica accattivante di elencare tutte le cose bellissime che faranno in spiaggia insieme. Ma in quei momenti niente e nessuno possono competere con un'altalena gialla. Poi la pazienza comincia a vacillare, la mamma di A non ha voglia di scenate isteriche. Basterebbe con decisione sfilare A dal seggiolino e in un paio di minuto  sarebbe tutto risolto. Se non proprio un paio sicuramente in poco tempo. A farebbe la sua scenata, manifesterebbe le sue emozioni di rabbia e contrarietà in sintonia con i suo due anni e mezzo. La mamma dovrebbe contenerlo un po' leggendo il suo stato d'animo, dandogli forma e parola. La mamma dovrebbe anche fare da ponte tra le emozioni di A e  la realtà esterna. Farlo confrontare con i sentimenti che il suo comportamento suscitano nella mamma, scardinare il suo egocentrismo rimettendo paletti e confini che da solo non sa non puó darsi. E dopo questi intesi  minuti di lotta, andare sereni verso il mare. A, un pezzettino piú chiaro e definito come un fiume che cerca di straripare e perdersi nelle campagne, diventando acqua senza forma ma che invece trova un letto con argini sicuri che lo fanno rimanere fiume e calmano le sue correnti. 
Belle parole, ma la mamma di A non ha voglia di fare l'argine. Avrebbe voglia di una soluzione piú soft, meno impegnativa. "A, io vado in spiaggia. Ci vediamo dopo." Dice in modo deciso fingendo di allontanarsi. E proprio in quel momento, una moto nel parcheggio distrae A e la mamma si nasconde, esattamente dietro di lui. Le gambe a penzoloni, la nuca dolce, le manine attaccate alle corde di sostegno, il suo corpicino. Che tenerezza! L'altalena piano piano rallenta. La mamma di A è sospesa tra la dolcezza delle linee del suo bambino, la com-passione verso quello che lui stará provando in quel momento li da solo. C' è silenzio, lui continua a guardare davanti a sé e non dice nulla. La mamma non vede il suo viso, chissá di quale espressione sono pieni i suoi occhi. "Basta, rientro in scena, ancora un attimo e piange", pensa la mamma di A sentendosi un po' in colpa. Ma lui, invece, fa il pugno con la manina, se lo porta all'orecchio e con la sua vocina tranquilla telefona alla mamma "Mamma, ci sei? mi senti! vieni? ok?". " Si pronto amore, ci sono, arrivo, eccomi qua!!!" E con un salto é davanti a lui, si abbracciano e dolcemente sguscia dall'altalena. "Bravo A che mi hai telefonato!". Ridono insieme e quante cose passano in questa risata. Soluzioni creative in situazioni difficili, senza perdere la calma, e dando fiducia a chi ci é vicino. La mamma é arrivata no? Quanto é potente il gioco per conoscersi e provare copioni nuovi? A non lo ha letto su nessun manuale di psicologia. I bambini sono straordinari. GIOCANDO SI IMPARA!  Si impara il mondo, il mondo dentro di noi, il mondo  fuori di noi.

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