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sabato 29 settembre 2012

Che l'amore materno lasci spazio ai padri

La mamma di A è completamente pazza per il suo bambino. Lo vede bello, simpatico, divertente e dolce. A dicembre il piccolo A compirà due anni ed è diventato un bambino biondo biondo con gli occhi marroni, grandi. Ha una fossettina sulla guancia, il bacio degli angeli. Due manine che sembrano panini. Un culetto da mordere, due coscette da mangiare, due piedini a salsiccia. La pelle morbida, il sorriso pieno. La mamma di A ha completamente perso la testa. Mai si sarebbe immaginata un amore così grande. E ora che il piccolo A comincia a parlare, a ripetere tutto con la sua vocina e la sua pronuncia particolare, a dare risposte inattese, la mamma di A spesso si ritrova addosso il sorriso. Ciò che per un estraneo è un fatto banale, per una mamma è un avvenimento speciale. Così, se lo porta nel lettino e gli dice, " Fai un bel riposino che poi andiamo a fare una passeggiata" e lui risponde "Ok" e cuccioloso si sdraia e si addormenta, la mamma di A rimane stupita e divertita. Non riesce ad abituarsi all'idea che il suo bambino stia diventando sempre più un essere autonomo, autodeterminato, separato. Sono passati solamente 21 mesi da quando il piccolo A era un uccellino di 2 kg. Cambiamenti e sviluppi incredibili in così poco tempo. La mamma di A continua a stupirsi e meravigliarsi. E più si stupisce più ama il suo bambino e la vita che è in lui.
E i papà? Si, sono una nuova generazione. Diversa da quella dei nostri padri. Più presenti, più partecipi, più affettuosi, più giocosi. Ma capita spesso che una mamma, anzi una moglie, desideri una mano in più, momenti in più, presenze in più. E qui nasce un circolo vizioso. Lo penso da mamma, da moglie a da professionista. Non è sempre facile per un uomo inserirsi in una relazione così forte come quella madre-figlio. L'ho scritto qualche riga più sopra com'è è l'amore materno...meraviglioso ma a volte difficile da condividere. Perchè noi donne, vorremmo più condivisione ma quando c'è siamo anche in tensione, perchè nessuno "è bravo come noi". Imparare a lasciare, a delegare, a fare spazio ai papà...Anche se la casa è in disordine, anche se il pannolino lo mettono al contrario, anche se gli orari vengono sballati, i vestiti macchiati, la pappa sparpagliata ovunque. Non succede nulla tranne che noi possiamo riprenderci i nostri spazi di donna, i padri possono fare i padri e prendere fiducia nel loro ruolo, i nostri bambini possono godersi i papà  e aprirsi all'altro, al mondo. 
Alla mamma di A è successo anche come psicologa di toccare con mano quanto sia importante che le mamme lascino fare i papà ai loro mariti. Perchè le è capitato che  se una mamma chiama per chiedere un consulto per un figlio e si sente rispondere dalla mamma di A che al primo colloquio vorrebbe vedere entrambi i genitori senza bambino, ecco questa mamma rimane per un attimo disorientata. Oppure una situazione bloccata da tempo che finalmente prende una nuova piega, vitale e gioiosa dopo che il papà partecipa a degli incontri con la moglie, tralasciando per un attimo il lavoro. La sua opinione, la sua presenza, erano quello che mancava alla figlia. 
Quindi care mamme, che il nostro immenso, speciale, unico amore materno lasci il posto all'immenso, speciale, unico, amore paterno. E quando proprio non si può...queste sono altre storie...

