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martedì 25 giugno 2013

Strategie creative, giocando si impara

A ha una grande passione per l'altalena. Al bagno Roma, dove trascorrono le loro giornate di giugno, c' é n' é una che peró é posizionata  sul retro. Non guarda il mare insomma. La mamma di A e A ci passano molto tempo tra filastrocche ( Din, don, campanon...), far finta di mangiare i piedini, "Spingi piú fotte mamma!", ecc. Poi peró basta, la mamma di A vuole tornare in spiaggia e naturalemente A non é d'accordo. Prima comincia la tattica accattivante di elencare tutte le cose bellissime che faranno in spiaggia insieme. Ma in quei momenti niente e nessuno possono competere con un'altalena gialla. Poi la pazienza comincia a vacillare, la mamma di A non ha voglia di scenate isteriche. Basterebbe con decisione sfilare A dal seggiolino e in un paio di minuto  sarebbe tutto risolto. Se non proprio un paio sicuramente in poco tempo. A farebbe la sua scenata, manifesterebbe le sue emozioni di rabbia e contrarietà in sintonia con i suo due anni e mezzo. La mamma dovrebbe contenerlo un po' leggendo il suo stato d'animo, dandogli forma e parola. La mamma dovrebbe anche fare da ponte tra le emozioni di A e  la realtà esterna. Farlo confrontare con i sentimenti che il suo comportamento suscitano nella mamma, scardinare il suo egocentrismo rimettendo paletti e confini che da solo non sa non puó darsi. E dopo questi intesi  minuti di lotta, andare sereni verso il mare. A, un pezzettino piú chiaro e definito come un fiume che cerca di straripare e perdersi nelle campagne, diventando acqua senza forma ma che invece trova un letto con argini sicuri che lo fanno rimanere fiume e calmano le sue correnti. 
Belle parole, ma la mamma di A non ha voglia di fare l'argine. Avrebbe voglia di una soluzione piú soft, meno impegnativa. "A, io vado in spiaggia. Ci vediamo dopo." Dice in modo deciso fingendo di allontanarsi. E proprio in quel momento, una moto nel parcheggio distrae A e la mamma si nasconde, esattamente dietro di lui. Le gambe a penzoloni, la nuca dolce, le manine attaccate alle corde di sostegno, il suo corpicino. Che tenerezza! L'altalena piano piano rallenta. La mamma di A è sospesa tra la dolcezza delle linee del suo bambino, la com-passione verso quello che lui stará provando in quel momento li da solo. C' è silenzio, lui continua a guardare davanti a sé e non dice nulla. La mamma non vede il suo viso, chissá di quale espressione sono pieni i suoi occhi. "Basta, rientro in scena, ancora un attimo e piange", pensa la mamma di A sentendosi un po' in colpa. Ma lui, invece, fa il pugno con la manina, se lo porta all'orecchio e con la sua vocina tranquilla telefona alla mamma "Mamma, ci sei? mi senti! vieni? ok?". " Si pronto amore, ci sono, arrivo, eccomi qua!!!" E con un salto é davanti a lui, si abbracciano e dolcemente sguscia dall'altalena. "Bravo A che mi hai telefonato!". Ridono insieme e quante cose passano in questa risata. Soluzioni creative in situazioni difficili, senza perdere la calma, e dando fiducia a chi ci é vicino. La mamma é arrivata no? Quanto é potente il gioco per conoscersi e provare copioni nuovi? A non lo ha letto su nessun manuale di psicologia. I bambini sono straordinari. GIOCANDO SI IMPARA!  Si impara il mondo, il mondo dentro di noi, il mondo  fuori di noi.

