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venerdì 19 settembre 2014

I bisogni di mio figlio


I bisogni dei nostri bambini nascono da dei sacrosanti diritti:
Il diritto di esistere, di sentire di esserci. Un bisogno soddisfatto dalla gioia con cui viene accolto il loro ingresso alla vita. Dagli abbracci e dal calore di sentirsi tenuti in braccio. Le braccia che avvolgono e contengono che permettono di dare forma e rassicurazione alle loro emozioni. Che fanno nascere la sensazione di esserci. Perché un neonato non sa di esserci ma lo sente grazie al contatto e alle cure con cui viene amato.

Il diritto di aver bisogno. Così tanto bistrattato questo diritto e nascosto sotto la parola vizio. "Non prenderlo in braccio che lo vizi", "Fallo piangere nel lettino altrimenti prende il vizio di volerti vicina tutte le sere". Ma i nostri figli hanno il diritto di aver bisogno di noi, di potersi fidare di noi perché noi ci prenderemo cura di loro. Così gli insegneremo a essere positivi e ottimisti verso la vita, perché i loro slanci spontanei sono stati accolti. In nome di non si sa quale pedagogia di strada che vuole bambini forti, indipendenti e sicuri già dai primi mesi si tradisce il loro bisogno di avere bisogno e ironia della sorte li facciamo crescere sfiduciati e tristi verso  il mondo. Quel mondo che non ha riconosciuto i primi  bisogni fondamentali.

Il diritto di imporsi. Il diritto di dire la propria, di manifestare  le proprie preferenze e il proprio disappunto per qualcosa che non piace, che li fa arrabbiare. Il diritto di individuarsi, di differenziarsi dall'adulto. Il diritto di dire "No!".
Più comodo e bello se "fanno i bravi" e sono sempre d'accordo con noi. Il resto sono solo capricci e comportamenti da reprimere.


Il diritto di essere autonomi, di camminare con le proprie gambe, di esplorare territori nuovi. Senza ansia, senza eccessive preoccupazioni, senza l'oppressione del controllo da parte dei grandi. Quale emozione incontrare lo sguardo fiero di papà e mamma che li osservano mentre corrono coraggiosamente verso il mondo. Sentire di scegliere in base ai propri bisogni profondi, al
proprio intimo  sè e non per compiacere gli altri. Sentirsi sostenuti e aiutati in questo e non scavalcati.
Il diritto di amare ed essere amati così come si è, spontaneamente, gratuitamente.

La mamma di A vede tutte queste istanze muoversi in A. Si impegna a riconoscerle e prova a dare il meglio di sè. Per prove ed errori, a volte confusa, incerta su cosa sia meglio fare, con tanti dubbi e tante domande.

Ma poi arriva il giorno in cui in A nascono dei  nuovi bisogni.
"Mamma mi compri Spiderman!!?"
"Mamma mi compri i pattini?"
"Mamma mi compri Buzz lightyear?"
Senza menzionare le richieste di giochi che la mamma non sa neppure cosa siano ma che la televisione sapientemente fa desiderate al piccolo A.

Ecco la mamma di A è sconcertata e comincia a confrontarsi con il senso di colpa. Il piccolo A sta diventando un piccolo consumatore. E quello che più le ha lasciato l'amaro in bocca è sentire in A l'entusiasmo del momento trasformarsi presto in desiderio di qualcosa di nuovo. L'oggetto consumato velocemente. L'emozione consumata velocemente. L'insoddisfazione che prende il posto della  "gioia" iniziale. E che lascia un vuoto che va colmato con qualcosa da AVERE.
Alla mamma di A dispiace immensamente essere responsabile di queste emozioni di plastica.

Dunque:
La tv si spegne in favore dei DVD Disney, senza pubblicità barbaramente martellante.
Più tempo per costruire insieme i giochi. Che l'emozione sia nel realizzarli, nello stare insieme, nell'ingegnarsi su come farli.
Che mamma e papà diano il buon esempio.
Rileggersi "Avere o essere" di Erich Fromm

La mamma di A ha bisogno di un confronto! Voi che ne pensate?

1 commento:

  1. Ciao Francesca. Posso solo dirti che dal mio punto di vista non sei responsabile tu di queste emozioni di plastica e che tutte passiamo attraverso il dover dire di no all'acquisto dell'ennesimo gioco e a dare qualche frustrazione che però servirà eccome -e fa pure rima- :) ciao!

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