mercoledì 26 settembre 2012

Le mamme sono sole

Le mamme sono sole. Questo pensa la mamma di A gironzolando per facebook, tra i blog, tra i link.
E mentre lo scrive si sta chiedendo da dove le sia arrivato questo pensiero. Ma non c'è una cosa in particolare, sono tanti momenti che si sono sommati insieme e le hanno dato questa frase. Le mamme sono sole, quando partoriscono e hanno su di loro tutto il dolore, la fatica e la paura che a volte è anche paura di morire e di non farcela. Le mamme sono sole quando tornano a casa con il loro fagottino e hanno sognato un mondo rosa e azzurro con la musica del carillon di sottofondo e invece si ritrovano insicure, inesperte e appunto sole. Le mamme sono sole quando sono esauste, stanche, quando provano sentimenti difficili per i loro figli ma non lo possono dire perchè le brave madri sono sempre aperte, affettuose, amorevoli. Le mamme sono sole quando perdono il lavoro, perchè non è scritto da nessuna parte, ma è talmente evidente, la gravidanza fa parte dei licenziamenti per giusta causa. Le mamme sono sole quando si strappano un pezzo di cuore per rientrare al lavoro dopo pochi mesi e anche la fisiologia, la psicologia, la poesia, il buon senso urlano che è troppo presto.Le madri sono sole quando un figlio si ammala. Le madri sono sono sole perchè vengono giudicate.  Le mamme sono sole perchè sopportano il peso delle aspettative che tutti hanno su di loro. Le mamme sono sole perchè riescono a far conciliare l'inconciliabile e la verità e che lo si dà per scontato,facile, normale. Le mamme sono sole perchè non possono ammalarsi.
Però la mamma di A ha osservato che le donne, che proverbialmente sono competitive tra loro, quando si incontrano vestendo i panni di mamme, diventano solidali, affettuose, epatiche,. Si scambiamo consigli, rimedi, suggerimenti, aneddoti.Si ascoltano con la A maiuscola, si capiscono, si aiutano. Hanno voglia di stare insieme, di passare il tempo tra loro, di conoscersi.
Che società miope questa che non ci sostiene , noi, culla delle nuove generazioni, protagoniste del benessere dei bambini che poi diverranno adulti, gli adulti.
La mamma di A questa sera è malinconica...ci vorrebbe una mamma per chiacchierare e confrontarsi un po'. Notte

lunedì 24 settembre 2012

Un cammino per ringraziare

Alle 4:00 del mattino è suonata la sveglia. La mamma di A si è alzata, è andata a guardare il piccolo A che, dolce, dormiva nel lettino e ha pensato ma chi me lo ha fatto fare. La parte saggia ha scacciato la parte pigra che tirava la maglietta per frenerla e le ha ricordato che una giornata tutta per sè era un bene per tutti, e che giornate come quelle erano i mattoncini più significativi della sua vita. Allora la mamma di A si è preparata due panini, si è infilata i vestiti da escursione, si è messa le scarpe sperando che i piedi a fine giornata non fossero pieni di vesciche, e nel buio e nel silenzio ha raggiunto i suoi amici che la stavano già aspettando.
È bastato vedere i loro volti per ricordarsi che aveva proprio voglia di mettersi in cammino con loro. Perchè alcuni amici, anche se le vite vi hanno portato un po' lontano restano sempre vicini. Condividere esperienze di un certo valore, calore, spessore crea come uno strato comune, un mondo condiviso fatto di emozioni, ricordi, certezze, immagini, sorrisi. La parte psicologica della mamma di A parlerebbe di co-conscio e di co-inconscio di gruppo. 
Sono partiti ciascuno con la propria motivazione. La mamma di A oltre ad aver voglia di camminare e di stare con loro, voleva dire grazie, grazie a Maria che aveva vegliato sulla sua gravidanza e sul piccolo A, rendendo il tempo dell'attesa un tempo denso di sacro e fiducia.
Il buio si é trasformato in penombra e poi piano piano è venuto il giorno, e loro hanno camminato per vie di campagna, sui cigli delle strade. Hanno attraversato le piazze dei paesi vestiti a festa con gli uomini al bar e le donne, ma dove sono le donne, si chiedeva la mamma di A? Hanno fatto colazione e scattato una fotografia perchè nonostante i venti km si sentivano ancora pieni di energia ed entusiasmo. Poi hanno ripreso un passo dopo l'altro e allora i muscoli della mamma di A hanno cominciato a farsi sentire e quando si sono fermati per uno spuntino la mamma di A pensava che non si sarebbe alzata più. Ma i suoi amici hanno sdrammatizzato, incitato e allora sono ripartiti zoppicanti ma determinati. Tra chiacchiere, silenzi, risate, commenti la strada dietro loro diventava sempre più lunga e la meta sempre più vicina.  Quando proprio era il momento hanno pranzato in un parchetto. La mamma di A pensava che questa volta era veramente arrivata al punto di non ritorno e pensava che i muscoli le bruciavano come il ventre dopo il taglio cesareo. Strana associazione, in un viaggio di ringraziamento per una gravidanza finita bene dopo tanti momenti di paura. Ma anche questa volta loro non si sono scoraggiati, hanno nuovamente sdrammatizzato, incitato, spronato e con un buon antidolorifico la mamma di A è arrivata fino in fondo. Eccoci qui, doloranti e felici di un altro pezzetto di vita affrontato insieme. Perchè la meta è il cammino....il cammino. Il piccolo A e il papà se la sono spassata tra uomini e nel pomeriggio hanno raggiunto la mamma di A al santuario della Madonna di Caravaggio per ringraziare tutti e tre insieme dell'abbondanza ricevuta. 
Appena entrato in chiesa il piccolo A si è messo a ridere. Chissà cosa pensava, alla mamma di A piace immaginare che avesse  capito tutto e che fosse felice anche lui. 
Oppure lo faceva ridere vedere la sua mamma che camminava con l'agilità di un bradipo. Chissá !