Cose belle di questa vacanza

Tutto quello che di bello c' é nella loro vacanza:
- sono in vacanza, una vacanza lunga. Lunga quanto basta per far nascere sensi di colpa ancestrali a qualsiasi figlio dell'industrializzazione che si permette di non produrre per piú di una settimana.  Ma la mamma di A sa che la vera ricchezza é il tempo libero, e in particolare il tempo che puó trascorrere crescendo A.
- il profumo dei pini marittimi.
- la nonna G, che si é rotta il piede, il giorno della partenza. Si é dovuta fermare, scivolare nel ruolo di chi viene accudito, farsi coccolare, servire, viziare.
- la nonna G, rompendosi il piede, ha dato la spinta definitiva alla titubanza dei fratelli della mamma di A che non sapevano se raggiungerle o meno per una settimana. Arrivati con nipotine al seguito.
- la casa piena di bambini, risate, capricci, rumore di stoviglie, caldo disordine.
- il mare la mattina presto. Calma e tranquillitá.
- il costumino di A. Il suo culetto insabbiato senza pannolino. Lui che grida "Pipí , pipí" e la vuole fare nel secchiello.
- i bombolini alla crema a colazione.
- il gusto pinolata del gelato.
- vivere di nuovo con i fratelli sotto lo stesso tetto. Passeggiare la mattina, uno a fianco all'altra fino al molo di Cervia. Chiacchierare del piú e del meno. Volersi bene!
- la nonna che ha sempre la voce per aria, anche perché é un po' sorda.
- i vicini di ombrellone, ci si conosce ogni giorno di piú.
- l'accento romagnolo, la piadina.
- A che si butta del mare e non si ferma piú. Bel pesciolino!
- Ga che sta diventanto grande, e non toglie il copricostume se non ha il pezzo sopra. Tenera Ga!L'infanzia dura troppo poco.
- Glo e l'argento vivo.
- il sole la mattina sul letto, le finestre spalancate, i gabbiani.
- le coccole nel lettone.
- Ga, Glo e A che si abbracciano.
- aver sonno alle 21:30 ogni sera e svenire sul letto cadendo come una bistecca in padella.
-aver voglia di dire grazie per tutto questo....e tutto quello che non é stato scritto.
La mamma di A non riesce a tenere gli occhi aperti.
Buone vacanze...se qualcune le sta facendo! Notte

mercoledì 19 giugno 2013

Una madre...una figlia

Una madre....
Io non ti conosco piú...io non so piú chi sei. Tu, che sei stata dentro di me, una parte di me, i tuoi battiti in me. Unite dalla stessa carne, vicine piú di un abbraccio.
Io ho paura, perché non ti consoco piú, e piú vorrei capire, e piú non ti conosco. E ho paura. Che non finirá mai, che non capiró mai, che non torneranno piú giorni sereni per noi, per te. Che sei giovane e bella e potresti avere il mondo ai tuoi piedi. Tu, intelligente, creativa, spiritosa, simpatica, buona...Tu...dove sei? Perché io ti ricordo cosi, o forse ho sognato e non ti ho mai chiesto chi sei e tu hai provato a  essere ció che noi volevamo...Un riflesso di te. Un te che si é sbiadito e ora cerca di esserci. Mi confondi, mi spiazzi, mi distruggi, mi annienti. Hai il potere di farmi sentire cosi male e impotente. Ma io ti amo di piú di tutto questo, ti amo piú della paura, piú delle tue follie, piú della tua rabbia. E sono qui con te. Prendiamo un specchio e guardiamoci. Si, anche io ho paura di vedere ció che c' è di lá. Ma vivo sapendo che c'é un cuore bello, e buono, e dolce, e morbido, e caldo anche se ora é ricoperto di tanto nero stagnante. Lo so perchè io ti ho voluta, io ti ho amata, io sono tua madre. Perdonami...ho solo fatto il meglio che potevo.

Una figlia...
Io non so come sono finita qui. Un piccolo passo alla volta e mi sono ritrovata in questa stanza sola, buia, disperata. Sento vuoto, sento rabbia. Vuoto e rabbia che mi consumano e non mi danno pace. Mi divorano e io divoro, qualsiasi cosa, pur di non sentirli piú. La mia gola piena per un attimo mi fa sentire piena e tutta. Ma é un'illusione vomitevole. Mi sento piena di cose che non voglio e le risputo al mittente. Quanto mi sento idiota, stupida, incapace, inetta. Mi faccio schifo. Come faccio a comportarmi cosi? Vivo perennemente in tensione e anelo la pace, il potermi lasciare andare fiduciosa, sicura, protetta. Come un tempo...tra le braccia di mia madre. Io l'amo mia madre ma nn solo. Io so provare tutto e il contrario di tutto. A volte mi prende una sottile soddisfazione nel vederla cosi preoccupata e inerme. Non mi riconosco piú.Come posso essere cosi meschina? Quanti segreti dentro di me, quanti pensieri inconfessabili, io mi sento cattiva. Cattiva? si cattiva...e invece vorrei solo sentirmi amata. Potessi sentire a pieni polmoni le emozioni di chi mi vuole bene, potrei guarire. Ma ho una corazza intorno a me che mi anestetizza e non mi lascia piú. Come si fa a uscire da questa solitudine? Io mi sento sola e disperata. Vedo le bocche parlare ma non riesco a sentirne la voce. E in questo silenzio assordante ho paura. Io ho paura, non so piú chi sono e quello che vedo é rivoltante.