venerdì 21 settembre 2012

Il teatro della vita

Il piccolo A, quando é stato concepito, è entrato a far parte di una storia. La storia della sua famiglia. La storia della sua famiglia ha radici lontane. La mamma di A la conosce un po' ma solamente fino ai suoi nonni. I bisnonni sono già un ricordo sbiadito legato a una fotografia in bianco e nero. Ma in qualche modo sono depositati nella nostra memoria, nel nostro modo di essere, di vivere. Prima che nascesse il piccolo A, stavamo già pensando a lui, stavamo preparando i suoi vestitini fatti di aspettative, sogni, proiezioni. Quando è nato è uscito da dietro le quinte ed è salito sul palcoscenico con noi, attori della nostra vita, ognuno con la sua parte, le sue battute, le sue maschere. Intrecciati in relazioni consolidate da anni di vita insieme. Ha indossato i costumi che avevamo preparato per lui, ed è entrato appieno nella nostra storia, costringendoci a giocare nuove parti..per la mamma di A la parte della mamma, per il papà di A la parte del papà. Ma il suo arrivo ha creato anche ruoli di nonni, zii, cugini, amici. Lui ha cambiato le nostre storie. Ha imposto cambiamenti in ciascuno di noi. Perchè stare con lui significa confrontarsi con la spontaneità, le emozioni non filtrate, sincere, dirette. Perchè stare con lui vuol dire ri-imparare a giocare, a buttarsi per terra, a rotolarsi sul letto, a stupirsi per piccolissime cose. Il piccolo A con la sua parte ti offre dei controruoli nuovi, inediti a volte disarmanti. La sua nuova vita ti costringe a guardarti allo specchio, vedere gli abiti che stai indossando, scoprire che a volte ti sei sbagliato perchè qualche abito non è il tuo. Come ti è finito addosso? È faticoso spogliarsi, cercare nel baule i tuoi vestiti, quelli che ti stanno veramente bene, perchè ti descrivono e non ti coprono. Ma sono gli unici con i quali si può vivere la propria storia e non quella di qualcun altro. I vestiti di scena che avevamo pensato per lui e confezionato con emozioni e desideri, il piccolo A volte li indossa comodamente. Sono i suoi, gli stanno bene, sono in armonia con il suo sè. A  volte li toglie, li lancia lontano, protesta. Guardami mamma, guardami papà sono il piccolo A, se piango perchè pensate per forza che sono capriccioso? No! I vestiti del capriccioso non li accetto, non sono i miei. Non sempre. A volte sono stanco, a volte voglio esplorare, a volte non ho fame, a volte ho bisogno di sentirmi separato da voi. Guardami nonno, guardami nonna sono il piccolo A, si anche tutto sporco di pappa, anche con le manine per terra, anche con i baffi di cioccolata. No, non sono un pasticcione, è che mi piace impiastricciarmi con la vita e con i suoi colori. Tranquilli, nessuno è mai morto per qualche microbo o residuo di omogeneizzato. Guardatemi gente comune che incontro al parco o per strada...no, non sono neanche un mammone o un viziato, riprendetevi anche questi di vestitini fatti di luoghi comuni, non sono i miei. Stare in braccio alla mamma è un momento di pace, armonia, calore. Non sono viziato, sono saggio. Farmi coccolare nel lettone, non è da femminucce, è da me, da piccolo A, da bambino che riconosce le esperienze importanti perchè le sente sulle pelle e gli scaldano il cuore. E no, non sono aggressivo perchè mi fai arrabbiare e di do una sberla sulle gambe, sono un bambino e per mia natura sono impulsivo, immediato, veloce. Il mio cervello vuole tutto subito. Ho bisogno di un grande per riconscere le mie emozioni, ho bisogno di un grande per imparare a gestirle, ho bisogno di un grande che abbia pazienza. Però mamma e papà, guardatemi bene, perchè per conoscermi ho bisogno di voi. Dei vostri sguardi, dei vostri occhi, delle vostre attenzioni. Per sentire di esserci ho bisogno che vuoi mi rimandiate la mia essenza, la mia sostanza. E per far questo ci vogliono sguardi aperti, sinceri e soprattutto liberi. Dovrete avere il coraggio di riconoscere chi sono e non chi volete che io sia. Dovrete avere il coraggio di guardarvi dentro, riconoscere le vostre parti mancanti e tenervele per voi, non sono io che posso colmarle. Dovrete essere felici della vostra vita, e non farmi sentire responsabile della vostra felicità. E se io allora sarò io, sul palcoscenico della nostra vita, sarò un bambino e un uomo sereno. E voi genitori sereni. Farò comunque parte della storia della nostra famiglia, le radici sono li, ma potrò prendere il mio posto, il mio posto. 
Che lo spettacolo continui, è di scena la vita.