sabato 15 giugno 2013

Mi legge nel pensiero

La loro vacanza prosegue. Hanno trovato un certo equilibrio, aspettando che arrivino i rinforzi: nipotine e fratelli della mamma di A.
Nel frattempo, mentre la nonna legge, riposa, fa le parole crociate sulla terrazza, A e la mamma vanno in spiaggia, fanno i castelli di sabbia, i bagnetti e passano tanto bel tempo insieme.
In questi pochi giorni la novitá é che A non usa piú il pannolino. Come? Era semplicemente pronto e immensamente orgoglioso di vedere la sua pipí uscire dal pisellino in direzione water. La mamma di A pensava sarebbe stata un'impresa difficile, invece le é andata molto bene. In questi pochi giorni la mamma di A cerca anche di entrare in qualche negozio, vedere due cose, comprare un costume. Ma questa operazione invece non é cosi semplice perchè A vuole perennemente giocare e nei negozi si infila nei camerini, in angoli sconosciuti e reconditi.
Ma l'altro giorno era stanco e ha chiesto "Mamma..braccio?!" (Mamma mi prendi in braccio che sono stanco?). La mamma di A ne ha approfittato, lo ha accolto tra le braccia ed é sgusciata nel negozio che stava adocchiando da un po'. A in braccio =nessuna mina vagante in giro. Ma il piccolo satrapo dopo pochi, pochissimo istanti, in modo molto convincete e a voce abbastanza forte da far sentire a tutti, dice "Mamma mi scappa pussa caca! Mamma!". La mamma di A scatta sull'attenti e esce di onda dal negozio in direzione casa, in direzione wc, prima che succeda qualcosa di poco profumato. Poi mentre cammina a passo spedito, con un livello di ansia passato da 0 a 100 in tre secondi, si accorge che il piccolo A é troppo calmo, troppo sorridente, troppo rilassato per essere un bimbo in procinto di farsela addosso.
"A...ma ti scappa la pussa cacca?"
" No, ciamo corce?" ( No, ma cosa ti salta in mente, facciamo delle belle corse insieme? )
Loro ti sorprendono. Ecco che a due anni e mezzo lui ha giá la sua teoria della mente, sa giá attribuire alla sua mamma degli stati mentali, dei pensieri e sa prevedere le sue reazioni, i suoi comportamenti. A, il suo manuale vivente di psicologia dello sviluppo, conosce la mamma, sa che l'argomento cacca é un argomento urgente che la farà uscire in un batter d'occhio dal negozio: obiettivo centrato.
Bene! non siamo solo noi genitori che ci adoperiamo ogni giorno per conoscere e scoprire i nostri bambini. Loro contemporaneamente stanno consocendo noi. Piano piano sanno mettersi nel nostro punto di vista e pensare il nostro pensato. Una bella sensazione scoprire i passi di A. Certo ci si sente anche un po' nudi. E sempre piú responsabili!
In fondo le ha letto nel pensiero.