mercoledì 19 settembre 2012

Alleniamo il pensiero positivo

...Non si sa da dove, come, perchè ma il raffreddore si è insediato nel nasino del piccolo A e lo sta tormentando. La tosse e gli starnuti interrompono i suoi giochi e lui con gli occhioni languidi e la vocina dimessa guarda la sua mamma e la chiama.."mamiiii" (=mamma tirami via queste cose che mi colano dal naso). Si preannunciava una nottata difficile invece il piccolo A ha fatto una sola, chiara ,richiesta verso mezzanotte..."mami braccio" (=mamma prendimi in braccio). La mamma di A se lo è coccolato e annusato un po' e poi ha deciso che era serata lettone. Il che vuol dire: mamma sul bordo del letto per dare spazio al suo cucciolo, orecchie tirate per sentire se sta bene, piedini addosso, braccia addosso, testa addosso. Vuol dire papà di A barricato sotto al cuscino perchè il piccolo A spesso, cambiando posizione, si alza e poi si lascia andare fiducioso dando delle capocciate che neanche un ultras. Questo vuol dire non raggiungere la fase di sonno profondo, svegliarsi e sentirsi più stanchi di quando si è andati a dormire, doversi alzare alle 6:30 perchè il piccolo A si sente bene ,vuole giocare, ridere e bere il "tate, mamma, tatte"(=mamma latte). La prima mattina prosegue con i soliti preparativi ma il piccolo A non si sente ancora in formissima, ha la mammite, per cui segue in ogni angolo la sua mamma disfando ciò che le lei sta riordinando. Quando finalmente la mamma di A è con se stessa davanti allo specchio per mettersi un po' a posto, arriva dal salotto la voce del papà "Esce la cacca dal pannolino di A!!!!!!!". Visto la quantità dovrebbe essere una giornata fortunata, guardiamola da questo lato. Salta la colazione con le mamme, quelle del gruppo di facebook, quelle che la mamma di A conosce solamente virtualmente anche se di alcune intravede i caratteri, l'umorismo, la forza, l'amore. Sono le mamme che si fanno compagnia con un click, che si scambiano consigli preziosi, che condividono gioie e dolori. Va be', faremo la prossima volta. In più piove! La pioggia in città...uff. Arriva la nonna G che deve sapere dal commercialista questo e quest'altro e il commercialista è l'amico della mamma di A quindi dai chiamalo tu. La nonna G, reincarnazione di Garibaldi e Napoleone messi insieme va alla velocitá della luce su tutto. La mamma di A non le sta dietro...impossibile. Il piccolo A, che parla un italiano stentato, impara però volentieri il dialetto dalla nonna e da quando è entrata in casa continua "nonna nom, nonna  nom" ( nonna andiamo). Dalla nonna sta ereditando lo spirito avventuriero e girovago. Allora andiamo a casa della nonna così mentre giochi con lei, io vado a comprare i pannolini. Piove! La mamma di A si fa largo nella giungla metropolitana. Tra suv prepotenti come chi li guida, precedenze non date e rotonde dove la maggior parte delle persone dimentica la freccia. Non capisce perchè giù dalle macchine tutti gentili. Seduti al volante tutti feroci. Mette la freccia per indicare di voler girare a sinistra, ma figuriamoci se qualcuno accetta di arrivare quattro secondi dopo in quel posto importantissimo dove sta andando. Respira mamma di A, guarda che meraviglia è seduto sul seggiolino dietro di te e riordina le priorità e le arrabbiature. Pannolini presi, sguardo maliconconico alle tutine primi mesi e poi via dalla nonna G che il piccolo A  ha gli occhi da pisolino. E mentre il leoncino riposa nel suo lettino, la mamma di A coglie l'occasione per andare a comprare il suo regalo di compleanno. Esattamente un mese dopo anche se, passato il giorno passato il santo. Il nonno Lo aveva detto prendi quello che vuoi. E siccome qualcuno si era preso gli occhiali da sole della mamma di A, lasciati nel bagno pubblico di un bar per due stupidi secondi, la mamma di A aveva scelto di ricomprarseli.  Bene, cominciava a sentirsi un po' più rilassata nella grigia e vorticosa mattinata. Lo zio Ma, il fratello arredatore che ha occhio e cuore per l'estetica e le cose belle, accetta di accompagnare sua sorella che sola non sa decidere. Entrano nel negozio, la signora è molto gentile, conosce lo zio Ma da tempo..."Ah! Lei è tua sorella?"" Ma chi è il più  giovane dei due?" . La mamma di A sgrana gli occhi, suo fratello ridacchia ridacchia. Non si può neppure controbattere con una battuta come "Ma lei ci vede?" dal momento che siamo in un negozio di ottici. Va bene la giornata cominciata un po' male, ok la pioggia, mettiamoci pure la sindrome pre-mestruale...ma questo è un colpo basso. Lo zio Ma ha otto anni più di sua sorella! Dove sono finiti? Annullati da due anni di mammità, pappe, nanne, giochi, pensieri...? Urge riappropriarsi di sè e riporre un po' gli abiti di mamma, almeno qualche volta. La mamma di A lo pensa ma al momento non crede di volerlo veramente. Diciamo che la maternità le ha dato un aria più matura. Alleniamo il pensiero positivo!