mercoledì 12 giugno 2013

I piani scombussolati

Glielo ha insegnato soprattutto la gravidanza.
La prima che é durata pochissimo, il tempo di farle assaporare la sensazione nuova di portare la vita dentro e poi lasciarla con la "pancia vuota", un vuoto che mai avrebbe immaginato. Sordo, pieno, dilaniante.
La seconda con la quale é arrivato il meraviglioso piccolo A, ma che é stata, come dice lei, stare otto mesi sulle montagne russe.
Glielo ha insegnato la gravidanza che noi arriviamo fino a un certo punto, con le nostre azioni, i nostri progetti, i nostri passi, le nostre scelte....Poi bisogna affidarsi, avere fiducia e infine guardare dall'alto. Guardare dall'alto vuol dire vedere tutto, non solo il parziale. Vuol dire dare un senso, anche piú alto, appunto. Vuol dire non incaponirsi contro un muro, disperarsi se dietro l'angolo non c' é quello che stavamo aspettando, vuol dire vedere altre soluzioni, strade che non sapevamo, che non immaginavamo nemmeno. Una prospettiva piú saggia, forse.
Certo facile a dirsi...ma crede che sia proprio cosi'.
E anche questa vacanza di giugno tanto desiderata, diventata un appuntamento fisso da quando é arrivato il piccolo A, le ha ricordato questo.
La nonna G, con la quale doveva condividere la classica villeggetura mamma-nonna-bambino nella riviera romagnola, nello scendere le scale, la mattina della partenza, ha preso una brutta storta. Che poi all'ospedale di Ravenna hanno dichiarato essere una "frattura". " Composta signora, ma deve stare con il gesso per trenta giorni"
Sono passate da
" Forse non é rotto, tra qualche giorno camminerai meglio": momento di ottimismo psicotico
" Mi sa che é rotto, con una fasciatura forse te la cavi": ripreso contatto con la realtà misto di desiderio.
" Nooooo é rotto! e adesso come si fa??" momento di realismo nero, che ciascuna delle due si é tenuta per sé, facendosi invece coraggio l'un l'altra ( "Povera nonna vacanza rovinata e poi ferma per 30 giorni" " Mi dipsiace per la mamma di A, non potrò aiutarla in niente, anzi.." Questi i loro reali pensieri)
E poi sdrammatizzando, prendendo le misure di questo nuovo equilibrio, ambientandosi in modo diverso da quello che pensavano, cercando di vedere dall'alto perché questo gesso "é in vacanza con loro"...sono arrivate alla fase...vediamo che succede! Buona Vacanze

domenica 9 giugno 2013

Maschilismo imperante anche quando non sembra


Fatemi capire....
Due episodi di una innumerevole serie. A volte talmente banali da passare quasi inosservati, apparire normali, scontati.
Alla mamma di A invece le si rizza subito il pelo, é un argomento che la smuove anche quando é nascosto appunto da un bel vestitino di "la pensano tutti cosi", "certo che é cosi", "normale che sia cosí"
Ritorniamo ai due episodi...
Primo:
La mamma di A ha un sogno. Un sogno che piano piano prende la forma di progetto. La mamma di A, per i suoi quarant'anni, vuole regalarsi il Cammino di Santiago Di Compostela. Ne ha giá percorso una piccola parte qualche anno fa, con i suoi amici di avventura. Una piccola parte che l'ha fatta innamorare e le ha lasciato il desiderio di ritornare. (Sulla magia del Cammino ha scritto qualcosa 
qui...ma é proprio solo qualcosa). Lasciando stare per un attimo le motivazioni che la spingono a tornare, é peró chiaro e vivo dentro di lei il desiderio di rimetterci piedi, fatica, cuore.
Un giorno di questi, mentre era dal nonno Lo con il piccolo A, la mamma di A racconta di questo progetto. Il nonno Lo é molto affascinato dal Cammino di Santiago, e quando sua figlia lo stava percorrendo lo ha vissuto con lei a distanza. In quei giorni poi il nonno era ammalato e stava facendo per altre vie il suo Santiago. Erano vicini nella fatica. Momenti di sintonie ed empatia a distanza. 
" Come il Cammino di Santiago? e A con chi sta?" 
Risponde subito il nonno con un'espressione preoccupata e come se la mamma di A avesse detto che stava per partire in quel momento.
"Papá, stiamo parlando di qualcosa che accadrá tra due anni, A ne avrá cinque di anni, e cosa piú importante ti ricordo che A ha un padre e che é stato concepito con un 50 e 50!". La mamma di A sapeva perfettamente che ci sarebbe stata questa reazione, sperava di no, ma lo sapeva eccome. Il nonno le risponde con un sorriso sornione, sa che sua figlia é un osso duro su questi argomenti. La mamma di A non pensava di scardinare il pensiero ancestrale per cui l'uomo va a caccia e la donna si prende  cura dei figli, pensiero radicato nella testa del nonno. Peró la mamma di A é anche consapevole del fatto che come la pensa il nonno la pensa la maggior parte delle persone.
Quindi non ha mollato :" Ma papà scusa, quando il papá di A é andato a Capoverde a gennaio, per fare una settimana del suo amato kitesurf, unendo anche il fatto che aveva compiuto i quarant'anni, mi sembrava che nessuno si sia chiesto come potessi fare io da sola? perché un uomo puó e una donna no?" Ma il nonno non si fa agganciare, trova un modo simpatico per cambiare argomento e la questione finisce li.