domenica 16 settembre 2012

" Si si ha grossi problemi di socializzazione"

Dopo tanto tanto tempo, i genitori del piccolo A lo hanno portato al parco vicino a casa.  Faceva ancora freddino, il sole cominciava a farsi intravedere e loro tre stavano già camminando in direzione del parco. Erano le otto e mezza del mattino, una domenica di settembre con la voglia di vivere un pò la familiarità  del quartiere, il passo un po' assonnato di chì avrebbe volentieri dormito  un 'ora in più. Ma si sa, il piccolo A è un gran mattiniero. Come del resto lo è sempre stata la sua mamma. Cappuccio e brioches per scaldarsi pancia e cuore e via ai giochi. C' è solo un altro bambino  all'incirca dell'età del piccolo A. E la sua mamma. Il piccolo A affronta con audacia, serenità e divertimento scivoli, scale, collinette che fino a poco tempo fa lo vedevano incerto e titubante. La mamma di A lo guarda con lo sguardo di mamma orgogliosa e intenerità nel vedere la vita che si trasforma e cresce nel suo piccolo ometto. Non sa perchè gli viene sempre in mente la favola di Pinocchio che diventa un bambino. Il piccolo A si specchia negli occhi dei suoi genitori e con il sorriso stampato li coinvolge e si diverte. Momenti di grazia di una famiglia.
" Ma non li cerca ancora i bambini della sua età? Non sa socializzare?"
" No signora mi dispiace, il nostro bambino ha dei problemi in questo senso e le sue domande ci stanno facendo male. Se mette il dito nella piaga non aiuta nè noi nè nostro figlio" risponde in modo sarcastico il papà di A.





No, non è vero che ha risposto così. Questa è la risposta che si è immaginata la mamma di A, che le sarebbe piaciuta tanto. E le sarebbe piaciuto molto vedere il volto di quella donna, come avrebbe reagito.
Invece il papà di A l'ha guardata senza rispondere e ha continuato a giocare con il suo bimbo.