Secondo episodio:
La Mamma di A nell'ultimo mese e mezzo ha lavorato spesso anche di sera. Questo ha significato ulteriori organizzazioni nella gestione della vita quotidiana del piccolo A. Ma grazie alla super disponibilitá della nonna G e della zia A é riuscita a far funzionare tutti i vari incastri. Il papá di A inoltre cercava di rientrare un po' prima dal lavoro per essere a casa ad un orario piú umano.
Poi una sera della settimana scorsa, la mamma di A é uscita con una sua compagna del liceo. Due chiacchiere, un bel posticino, aria di estate, bello.
Sorpresa: un giorno cosi, dal niente, in mezzo a un discorso   qualunque, la nonna G le dice " Adesso cerca di uscire un po' di meno la sera che A ti cerca e vuole te"
"?.....?........?...........? Come uscire un po' di meno la sera?" Tu quoque, nonna G! Si, perché  é rimasta piú pregnante nella memoria della nonna la sua serata leggera e non quelle dedicate al lavoro. 
Ma un uomo si é mai sentito dire di smettere di andare al calcetto del giovedi sera, o alla partita del sabato o a questo o a quell'altro? A meno che non sia una scenata isterica della moglie che non ce la fa piú a conciliare tutto, nessuno pensa nemmeno per un secondo che stia facendo qualcosa di sbagliato. 

Quindi cara mamma e cara donna che stai leggendo qui. Lo so che tuo marito o il tuo compagno sa prendersi, giustamente, anche i suoi spazi, dedicarsi alle sue passioni, trovare tempo per i suoi amici. So anche che tu lo agevoli in questo, rinunciando a qualcosa per te....a qualcosa. Io credo che anche questo faccia parte dell'amore. Desiderare che la persona vicino a noi possa stare bene, coltivi i suoi interessi, le sue passioni. E credo che questo debba essere speculare...anche tu ci sei! esisti, non solo come madre o moglie o compagna. Esisti come donna. Che poi fa bene a tutti che tu stia bene, parliamoci chiaro. Via i vestiti da Cenerentola, quelli che tutti si aspettano da te, infilati i tuoi e vai!



giovedì 6 giugno 2013

Cosa vuol dire essere rock?

Il nonno Lo la voleva con i capelli lunghi.
La prima infanzia invece l'aveva comodamente vissuta con i capelli corti, tanto da intetpretare Gesú bambino alla festa di Natale dell'asilo ( nonostante ci fossero in classe tanti maschietti la suora aveva scelto lei, Mah?!)
Dalle elementari, in aggiunta alle lezioni di pianoforte da brava signorina, aveva anche i capelli lunghi, come piaceva al suo papá.
Finalmente alle medie la mamma di A gli dava un bel taglio, provando una  grandissima soddisfazione nel guardare le forbici lavorare sulla sua testa, i ciuffi cadere, sentire il rumore delle lame "zac".. Sensazione che l'accompagna ancora oggi, tutte le volte che va  dalla parrucchiera e che la rende chiaramente una cliente ideale per chi é nel settore.
Da qualche anno peró ha raggiunto una certa stabilitá nel look, né troppo lunghi, né troppo corti. Sbarazzini come di dice la nonna G.
La tentazione c' é sempre, la tentazione di vedere e sentire la sua testa cambiare...ma resiste quasi sempre. L'anno della gravidanza l'ha vissuto da supercorta, poi é tornata a uno stile piú classico, da mamma.
Ma da quando va da questa parruchiera, le sue buone intenzioni verso un look tranquillo vacillano ogni volta. E si, perché R, la sua parrucchiera appunto, la vede rock.
 " Tu sei come una Emma Marone, non puoi tenere i capelli cosi. Dovresti fare un taglio piú grintoso. Osa mamma di A, osa!"
E le mostra fotografie che in realtá alla mamma di A piacciono moltissimo.
Morale...prima vuole prendere piú contatto con la sua anima rock, capire dov' é, e se ci si sente a suo agio. Anche questa volta taglio rimandato. Ma R non molla, ha visto il lampo negli occhi della mamma di A, sa che prima o poi capitolerá.
Certo che gli specchi ti possano arrivare ovunque e da chiunque.
Che fosse rock, non glielo aveva mai detto nessuno..