Perchè la mamma di A pensa che:
- Scusi signora ma siamo qui da dieci minuti, perchè invece di giocare con suo figlio fa la diagnosi al nostro? E perchè il piccolo A dovrebbe per forza giocare con il suo?
- Una donna, quando diventa mamma, si trasforma in una tigre se deve difendere i suoi cuccioli. O almeno questo è successo alla mamma di A. La quale è consapevole del fatto che spesso i genitori sono i primi a non voler vedere/accettare/riconoscere i limiti dei propri figli. I figli sono un parte di noi, arrivano da noi, ce li siamo immagginati bellissimi e fantastici. Fare i conti con la realtà non sempre è facile. Ma non è questo il caso. Cioè non è nei limiti del piccolo A essere poco incline ai rapporti. Quindi signora qual è il problema?
- Ma soprattutto, ed è la cosa che più fa arrabbiare la mamma di A. Se tu signora sconosciuta che sei al parco con il tuo bambino, vedi un altro bambino e ti sembra di riconoscere in lui difficoltà di qualche tipo, che razza di domande fai ai suoi genitori? Per piccola e meschina curiosità? Se la prossima volta al parco incontrerai un altro piccolo A e ti sembrerà in ritardo con il linguaggio o con chissà quale altro diavolo di parametro hai nella testa, chiederai spiegazioni ai suoi genitori?
- Si lo so, vi sembrerò esagerata, oggi non è successo poi nulla di grave. Oggi al parco no, ma in tanti altri posti e momenti si. Tutte le volte che non c'è delicatezza, empatia, intelligenza nell'approcciarsi agli altri. Prima di fare una domanda, facciamo una bella inversione di ruolo, mettiamoci nei panni dell'altro, chiediamoci se a noi farebbe piacere ricevere certe domande, osservazioni. E soprattutto se abbiamo la confidenza e l'intimità con quella persona per poter far nascere un dialogo costruttivo, nutriente, affettivo su certe questioni. Sono sicura che alcune mamme che stanno leggendo capiscono di cosa sto parlando.


Epilogo: quel bambino al parco ci guarda e osserva tutto il "casino" che stiamo facendo noi tre. Mi si avvicina, mi prende la mano e vuole giocare con me. Amen!

lunedì 10 settembre 2012

Sono una psicologa-psicoterapeuta...e no, non leggo nel pensiero

La mamma di A non ha seguito le orme di famiglia, non è arredatrice, non è architetto, non è una venditrice. A ciascuno i suoi talenti. Lasciamo allo zio Ma, che ha un gusto innato per le cose belle, i colori, le luci, le forme, i dettagli e l'insieme, la missione di creare case accoglienti e uniche . Lo zio Ma riconosce le cose belle anche nei mercatini più nascosti, le sa valorizzare, mettere insieme senza seguire le mode del momento.  La mamma di A ha scelto un'altra strada bella, affascinante talvolta impervia. Spesso vista con pregiudizi e luoghi comuni. La mamma di A è una psicologa che poi si è anche specializzata in psicoterapia.

Questo non vuol dire che:
- sappia leggere nel pensiero
- sappia già  tutto di una persona solamente perchè si è presentata e le abbia stretto la mano
- passi costantemente la sua vita a studiare il comportamento di chiunque le passi davanti
- stia sempre bene, sia sempre in forma, allegra, felice, equilibrata
- abbia un'opinione intelligente su qualsiasi argomento. Solitamente la frase comincia così "tu che sei psicologa, cosa pensi di...."
- non possa avere problemi personali, relazionali, esistenziali come tutto il resto della popolazione mondiale
- sia sempre, sempre, sempre  disponibile
- sia sempre buona
- abbia più di altri le risposte giuste
- lavori con i matti, abbia doti di veggente e quindi bisogna temerla un po'
- abbia studiato qualcosa che più o meno sanno tutti perchè siamo tutti un po' psicologi cosa ti sei laureata a fare


 Questo invece significa che:
- ha studiato per cinque anni alla facoltà di psicologia di Padova
- ha approfondito argomenti quali lo sviluppo della personalità, dell'intelligenza, della memoria, della vita emozionale, relazionale; ha conosciuto l'anatomia e la fisiologia del sistema nervoso umano. Ha studiato i fondamenti della comunicazione umana, dello sviluppo del linguaggio. Come si formano le opinioni e gli atteggiamenti, i meccanismi persuasivi, i comportamenti nel piccolo gruppo, nel grande gruppo...
- psicologia non equivale a malattia mentale ma studio della psiche, che deriva dal greco e significa soffio, anima.
- ha fatto un tirocinio post- lauream  per far diventare le conoscenze teoriche delle competenze
- ha sostenuto un esame di stato e si è iscritta all'ordine degli psicologi della sua regione
- ha scelto di approfondire le tematiche della relazione di aiuto e si è specializzata in quattro anni in psicoterapia di gruppo, ritenendo il gruppo un luogo privilegiato non solo per la cura ma soprattutto per il sostegno, la promozione del benessere, dello sviluppo sociale e personale.
- lavora con le persone, non necessariamente malate, che hanno difficoltà relazionali, esistenziali, di comunicazione. Con chi? Con se stesse, con i genitori, sul lavoro, in famiglia, con i figli, con il partner...
- non da' consigli, figuriamoci, lo scopo è aiutare ciascuno a diventare protagonista della propria vita, se uno segue i consigli come può vivere in prima persona? E poi chi è lei per dare consigli?
- ascolta, questo si, in modo empatico, cercando di mettersi nei panni di chi le sta parlando, guardando il mondo con i suoi occhi.
- offre uno spazio fisico, relazionale, emotivo, cognitivo profondo nel quale guardarsi, scoprirsi e magari reinventarsi più vicini al proprio vero sè. Ma sa anche che questo può far paura...
- sa che neppure Gesù poteva far star meglio qualcuno se questo qualcuno non lo voleva veramente e non era disposto a mettersi in gioco. Quando disse al paralitico "Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina"... Il paralitico poteva anche starsene lì, scegliere di non alzarsi . Gesù ha solo parlato,
l'azione è nata dal paralitico che ,affidandosi, ha scelto di cambiare vita.
- ama il suo lavoro perchè è ricchezza continua, scoperta continua
- si confronta anche con la sofferenza che spesso si è rivelata una buona annunciatrice di
cambiamenti, non sempre facili, ma belli e vitali


Quindi se la incontrate state sereni, non vi sta facendo i raggi x. Soprattutto se è  in compagnia del piccolo A, se la sta godendo a fare la mamma.

giovedì 6 settembre 2012

Messaggi dal paradiso

Su un ripiano della libreria c' è una fotografia. È  sdraiata, da tanto tempo, la cornice si è rotta e la fotografia è li che aspetta di riavere un posto per sé. Il piccolo A in punta di piedi allunga le manine e la prende. Come farà a sapere che è li? Lui non può vederla, è ancora piccolino.
" A lo sai chi è questo signore?"
" Nonno"
La mamma di A è sorpresa...non pensava se lo ricordasse.
Poi il piccolo A osserva il ritratto del nonno, e gli dà un bacio.
Poi guarda la mamma con aria dolce. Avvicina la fotografia alla guancia e gli fa le coccole, dondolando sulle gambe.
Sorride alla mamma che continua a guardarlo con stupore.
Il paradiso non è tanto lontano se il piccolo A conosce il nonno A. Chissá quando si sono incontrati. Che emozione vedere che l'amore non muore.
Grazie nonno A, proteggi il tuo nipotino da lassù...

martedì 4 settembre 2012

Se la vita non vale un paio di scarpe nuove

La mamma di A oggi è amareggiata, arrabbiata e incredula.
Arrabbiata con i ragazzi, maschi, di vent'anni che fanno sesso senza precauzioni e poi non si prendono le loro responsabilità. Fanno i loro comodi e poi non si sentono pronti. Scappano, si nascondono dietro scuse economiche. La verità è che sono solo dei codardi. Senza coraggio, senza buon senso, senza visione a lungo termine. E' arrabbiata perchè impongono la loro scelta di non vita alla loro ragazza, incuranti della ferita profonda, eterna che le stanno infliggendo. Danno l'aut-aut. Codardi. Egoisti. L'importante è poter continuare a fare la vita di prima, prima dell'incidente, risparmiando per potersi comprare le scarpe firmate. Perchè queste si sono cose a cui non si può rinunciare.
Amareggiata per le ragazze che non si prendono cura di sè che si lasciano usare, che non si proteggono, che non si amano e elemosinano affetto. Confondono l'amore con l'attrazione. Amareggiata perchè poi sono lasciate sole, ricattate, spinte in una sola direzione che non vorrebbero prendere.
La mamma di A è incredula se un medico dà per scontato che a vent'anni una ragazza voglia abortire.
La mamma di A è nauseata dai bravi signori che vanno in chiesa ma che poi suggeriscono  l'aborto come scelta più matura...matura!
La mamma di A non può credere che un bambino verrà sacrificato in nome di un futuro migliore..migliore?
La mamma di A è non può credere che un figlio venga ritenuto interscambiabile con quello che forse un giorno prenderà il suo posto.
La mamma di A non può credere che qualcuna possa paragonare un aborto spontaneo a un aborto volontario dicendo "tranquilla", poi dimenticherai.
La mamma di A non può credere che in soli dieci minuti di anestesia totale una nuova vita venga gettata via.
Ma c' è qualche altra specie sulla faccia della terra che debba temere per la propria vita a causa dei genitori? C' è qualche altro essere vivente che sacrifica i suoi cuccioli per "vivere meglio"?
La mamma di A questa sera guardava il piccolo A giocare con la palla. E le si stringeva il cuore al pensiero di quanti bambini non potranno mai....