martedì 4 giugno 2013

Il Potere trasformativo della relazione

Anche se le pareti sono grige e d'inverno la luce del neon dá un colore squallido a tutto
Anche se le tapparelle sono rotte e quindi si sta in penombra anche se c' é il sole
Anche se l'aria a un certo punto sa  di adolescente, quell'odore che attesta che la loro infanzia é proprio finita
Anche se a volte avrebbe voluto mettersi i tappi nelle orecchie per attutire il baccano, o delle cuffie grandi per immergersi nella musica e riposare la testa
Anche se a volte sono "scoordinati", pura azione senza senso, con l'unico senso di far sentire che ci sono, spintonandosi, afferrandosi, spingendosi
Anche se sanno essere volgari come scaricatori di porto, supponenti e menefreghisti, capaci come non mai di mettere a dura prova la sua pazienza
Anche se la situazione intorno a lei é rimasta piú o meno simile al giorno in cui  é arrivata
Anche se deve lottare con la loro rara capacitá "di tirarsi la zappa sul piede" con insegnanti, coordinatori, genitori
Anche se tutte queste cose, questa mattina la mamma di A, quando ha salutato i  suoi ragazzi per la fine dell'anno formativo, si é sentita felicemente malinconica. Se li é guardati uno a uno, quelle giovani simpatiche canaglie!
Perché sono simpatici, spiritosi e ironici
Perché hanno colto aspetti incredibili dei loro insegnanti ricordando alla mamma di A che "loro" ci  guardano e si fanno idee su di noi, e che i loro pensieri possono significare fiducia e stima verso gli adulti, o disillusione e rabbia
Perché hanno voglia di parlare, di raccontarsi..anche quando hanno lo sguardo duro, il cappellino perennemente in testa a coprire anche il viso
Perché l'hanno fatta ridere da morire, e un sacco di volte ha dovuto trattenersi e ridere dentro di sé
Perché se si sentono visti, considerati imparano ció che hanno rifiutato per anni
Perché anche quando sembra che non abbiamo ascoltato un h di quello che lei gli ha detto e poi invece hanno ascoltato tutto
Perché hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a scoprire i propri talenti, perché pensano di non averne e questo li rende passivi, o aggressivi, o spenti
Perché il primo giorno erano tanti visi indistinti dietro ai banchi, mentre ora sono come la volpe per "Il piccolo principe"...addomesticati", conosciuti.
Perché la mamma di A fa un lavoro cosi bello nel quale scopre ogni giorno il potere trasformativo della relazione. IL POTERE TRASFORMATIVO DELLA RELAZIONE.
A presto giovani, simpatiche, canaglie!