Sommersa dalle cose

La famiglia del piccolo A da pochi giorni si è riappropriata della sua casa dopo tre mesi di assenza. Le emozioni sono mischiate tra il desiderio di riprendersi i propri spazi e la fatica di sistemare, pulire, riordinare, lavare....mettiamoci il piccolo A che saltella tra l' incredulo e il divertito in una casa che forse non ricordava di avere e dove tutto gli sembra nuovo, mettiamoci un bel pannolino pieno di...che non si capisce se è l'emozione del ritorno o qualche virus in agguato, mettiamoci che devo riprendere un po' la mano su tutto...ma la mamma di A si sente già sommersa dalle cose. Cose, cose, cose! Ma quante cose ci sono in questa casa? Le cose del piccolo A riempieno il salotto di casa, che era nato come stanza minimal appositamente bianca, aperta e luminosa. Eppure, il piccolo A, pur avendo festeggiato solamente un compleanno e una sola Santa Lucia ( che qui da noi è Babbo Natale) è giá sommerso di giocattoli che catturano la sua attenzione per pochi minuti. Nota numero uno tra le cose da fare: tenere l'essenziale, riscoprire i giochi fai da te. L' armadio della mamma di A è pieno di cose, vestiti accumulati che a ogni cambio stagione dici, la tengo non si sa mai. Nota numero due: fare spazio, spazio. La cucina: l'affettatrice la mamma  di A proprio non la voleva, nemmeno la macchina che fa cioccolata e cappuccino e stop,  neppure il gratta formaggio elettrico, neppure la brocca che filtra l'acqua eppure sono tutti lì a guardarla, inutili elettrodomestici. A parte l'affettatrice, che in effetti a casa di A è inutile, però è proprio un bell'oggetto da guardare, e poi non si sa mai che la famiglia si allarghi e che affettare diventi necessario, sparirà tutto tra breve. E poi c'è il contenitore porta chiavi all'ingresso, in un ripiano della libreria. Se contenesse solo le chiavi sarebbe utile ma ormai trabocca di chincaglierie. Ma come fanno le cose a infilarsi dentro una casa? Chi le ha portate? Nota numero tre: voglio l'essenziale. Quella sottile resistenza che impedisce di staccarsi dalle cose e fa si che siano le cose che abbiano te e non il contrario. Quella  pensiero banale giornaliero che al supermercato ti fa mettere nel carrello qualcosa che a casa giá non ti interessa più. La paura di alleggerirsi dai sentimenti vecchi, dalle emozioni che non hanno più motivo di abitare in noi, dalle abitudini che non ci fanno neanche più bene ma sono così note e rassicuranti e non pretendono energie nuove. La paura della paura che genera ansia che ci immobilizza davanti ai sentieri nuovi anche se attraenti. E questa crisi economica che va a passeggio con i nostri mostri interiori e concretizza le nostre insicurezze, fragilità, angosce. Piccolo A con  lo zaino più leggero si cammina meglio, con uno zaino vuoto si cammina da incoscienti...scegli bene ciò che è importante e cosa no, ciò che è indispensabile e ciò che non lo è,  ciò che ti fa bene e ciò che ti fa male, ciò che ti arricchisce ciò che ti svuota, quello che ti dà energia e quello che te la esaurisce...con  un buono zaino sulle spalle si può fare molta strada anche se intorno sembra stia attivando burrasca. Partiamo, più leggeri e con la voglia di avventura nel cuore.