domenica 2 giugno 2013

Piccola bulla al parco


Domenica, non proprio sole, non proprio estate ma voglia di stare all'aperto. A e la sua famiglia vanno con la palla e con il monopattino al parco vicino a casa. É un bel parco, a misura di bambino con tanto verde e uno scivolo-castello al centro.
Ci sono tante famiglie, tanti bambini, tanta allegria...
Il piccolo A non frequenta l'asilo nido, passa le giornate con la nonna G, la zia A e il pomeriggio con le cuginette. Quando vanno al parco incontra altri bambini e la mamma di A é sempre supercuriosa di vedere che succede, chi é A fuori dalle mura domestiche, da quali bambini é attratto, come si relaziona, che tipo é.  
Felice di essere al "Pacco!", il piccolo A si arrampica sul castello. In teoria ci sarebbe in senso di marcia chiaro, ma i bambini sono tanti, sul castello vige l'anarchia. La mamma di A riprende con gentilezza i bambini che salgono al contrario,( che salgono dallo scivolo per intenderci), spiegando che se ci sono bimbi piccoli devono stare fare piú attenzione. In realtá é gentile con i bambini ma infuocata con i genitori. Se ciascuno desse un occhio ai propri figli tutti potrebbero giocare in pace e serenitá. I bambini hanno ancora un pensiero e uno sguardo sulla realtá fisiologicamente egocentrico, hanno bisogno dei grandi per vedere le sfumature e gli altri punti di vista. La mamma di A inoltre pensa che ciascun adulto é un educatore quando é in presenza di bambini...la legge "io guardo i miei e degli altri chi se ne frega", non le va giù. La societá degli orticelli, quando invece i nostri bambini sono il nostro "verde" comune piú prezioso.
Quindi, con un po' di fatica, anche i piccolini riescono a scivolare, perché A non é l'unico pulcino presente. Poi la mamma di A si siede nel prato e A continua a giocare seguito dal suo papá.  All'improvviso un  pianto, e si sa che una mamma riconosce il pianto del suo bambino anche nelle situazioni piú rumorose.
La mamma di A trattiene la mamma ansiosa che é dentro di lei, in fin dei conti c' é li il papá e piccole dosi di "sofferenza" sono inevitabili. Li cerca con lo sguardo. A é nel castello, non lo vede, ne sente solo il pianto. Il papá invece é in piedi, sta parlando con qualcuno...con qualcuno in mimiatura visto che anche   questo qualcuno é dentro al castello. Dopo qualche istante il papà di A prende A in braccio e vanno verso la mamma. "Che succede?" chiede lei. A le si butta tra le braccia e continua a piangere disperato. Non lo ha mai visto cosi, ma non vuole nemmeno cedere all'istinto di andare a incenerire chi ha fatto cosi male al suo bambino. Non vuole cadere nel tranello "il mio é bravo sono gli altri i cattivi" . A, se pur un bimbo di indole dolce e tranquilla, in alcune occasioni, con le sue cugine per esempio, riesce a sfoggiare doti manesche e  atteggiamenti furbeschi.
Il papá invece racconta di questa bambina sui sei anni, che con il piede schiacciava le mani ad A per non farlo salire, urlandogli "Tu vai via!". Anche il papá di A inizialmente, non avendo visto bene la dinamica dei fatti, e non volendo subito fare la chioccia, aveva cercato di mettere pace...ma proprio mentre provava a tranquillizzare A, la bimba ripeteva i gesti senza il minimo timore della presenza del papá di A. Il quale, per inciso, é grande, "grosso", e con uno sguardo abbastanza duro (quando vuole). E quando il papá di A aveva sgridato la bambina, questa si era allontanata ma apparentemente senza nessuna fretta nè paura. La mamma di A, un po' per deformazione professionale, mentre A piange cerca di mettere in parole le sue emozioni. "Come ci sono rimasto male, quella bambina é stata proprio antipatica!" A, annuisce, piano piano si calma...e ritorna la voglia di giocare. Ma non é  ancora finita. A gioca sotto al castello, dove hanno riprodotto due postazioni che sembrano computer.. Fa finta di scrivere, e poi eccola qui, di nuovo la bambina. Il papá cerca di essere gentile con lei "Come ti chiami?" "Claudia". "Vedi A che Claudia é tornata a far pace e a giocare con te". Come non detto, in un nanosecondo la piccola Claudia dagli occhi blu, sbatteva i pugni sulle mani di A, il quale incredulo, ricominciava a piangere. Incredulo lui, incredulo i suoi genitori davanti a tanta sfacciataggine, a tanto accanimento verso un bambino piú piccolo qualsiasi incontrato al parco. A questo punto la mamma di A, infervorata diceva " Dove sono i tuoi genitori? valli subito a chiamare. Non ci si comporta cosi!". La piccola peste, con lo sguardo duro e impassibile, senza tradire la minima emozione se ne andava via. Direi quasi trionfante, ma forse é troppo.
Una cosa é sicura...dover "dirigere" il traffico di bambini sullo scivolo, contenere e rassicurare il pianto di A, gestire le angherie di una piccola bulla, aver voglia di urlare ai genitori "Ma volete guardarli i vostri bambini?" ha fatto si che la famiglia del piccolo A battesse la ritirata. Con tante domande per la testa..Cosa e come insegnare al piccolo A a difendersi? Di istinto la legge del taglione...ma é troppo semplice e stupida come risposta. Come insegnargli peró a non farsi mettere i piedi in testa e a non aver paura? E poi tante domande su quella piccola cosi giá spregiudicata d apparentemente fredda..
Dobbiamo farci tante domande noi genitori, piú che sul cosa fare sul chi siamo...che esempio siamo per loro? Di quali idee, valori, sentimenti siamo portatori? Cosa vedono i nostri figli quando ci guardano? Cosa?